15 luglio 2003

fino al 30.IX.2003 Stanislaw Dròzdz Roma, Istituto Polacco

 
Rigorosa, minimale. Ma affascina. In modo sottile ed inaspettato. Numeri, lettere, simboli matematici, per l’installazione di Drodzd a Roma. Si ripetono in serie omogenee, scandiscono intere pareti bianche. Ma non provate a cercare una logica...

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Il bianco è di scena all’Istituto Polacco di Roma. Questa volta, nelle tele quadrate –appena aggettanti dal chiarore della parete- di Stanislaw Dròzdz (Slawkow, Polonia, 1939; vive in Polonia), il candore diventa protagonista assoluto, insieme al nero dei segni riprodotti. A ben guardarli sono (s)oggetti piuttosto familiari: lettere, numeri, simboli matematici che costruiscono misteriose catene il cui senso logico sfugge.
L’artista si serve di questi elementi, in genere usati come simboli di un qualche valore, per delineare insolite trame grafiche che tendono a sconfinare e a superare i limiti di ciascuna tela: prevale una visione d’insieme, laddove i sstanislaw drozdz, Kostki 2 (Dadi), foto di M. Zadrozna egni posti vicino al bordo hanno una forma incompleta che continua nel quadro adiacente. Un effetto di movimento è dato dalle piccole variazioni create nelle catene omogenee e seriali: spesso la sequenza ordinata è perturbata da elementi diversi, estranei, in un effetto ottico che sfida le due dimensioni del quadro e che acquista un senso sempre e soltanto in una visione d’insieme. Si genera un’idea di illimitato, di superamento dei confini.
Nella seconda sala i segni appaiono combinati coi numeri secondo espressioni matematiche. Ci si illude per un attimo di carpire il senso, ma i segni sono ostili perché rifiutano un codice di dialogo. Il loro oltrepassare la tela è inquietante perché fa vacillare ogni certezza di un sistema logico – matematico.
Si fa strada una dimensione poetica e ludica, non solo nel momento in cui l’artista inserisce in questi misteriosi codici la sua data di nascita, ma anche considerando più instanislaw drozdz, senza titolo, 1971-1972 generale la sperimentazione che Dròzdz compie con questi segni. Nelle sue mani essi diventano presenze concrete, un materiale che egli collauda. Con esiti disparati. La sua poesia non vuole essere letta con la ragione, ma coi sensi, in particolare proprio con la vista. Quando dunque cerchiamo di tradurla, di interpretarla secondo il nostro codice essa si chiude. Solo esperendola a livello visivo –come d’altronde avverte il titolo della mostra- potremo cogliere il piacere estetico che racchiude.
Come Suprematismo ed Astrattismo avevano smesso di considerare forme e colori come mezzi per rappresentare la realtà, così per Dròzdz numeri e segni non portano più a risultati aritmetici, ma servono per tessere trame nuove, accattivanti ed inquietanti. In fondo, il formato quadrato delle tele bianche sulle pareti dello stesso colore non potrebbero che essere forse un implicito omaggio al Quadrato bianco su fondo bianco di Kasmir Malevic?

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marina valentini
mostra visitata il 6 giugno 2003


Stanislaw Dròzdz. Concetto-Forme. Poesia Concreta
Galleria Istituto Polacco, Palazzo Blumensthil, Via Vittoria Colonna 1 (Lungotevere Prati), 0636000723, www.istitutopolacco.it, istituto.polacco@flashnet.it ,
lun_ven 10-17


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