29 novembre 2007

fino al 30.XI.2007 Anton Roca Roma, MLAC

 
Inserire dettagli nello spazio fino a dilatarlo. Attraverso azioni, spostamenti, molteplicità linguistiche. Per giungere a connessioni forti tra l’adesso e il primigenio. Tra poesia e filosofia, nelle sale del Mlac...

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Il lavoro di Anton Roca (Reus, 1960), apparentemente complicato per la quantità di elementi che esso coinvolge, si risolve in una profonda suggestione poetica, una specie di emanazione tagliente che lavora nel pensiero, coinvolgendo fisicamente lo spettatore. Che si ritroverà, senza saperlo, a essere interprete di azioni significative. L’evento curato da Simonetta Lux e Domenico Scudero è basato su un insieme disseminato di spunti da cui nasce una situazione espansa, tutta giocata tra performance e installazione.
Nella prima sala ci accoglie la scultura di un uomo metallico (Ser, 2005,) vestito del suo anonimato, capace di riflettere un po’ di noi, che lo osserviamo tenuti a distanza da una breve distesa di sale, forse più intenti a scorgere la sua alterità che ad accorgerci di come l’altro siamo noi (in lui). Di fronte si svolge un’elegante performance con un Anton Roca che si denuda e si ricopre di fango, facendo slittare la sua identità, la sua fisionomia e il suo corpo verso un’essenza primigenia, plasmabile e atta ad accogliere l’intervento dell’altro, lo spettatore che agisce appunto, sollecitato a cospargere di segni il corpo dell’artista, rivestendolo di tracce simili a mappature di reazioni spontanee.
Un momento della performance di Anton Roca al Mlac, Roma, 2007
Spicca l’uso intenso che si fa degli sguardi, la loro manipolazione concettuale, che a un certo punto della performance vengono moltiplicati avviando con la mano una webcam. Diventano così sguardi circolari che estendono la presenza del soggetto, provocando spostamenti nel tempo. Interessanti anche le presenze oggettuali coinvolte nell’azione: le lavagnette, le scritte, il pesce ricoperto di fango, oggetti d’uso comune chiamati ad assurgere funzioni simboliche, costruendo così un fitto racconto fatto di presenze evocative. A esse si somma la presenza di proiezioni video, tra cui Della migrazione dell’identità (2005), parte dell’installazione che comprende Ser.
Sul secondo livello, Catania, solo andata. Altro progetto teso fra installazione e performance che vede la luce nel 2001. Le fotografie di Catania sono accostate alle poesie di Antonio Arévalo, che “illustrano” le immagini e con esse, successivamente, diventano cartoline. Le immagini numerate attraverso il metodo della “successione di Fibonacci” vengono poi spedite tramite internet. A completare l’opera, l’intervento del musicista Francesco Michi che ha composto le musiche a partire dalle immagini. Per la presentazione al Mlac, Manuela Tassani (voce) e Luca Miti (pianoforte) eseguono i brani sonori.
Un momento della performance di Anton Roca al Mlac, Roma, 2007
Anton Roca è un artista intelligente e suggestivo, tanto più perché consapevole delle connessioni possibili tra la sua opera e la storia dell’uomo, capace di combinare complessità e immediatezza con singolare personalità. La sua opera pone al centro della sperimentazione il corpo inteso come totalità dimensionale che, attraverso la pratica del nomadismo (dove mentale e fisico non implicano una contrapposizione), estende la sua identità. Così facendo, l’identità non racchiude più l’individuale ma lo smembra, per farne un’identità corale, dove il sé e l’altro da sé si equivalgono.

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dall’8 al 30 novembre 2007
Anton Roca – Progetto ZerØ
a cura di Simonetta Lux e Domenico Scudero
MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea
Piazzale Aldo Moro, 5 (Università La Sapienza) – 00185 Roma
Orario: da lunedì a venerdì ore 10-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0649910365; muslab@uniroma1.it; www.luxflux.org

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