05 marzo 2013

Fino al 6.IV.2013 Flavio Favelli, Hotel San Giorgio Roma, Galleria S.A.L.E.S.

 
Collisioni tra oggetti, immagini e parole ricompongono il cosmo preadolescenziale di Favelli. Seguendo una mitologia individuale che finisce per risvegliare la memoria universale -

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Prossimo a partecipare alla 55ª Biennale di Venezia, Flavio Favelli (Firenze, 1967) si è concesso un nuovo passaggio in quella Roma incrociata per la prima volta nel ’75 e oggi divenuta un punto fondamentale della sua ricerca artistica. Attivatore di memorie d’antan e intimista nel profondo, Favelli gestisce gli spazi della Sales con particolare attenzione al valore narrativo di ogni singola opera, offrendo così lo sviluppo di una narrazione unitaria, barcamenata sul crinale tra ricordo e manipolazione del ricordo; spesso imperfetta nelle forme perché realmente autentica nella sua sostanza. 

In tre differenti tranche l’artista sviluppa ambientazioni fatte di oggetti, immagini e decorazioni dalle fogge ineluttabilmente démodè, frammenti di un linguaggio significativo e di un tempo che ha lasciato in lui la consapevolezza autentica tanto degli eventi, quanto degli oggetti ad essi legati. E in questi spazi Favelli rivendica la proprietà dei “suoi” anni Settanta, decennio che diviene un prodotto altamente rieditabile attraverso pastelli su cartoncini neri citanti – senza distinzioni – marchi famosi dell’epoca, la prima pagina di un quotidiano che annuncia il rapimento di Aldo Moro o il mito televisivo di Sandokan.

Non vanno in nessun modo sottovalutate le sottili cornici nero e oro che delimitano questi piccoli pastelli, perfetto preludio concettuale per la pseudo-wunderkammer messa in opera al di là della libreria/divisorio site specific. Una parete di legno oltre la quale ricorre il gusto per l’assemblaggio ridondante quanto assurdo, tripudio ornamentale che celebra tempo storico e percorso personale dall’artista: tavolini montati in un’unica soluzione divengono altare per una lattina di birra, il tappeto duplica la propria funzione di complemento d’arredo, un manifesto della Democrazia Cristiana è prima neutralizzato dal collage, poi “borghesizzato” dalla spessa e bella cornice nera che lo contiene. La certezza – piuttosto ferrea per Favelli – di un imponente apparato decorativo crolla di fronte alla spersonalizzazione di lattine disposte precisamente su ripiani rivestiti in radica, e ancor più evidentemente nei piatti forati al centro per essere privati del proprio clou estetizzante, sui quali peraltro si rende pateticamente eloquente la presenza della patinatura di sporco. 
Non esiste margine di casualità per nessuno degli elementi presenti: gli oggetti possiedono un valore essenziale, ma non meno parole quali “sensation” e “supervietato”, le sole due leggibili su di un cartellone che idealmente conduce verso una sorta di dark room allestita a parte. 
Chiusa nei drappi nero/porpora, l’allusione (verbalmente) sessuale si materializza tramite l’ostensione di una piccola immagine hard; ai suoi piedi la decorazione ottenuta in negativo sul pavimento riporta con sapida naturalezza un intreccio tra popolare (tendenzialmente libertino) e borghese (tendenzialmente bacchettone) tutt’ora vivo e vegeto.

Andrea Rossetti
Mostra visitata il 26 febbraio 2013
dal 23 febbraio al 6 aprile 2013
Flavio Favelli – Hotel San Giorgio
Galleria S.A.L.E.S.
Via dei Querceti 4 – (00184) Roma
Orari: da martedì a venerdì 11.30-19.30; sabato 15.30-19.30

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