12 dicembre 2002

fino al 7.I.2003 Something Else – Graham Gussin Roma, Primo Piano

 
Quasi invisibile, a volte ben mimetizzata con l’ambiente, ma ricca di rimandi sottili. L’arte di Graham Gussin non reclama per sé particolari attenzioni. Bisogna saperla “vedere”. Indefinito e assenza sono per lui materia fertile...

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Laddove tutti vogliono esibire qualcosa, l’artista inglese Graham Gussin – in mostra per la seconda volta presso la galleria Primo Piano – ostenta in una foto i palmi delle mani vuoti: un manifesto eloquente della sua attività artistica. La sua analisi, che si avvale di diversi media, ha infatti come oggetto il tema del vuoto, dell’assenza, a cui si accompagna la volontà costante di indicare la posizione in cui si è svolto l’evento da lui voluto. Gussin nega la propria presenza e quella del fruitore nell’istante stesso in cui si svolgegraham gussin l’opera, segnalando sulla piantina di un cinema i posti relativi ai biglietti da lui acquistati ma non utilizzati. In questo caso, per la natura stessa dell’evento, nessuno o quasi sarà in grado di esservi: l’astrattezza dell’avvenimento si concretizza dunque esclusivamente nella lista dei biglietti non adoperati e nella visualizzazione dei posti sulla pianta. La stessa ossessione di designazione topografica è presente anche nell’atto in cui l’artista dissemina dimenticandoli dei libri di Poe, seguendo un percorso circolare compiuto a Roma e visualizzato su una cartina accanto alle foto dei libri abbandonati. La fotografia in tal caso recupera la sua valenza documentaria per testimoniare e valorizzare qualcosa che è già stato e che poteva non essere notato.
A questa maniacale esigenza di definizione fanno eco per contrasto altri lavori che presuppongono invece il concetto di un luogo e di un tempo indefinito, come se fosse irrilevante conoscerne i dettagli. All’improvviso lo spettatore viene coinvolto da un suono greve che rimbomba e penetra a fondo nel suograham gussin corpo: si tratta di un feed back realizzato in studio e poi riprodotto altrove in un momento non meglio precisato. Inoltre, l’idea di suono è visualizzata in un murale che mostra il grafico delle onde sonore di parole ormai dimenticate: è un codice destinato a rimanere indecifrato, una pura traccia ottica di una sensazione auditiva che si perde nel fondo azzurro fuso con la parete. Anche il Dark corner è un lavoro site specific ma appena percettibile: un angolo della sala è sottilmente verniciato di nero, contrapponendosi al bianco dei muri; un’operazione tautologica rispetto al titolo, talmente elementare da poter essere ignorata, che non chiede di essere necessariamente vista. Così avviene anche nello spigolo adiacente: Gussin annulla questa parte della sala ostruendola con una disadorna ma imponente tavola di legno. Questi due ultimi interventi sono talmente ben allestiti nello spazio che li accoglie da passare quasi inosservati e sembrare parte integrante della struttura ospite, tant’è che uno di essi si intitola proprio Work not to be aknowledged. La sua presenza copre e nasconde ciò che c’è dietro, crea appunto una condizione di mancanza che può sorprendere chi guarda.

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marina valentini
mostra vista il 6.XII.2002


Graham Gussin, Something Else
Associazione culturale Primo Piano, via Panisperna 203, (via nazionale, via cavour) 06.4880309, lun_sab 11-13/17-20


[exibart]

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