13 settembre 2013

Ritratto del curatore da giovane

 
Questa volta Manuela Valentini incontra Laura Barreca, palermitana e giramondo

di

Laura, di dove sei e quanti anni hai?
«Sono nata a Palermo 37 anni fa, e ci sono tornata a vivere dopo circa vent’anni trascorsi tra Roma e molti periodi di studio in Italia e negli Stati Uniti». 
Francesco Simeti, Whole Wheat, 2010, Fondazione Pastificio Cerere
Qual è la tua formazione?
«Nel 2001 mi sono laureata alla Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università della Tuscia, dove poi ho conseguito un Dottorato di Ricerca in Conservazione e documentazione della New Media Art, un tema che in Italia ha sempre avuto poca diffusione, ma che mi ha dato modo di frequentare la comunità scientifica internazionale che in Paesi come Canada, Stati Uniti, Germania e Olanda viene affrontato con maggiore consistenza che in Italia. Ho avuto poi una borsa di studio post-doc all’Italian Academy for Advanced Studies alla Columbia University e in questo ultimo anno ho ricevuto un Assegno di Ricerca all’Università di Palermo, che mi ha permesso di approfondire il rapporto tra New Media Art e un approccio semiotico. Quasi contemporaneamente è stata determinante l’esperienza come Curatore Junior al PAN di Napoli, a fianco di Julia Draganovic e poi altre collaborazioni con la Fondazione Ariane de Rothschild, col MAXXI, con la Fondazione Pastificio Cerere. In generale ho sempre cercato di mantenere un equilibrio tra attività curatoriale e accademica, convinta che sia indispensabile – oltre ad un profondo amore e comprensione per l’arte – lo studio e l’aggiornamento che permette di entrare in relazione con contesti più ampi e non sempre necessariamente legati all’arte contemporanea. A Palermo, insieme a Francesco Pantaleone dal 2007 portiamo avanti il progetto di residenze Domani, a Palermo, di cui recentemente abbiamo inaugurato la mostra Where there’s smoke di Julieta Aranda».
Ludovica Carbotta e la giuria del Premio Rothschild 2011, Palazzo Reale di Milano, foto di Filippo Podesta
Nell’ottobre 2012 sei stata incaricata di curare il Padiglione dedicato alla città di Palermo in occasione della 9. Biennale di Shanghai. Puoi parlarci di questa tua esperienza?
«La 9. Biennale di Shanghai – curata da Qiu Zhijie, e dai co-curatori Boris Groys, Jens Hoffmann e Johnson Chang – si è chiusa lo scorso 31 marzo 2013. Oltre alla mostra principale sono state coinvolte circa 30 città nel mondo, con il progetto dei City Pavilion, con lo scopo di tracciare le dinamiche geopolitiche e i cambiamenti globali. Per l’Italia è stata scelta Palermo, e credo che nell’economia di una visione globale questa scelta non debba sorprendere. La mostra collettiva Palermo felicissima è stata ospitata al Power Station of Art, il nuovo, gigantesco Museo d’Arte Contemporanea di Shanghai. Undici ritratti e interpretazioni della città, tra gli altri rappresentati dalle installazioni di Manfredi Beninati, Massimo Bartolini, dal video VB63 che Vanessa Beecroft ha realizzato nella Chiesa di Santa Maria dello Spasimo di Palermo, Francesco Simeti, ma anche dal design di Formafantasma e dal teatro e dalla danza di Emma Dante e Pina Bausch. Oltre all’indubbia mole di lavoro, questa mostra è stata un banco di prova di management, poiché per la sua realizzazione mi sono anche occupata del fundraising coinvolgendo sponsor privati e pubblici: Elenka e la Regione Sicilia in Italia, e il marchio di abbigliamento cinese Raidy Boer. In particolare, l’accordo con l’imprenditore cinese sottoscritto lo scorso anno è stata l’inizio di una collaborazione futura. Elenka si è riconfermato anche questo anno sponsor dell’ultimo progetto dei City Centre ospitato alla Fondazione Gervasuti  in occasione della 55. Biennale di Venezia. A dimostrazione che in un’ottica di scambio e partecipazione è possibile coinvolgere attivamente i privati nella promozione dell’arte contemporanea in contesti sia nazionali che internazionali. Ciò che manca in Italia è la consapevolezza che l’intervento dei privati è oggi non solo necessario a tutelare i beni culturali, ma indispensabile a promuovere l’arte contemporanea».
Riccardo Previdi, Black Hole Sun, 2010, Fondazione Pastificio Cerere
Lavorando con i vari artisti con cui hai a che fare, cosa pretendi e cosa dai?
«Quando lavoro con un artista, oltre che il contatto professionale, cerco di praticare amicizia, stima e rispetto umano. Se manca questa combinazione difficilmente mi “affeziono” artisticamente. Ci sono stati però alcuni casi, come con Nedko Solakov nel 2009, dove anche il carattere più burbero e la ritrosia di un artista possono al contrario dimostrarsi più stimolanti e coinvolgenti».
A quali progetti stai lavorando?
«Sto concludendo una collaborazione per il volume sull’Arte Italiana degli anni 2000, commissionato dalla Fondazione Quadriennale di Roma, insieme ad Andrea Lissoni, Luca Lo Pinto e Costanza Paissan. Come membro del comitato curatoriale del Museo Riso di Palermo, sto portando avanti diverse attività dedicate ad implementare l’Archivio degli artisti siciliani di SACS. Contemporaneamente ho in cantiere alcuni progetti per un ciclo di conferenze internazionali sulla conservazione della New Meida Art in programma per il prossimo anno, oltre che dedicarmi ad alcuni progetti curatoriali in Italia». 

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