15 aprile 2003

fino al 4.V.2003 Salvatore Ligios Sassari, Museo Arte Contemporanea Masedu

 
I guerrieri contemporanei di Ligios si raccontano in quaranta fotografie. Misogino campionario, figlio del mito sardo Amsicora: consapevolezza d’identità ed eroica conquista d’indipendenza. Attraverso la fotografia in bianco e nero…

di

Grandi spazi per Ligios, quelli alti dell’ex saponificio, la cui nuova destinazione non ha voluto rinunciare ai vecchi macchinari, a quei relitti ferrigni da archeologia industriale. Di questo sembra tenere conto l’allestimento, nudo e “maschio” in tubi di ferro, quelli per intenderci, da cantiere in costruzione o restauro. Strutture componibili vuote, che concedono mille prospettive e ospitano, su tavole di legno colorato in giallo [unico vezzo], le fotografie di grandi dimensioni di Salvatore Ligios. D’altronde, in legno e cemento era l’allestimento di Antonello Cuccu per Facce di Sardi del ’99 all’Exmà di Cagliari, mostra generatrice e archetipo di quest’ultima. Una discendenza che per quest’ occasione si fa “virile”. Il titolo non concede dubbi.
Peppino, Abele, Pietro, piramide gerarchica di fierezza sarda. Salvatore, Giovanni, Sandro, fedeli al baffo, tanto severo lui, quanto rassicurante il timido sorriso dei suoiSalvatore Ligios - Padri e figli figli. Jacopo, Antonio e Angelo, formazione a tre del padre che diventa nonno. C’è poi chi condivide sangue e lavoro: Carlo è per Nicola padre e maestro di ceramica; Paolo, metro al collo e Francesco, macchina da cucire nella sartoria Modolo; Giovanni e Claudio, in posa sì ma alle prese con la testina di un cherubino nel laboratorio di restauro; Pietro e Mirko, sardi immigrati, ritratti nel ristorante di Berlino; e ancora, Salvatore & figli nell’officina australiana. Presentati – tutti – con generalità di circostanza, nome e paese d’appartenenza, i Padri e figli di Ligios, non si perdono nel racconto di somiglianze o discendenze da manuale lombrosiano, il fotografo va oltre. Individua identità, ripercorre conoscenze, mestieri, atteggiamenti, che si tramandano in una società matriarcale come quella sarda dove, come afferma Bachisio Bandinu «il padre trasmette lo spirito al figlio, il corpo è dono della madre […] per questo l’uomo è escluso dalla stanza del parto come da quella del cordoglio: non è capace di affrontare la nascita e la morte». Competenza del padre è quella del magister vitae, un dialogo che avviene sottovoce fatto d’ammirazione, sudditanza, ribellione; miscellanea di sentimenti, basata più su divergenze che convergenze, come gli sguardi dei protagonisti, come il Padre Padrone di Gavino Ledda: «roccia morale schierata per schiacciarmi».
Per strada, nell’uliveto, in casa, sul ciglio della porta, ritagliati sul nero di una “non location” o tra la legna come Gonario, mastruca e occhio ceruleo, che regge il piccolo Marco nascosto dalla maschera nera di legno e tradizione: curioso mamuthone con scoloriti “tatuaggi da patatine” sulle giovani braccia. Ironia del dettaglio che irrompe indiscreto anche nel ritratto dell’artista Aldo [Tilocca] e suo figlio ignudo portato sulle spalle, come agnello da sacrificio, iconografia del buon pastore stonata dal braccio ingessato del giovane Tancredi.

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Salvatore Ligios – Padri e figli
Il mito di Amsicora
Museo d’Arte Contemporanea Masedu
Sassari Via Pascoli n. 16
Orario 9.30 – 13.30 16.00 – 20.00
Lunedì chiuso
Telefono 079234466


[exibart]

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