23 marzo 2023

“Panic Rooms”: la visione contemporanea di Gialuca Capozzi

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Fino al 25 marzo
"Panic Rooms" di Gianluca Capozzi, a cura Adriana Rispoli e con la direzione artistica di Ernesto Esposito, inaugura la rassegna "Un anno di mostre al Museo Irpino"

Panic Rooms, Gianluca Capozzi. Ex carcere Borbonico, Avellino, 2023

Nel mese di marzo è iniziata la rassegna “Un anno di mostre al Museo Irpino”, il programma promosso dalla Provincia di Avellino con il Coordinamento Tecnico Scientifico del Museo Irpino e della Biblioteca S. e G. Capone, in collaborazione con artisti, associazioni e gallerie d’arte. 

La prima mostra, inaugurata il 4 marzo, è stata “Panic Rooms” di Gianluca Capozzi, personale di opere inedite curata da Adriana Rispoli con la direzione artistica di Ernesto Esposito, ed esposta nelle sale della struttura dell’ex Carcere Borbonico.

Panic Rooms, Gianluca Capozzi. Ex carcere Borbonico, Avellino, 2023

Percorrendo, difatti, il corridoio che attraversa le stanze d’isolamento buie e strette, si accede all’ala dove è ospitata la mostra dell’artista avellinese, allestita al secondo piano dell’imponente struttura ottocentesca. La serie di opere esposte fanno parte del percorso di ricerca sviluppato attraverso l’analisi degli ambienti interni domestici dei salotti borghesi. Questi delineati attraverso l’estetica degli anni ’70 e riferiti ad una società che si cela, e forse in quel periodo ciò si inizia a definire nettamente, dietro un apparente normalità che diventa sagoma esterna, artefatta e confortevole, di una vulnerabilità interna non solo psicologica, ma sociale e a volte morale. Lo spazio introspettivo di Capozzi si compone sulle tele in pittura con caratteri originali e del tutto personali, nonostante la continuità con la grande arte pittorica dell’età moderna più prossima. 

Un pittoricismo ispirato alla soggettività e controcorrente rispetto alle proposte artistiche contemporanee per certi versi modaiole o comunque ancorate su premesse estetiche propriamente codificate sulla grande arte del dopoguerra e quindi stagnanti e involutive. La proposta dell’artista irpino, invece, si struttura su di una visione soggettiva che trova nell’espressione quella ricerca «dell’idee di innovazione e rottura che servono da correlato rispetto ad una concezione dell’arte come spazio di cristallizzazione di una libertà umana piena e creativa», come ben definisce José Jimenez in Teoria dell’arte.

Panic Rooms, Gianluca Capozzi. Ex carcere Borbonico, Avellino, 2023

A ben vedere questo processo creativo, l’artista si inserisce in quel filone artistico promosso da giovani artisti italiani che da almeno dieci anni sta ridefinendo i canoni estetici dell’arte italiana e che attualmente ancora fatica ad affermarsi sostanzialmente per la sovrabbondanza di produzioni post-pop art e post-concettuali che sono egemoni tra le produzioni di massa e quelle aristocratico-borghesi che governano sia il mercato, sia la cultura sociale perché sono la veste intellettuale dell’ego dominante. In sostanza una visione artistica, per lo più pittorica e definita da me opposizione figurale simultanea, che sviluppa la sua esistenza in un’arte che si definisce nel presupposto di non ricercare un valore estetico lineare e prende corpo nell’inadeguatezza sociale, non un’illusione estetizzante ma una violenta appropriazione espressiva, che rispecchia il reale animo collettivo e trans-globale. 

“Panic Rooms”, in definitiva, è un’attenta analisi dello spazio sociale domestico che nasconde violenti e sommersi mostri nascosti, come riflette Adriana Rispoli, «dalle prigionie mentali e sociali dovute all’ipocrisia di contesti borghesi in cui lo scintillio di un arredamento à la page tenta di coprire le frustrazioni più intime ed inconfessabili».

Panic Rooms, Gianluca Capozzi. Ex carcere Borbonico, Avellino, 2023

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