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Ossian Ward nel suo libro del 2014 “Punti di vista. Come sperimentare l’arte contemporanea” diceva: “Pensa al tuo occhio della mente come una tela bianca, una pagina vuota o una galleria vuota[…]” sembra essere questo l’atteggiamento richiesto al pubblico per visitare la mostra “Infermieria” di Sislej Xhafa allo ZAC di Palermo. Sislej è uno dei primi artisti europei incarnazione del moto migratorio. Un’incarnazione che ha trasformato in un processo autoriflessivo che coinvolge, in un unico atto collettivo, mondo dell’arte e pubblico. Questo allestimento, curato da Paola Nicita, esibisce lo spazio vuoto dello Zac reso inaccessibile al pubblico. Pulito, il grande spazio espositivo palermitano, nella sua forma vacua, resta inaccessibile mentre il pubblico che subisce la visione sgomenta del nulla è invitato a visitare un altro spazio dei cantieri culturali della Zisa, l’infermeria. Per accedere gradatamente, singolarmente, nella piccola stanza una volta destinata alla cura, all’emergenza, al controllo sanitario il pubblico viene dotato di un libretto, un “libretto sanitario” dell’ Ente Sanitario di Previdenza per i Dipendenti Enti Diritto Pubblico, l’ E.N.P.D.E. P., sede di Palermo. Il libretto è in realtà il catalogo della mostra i cui testi sono tradotti in lingua siciliana e, quindi, pressoché incomprensibili a chi non pratica il dialetto. Questa dieta visiva fatta di un amor vacui raro in terra di Sicilia, non è una sadica vendetta nei confronti di un pubblico avido di immagini, questa vuota prospettiva dello Zac è immagine essa stessa nella sua inaccessibilità mentre l’infermeria è il luogo dell’esperienza del se, una sorta di foucoltiana tecnologia del sé, per cui l’arte servirebbe a faci riconoscere come casi, ossia come altro da noi, secondo una procedura di sdoppiamento.
Nel vuoto angusto dell’infermeria, una stanza illuminata, a mala pena dai buchi di una serranda abbassata, uno specchio sulla destra slittato e sghembo dalla sua posizione abituale, riflettendo la nostra immagine aiuta questa presa di distanza, di fatto necessaria a conquistare un’ autonomia soggettiva necessaria a farci ri – conoscere, ossia a farci conoscere di nuovo, uno specchio strumento di modifica e di sovvertimento delle nostre convinzioni. Il luogo della cura diventa, luogo della cura del sé, della correzione della convinzione che l’arte debba servire ad ottenere un accrescimento della potenza culturale. La mostra di Sislej Xhafa sembra invece portarci, secondo una logica di privazione, sul piano della riflessione per depauperamento visivo; sicché è il disagio della mancanza di cose da vedere a trasformarci in cosa vista. Questa cosa è una momentanea immersione nel reale, riattivato dall’insegna dell’infermeria dei cantieri culturali della Zisa, un reale che fa del piccolo libretto sanitario il catalogo della mostra di noi stessi. Un catalogo che si trasforma da strumento di sussidio che accompagna facilitando la comprensione a sbarramento repulsivo pronto a mettere tanto più in crisi la spiegazione, quanto più ci si infrange sull’oscurità del testo scritto. É catalogo però, al tempo stesso, pronto a diventare un viatico per sperimentare la sofferenza di uno spettatore chiamato a riposizionare verso il basso l’aspettativa sensazionale e a vivere la vulnerabilità di un ospite.
Marcello Carriero
mostra visitata il 17 marzo
Dal 17 marzo al 15 aprile 2017
Sislej Xhafa, Infermeria
ZAC Cantieri Culturali della Zisa
Via Paolo Gili, 4, Palermo
Orari: dal lunedì alla domenica dalle 18:00 alle 20:00
Info: +39918431605