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Finalmente, dopo quasi un decennio di duro lavoro, sono terminati i restauri della leggendaria tomba di Tutankhamon. In fondo, dieci anni sono ben poca cosa, rispetto ai 3mila già trascorsi, da quando il faraone fanciullo fu sepolto in pompa magna.
Dodicesimo re della XVIII dinastia, probabilmente figlio del precedente reggente Akhenaton, salì al trono tra i nove e i dieci anni, in un periodo piuttosto difficile per il Paese, anche a causa della sempre più accesa rivalità tra l’alta nobiltà e il clero. Il faraone morì a 15 o 16 anni e, a quanto è emerso dalle numerose analisi condotte sui suoi resti, non se la doveva passare poi così tanto bene. Aveva vistose malformazioni a entrambi i piedi ed era affetto da sindrome di Marfan, malattia che rendeva le sue ossa molto fragili, tanto che per camminare aveva bisogno di un bastone. Non che gli mancassero, ne aveva un set da 130, che stati tutti ritrovati nella tomba. E figuriamoci come dovevano stare gli schiavi che gliela costruirono.
Il 26 novembre del 1922, l’archeologo inglese Howard Carter e Lord Carnarvon si trovavano di fronte alla porta rimasta inviolata dal XIV secolo a.C. e ancora non sapevano nulla della maledizione di Tutankhamon, che fu montata ad arte, solo successivamente, dalla stampa che, a quell’epoca, era poco attenta alle fonti. Molto più reali degli anatemi dovevano apparire, invece, il sarcofago d’oro massiccio del peso di circa 110 chili e la maschera d’oro e lapislazzuli riproducente le sembianze del defunto.
Da allora, milioni di turisti hanno avuto modo di ammirare gli splendidi dipinti murali, il sarcofago esterno di quarzite e la mummia in persona, esposti in una custodia senza ossigeno nella camera funeraria. Ma questi visitatori contemporanei hanno portato con sé anche polvere, germi, umidità e anidride carbonica. A un certo punto, sui muri erano anche comparse delle macchie marroni, che avevano fatto preoccupare non poco i conservatori.
Nel 2009, con l’aiuto del potente Ministero delle Antichità egiziano, il GCI-Getty Conservation Institute riunì un team composto da ingegneri ambientali, architetti e designer, per migliorare l’infrastruttura della tomba, oltre che da un egittologo, per condurre ricerche di base, e da microbiologi, per studiare le fantomatiche macchie marroni, la cui origine microbiologica, dovuta alla presenza di troppe persone, è stata confermata.
Nonostante tutto ciò, la tomba è rimasta aperta anche durante i lavori. In effetti, deve essere impossibile tenere lontane da un’attrazione del genere le fameliche orde di turisti, che hanno anche potuto soddisfare le loro curiosità, parlando con i restauratori indaffarati e che avrebbero preferito la compagnia delle più silenziose mummie.
Tra le altre cose, il progetto ha previsto l’aggiunta di nuove barriere che limitano l’accesso dei visitatori alle aree più delicate, il miglioramento della segnaletica e dell’illuminazione, l’installazione di un sistema di ventilazione e filtrazione per ridurre il rischio di danni futuri. Grazie alla rimozione della polvere, inoltre, i dipinti murali hanno riacquistato tutto il loro antico splendore, quasi come doveva essere 3mila anni fa.
In attesa di un viaggetto nella Valle dei Re, godetevi questo video.