12 luglio 2020

Futuro Fantastico: parlano i Motus

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Una boccata d’aria in un momento dove ricominciare a immaginare è dovuto: parlano i Motus, Daniela Niccolò e Enrico Casagrande, quest'anno alla direzione di Santarcangelo Festival, sottotitolato "Futuro Fantastico"

Futuro Fantastico, Santarcangelo Festival 2020
Futuro Fantastico, Santarcangelo Festival 2020

“Le cose cambiano così velocemente che per noi è difficile star loro dietro, constatava recentemente Bruno Latour. Il filosofo faceva riferimento allo stato della conoscenza scientifica del problema, ma possiamo dire che ormai è il tempo stesso, in quanto dimensione in cui si manifesta il cambiamento (…), che sembra non solo subire un’accelerazione, ma cambiare qualitativamente “tutto il tempo”. Così scrivono Deborah Danowski e Eduardo Viveros de Castro in Esiste un mondo a venire? una frase che acquisisce un colore specifico se pensiamo ai recenti accadimenti che hanno investito il mondo negli ultimi mesi.
Quello di Viveros de Castro e Dawnoski è un testo di cui Daniela Nicolò mi parla molto in una chiacchierata con Enrico Casagrande – la compagnia Motus è quest’anno la direzione artistica di Santarcangelo Festival – a pochi giorni dall’uscita del programma del Festival che quest’anno festeggia il suo cinquantennale. Un’edizione che ha il sottotitolo di Futuro Fantastico, citazione di un racconto di Isaac Asimov che suona come una boccata d’aria in un momento dove ricominciare a immaginare è dovuto, “una spinta alla rifondazione di un futuro “altro” per tutta la catena di esistenze che compongono il pianeta”, scrivono Danowski e de Castro.
Performance, teatro, letteratura, cinema ma anche antropologia ed ecologia, l’intrecciare mondi e discipline è una cifra caratteristica di Motus che, come mi dice Daniela, hanno pensato un festival con la stessa modalità di costruzione di uno spettacolo.

Motus, Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande
Motus, Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande

Il racconto dei Motus

Un Festival che è stato riscritto a causa dell’emergenza sanitaria, come racconta Enrico: «Eravamo pronti per passare a una fase successiva dopo che la prima parte del lavoro era fatta, ma questo non è stato possibile. Ci siamo trovati a dover decidere se fare o meno il Festival, se trasformarlo in qualcosa di esclusivamente digitale o annullarlo e posticiparlo a momenti migliori. La nostra reazione immediata è stata quella di riconoscere un profondo desiderio di continuare; continuare a pensare l’evento dal vivo e rendere possibile l’incontro tra lo spettatore e l’artista sul campo, secondo modalità dettate dalle regole che stiamo seguendo. Siamo partiti anche dal fatto che una parte del Festival era stata già programmata all’aperto, nello spazio pubblico. Un’ulteriore area di riflessione politica su cos’è oggi la performance nello spazio pubblico, anche rispetto all’inizio, quando il Festival significava buskers e altre modalità di rappresentazione, oggi che tutto è cambiato ci sembrava interessante mettere a confronto questi due momenti, visto che stiamo, anche, celebrando un cinquantennale. Avevamo chiamato questa parte di programmazione Marea, da qui siamo partiti per riformulare il Festival iniziando da quei lavori che erano già adatti ad essere presentati all’esterno o che potevano essere rimodulati, abbiamo avuto un intenso dialogo con tutti gli artisti e con le istituzioni. Una parte del Festival rimarrà legata all’on line, ci tenevamo, infatti, a mantenere una presenza, almeno dialogica, con gli artisti che non riusciranno a essere presenti, ma che parteciperanno agli incontri che accompagneranno i cinque giorni del Festival. Un esperimento anche questo che permetterà l’interazione tra chi sarà sullo schermo e chi presente fisicamente.
Un’altra modalità di relazione scaturisce dal dialogo bellissimo che abbiamo con la compagnia spagnola El Conde de Torrefiel, che sono amici di vecchia data. Stavamo riflettendo insieme su cosa vuol dire essere registi in questo momento particolare e su come ci si può confrontare con la propria opera. Insieme abbiamo deciso che ci avrebbero inviato un concept, la descrizione di un loro lavoro, che si realizzerà qui senza la loro presenza. Siamo curiosi di come andrà a finire, è un esperimento che un po’ ricorda le pratiche di Fluxus degli anni Settanta basate sull’invio di lettere a un altro artista con delle indicazioni. Anche in questo caso ci interessa capire come nel 2020 questo tipo di pratica possa essere messa in gioco e cosa porterà al festival a livello di creazione senza avere l’artista presente».

Fraslab Mei 2017 - Cherish Menzo - fotografie Bas de Brouwer
Fraslab Mei 2017 – Cherish Menzo – fotografie Bas de Brouwer

Il programma

Dal 15 al 19 luglio ci aspettano giornate dense a Santarcangelo con progetti partecipativi come Family Affair di Zimmerfrei, Be water my friends di Mara Oscar Cassiani, oltre al già citato Se respira en el jardín como en un bosque di El Conde de Torrefiel, tra gli altri. Lavori che affrontano il tema dei razzismi, come, ad esempio, Black Dick di e con Alessandro Berti, che ripercorre la storia e l’uso strumentale del corpo degli afroamericani da parte della società bianca, dalle colonie ai trionfi nello sport, dallo schiavismo ai linciaggi, dalla musica alla pornografia; o il tema dell’identità e del genere affrontato da lavori come La Mappa del Cuore di Lea Melandri di Ateliersi, e Tiresias di Giorgina P. e il collettivo romano Bluemotion. Moltissimo spazio al cinema che entra in dialogo con il teatro nel progetto Transfert per kamera disegnato da Matteo Marelli e Luca Mosso di Filmmaker festival e ANUBI III di Zapruder, tra gli altri. E ancora lavori che esplorano la relazione tra performance e arti visive, come, Fake Uniforms di Sara Leghissa / Strasse, una conferenza pubblica temporanea in cui si esplorano alcune pratiche illegali che consentono di aggirare la legge senza trasgredirla, per agire nello spazio pubblico con forme di complicità e resistenza.

Un primo atto corposo a cui seguirà, in inverno, Winter is coming un focus dedicato a giovani coreografe emergenti della scena italiana e un terzo atto nell’estate 2021 dove, come racconta Daniela, si recupererà la componente internazionale alla luce della trasformazione dei progetti».

ControNatura, Foto di Giacomo Brini a Ferrara off, ottobre 2017
ControNatura, Foto di Giacomo Brini a Ferrara Off, ottobre 2017

«Partiamo dai grandi desideri per atterrare sul lastricato della piazza – una frase che accompagna il progetto Dream Suq lanciato su Facebook durante il periodo pandemico, un invito a immaginare un futuro (fantastico). Questa frase – racconta Daniela – è l’immagine esatta di questo percorso, partiamo sempre così anche quando cominciamo a immaginare i nostri progetti artistici. Poi, chiaramente, insieme alla spinta immaginativa e fantastica c’è il confronto con il reale, con le situazioni, con le regole, talvolta, con l’impossibilità. Partire da un punto di vista, se vogliamo anche utopico, permette di spingere molto di più sul lastricato della piazza. Siamo partiti da tantissimo materiale per poi fare un lavoro di messa in atto, il nostro sguardo si rapporta a quello di un’equipe di tecnici, amministratori che delimitano un campo d’azione e questo è il bordo su cui vogliamo continuare a ragionare, per fare della norma qualcosa di creativo. Gli artisti stanno dimostrando che c’è la possibilità di dialogare con la norma in forme interessanti, ospiteremo, infatti, alcuni progetti nati in tempo pandemico che si rapportano proprio con questo aspetto».

Immagini che hanno il sapore delle copertine dei romanzi Urania, con polipi e astronavi che popolano la piazza di Santarcangelo e robot che camminano in spiaggia, accompagnano un’edizione che in quanto a temi e modalità di fruizione sta nel presente, scegliendo di attraversarlo con sguardi interroganti e prefigurativi per andare verso un Futuro Fantastico.

Per il programma completo cliccate qui

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