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In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 13 al 19 novembre.
Teatro e danza
COME GLI UCCELLI DI WAJDI MOUAWAD
Una riflessione toccante e profonda sull’amore, l’incontro e l’identità, che ruota attorno alla storia d’amore tra Eitan, giovane di origine israeliana, e Wahida, ragazza di origine araba, in una realtà storica fatta di conflitti, dolore, odi, attentati. Un labirinto di storie, eredità dimenticate, lotte fratricide che dà vita a un’indagine emotiva sulla propria identità culturale e sulle proprie origini.
«La scelta di lavorare a Tous des oiseaux, risale a molto tempo fa per noi del Mulino di Amleto – spiega il regista Marco Lorenzi -. Da più di due anni abbiamo abbracciato un testo attraverso il quale Wajdi Mouawad ci sembra voglia ricordare che il Teatro può essere il luogo e l’occasione per creare spazi dove i “nemici” possano ancora dialogare e far sentire insieme una voce, anche se infinitamente piccola, che non è quella dell’odio. […] In questo senso il teatro può essere questo spazio».
Gli ultimi efferati accadimenti avvenuti in Israele e a Gaza, ci ricordano che tutto questo è vero, vivo e dolorosamente attuale. Ma noi insistiamo a credere che grazie a capolavori come quelli di Mouawad, il Teatro sia ancora l’unico luogo dove le assurdità della Storia possono essere rappresentate, per discuterle insieme, perché pensiamo – forse utopisticamente – che non si debbano più ripetere”.
“Come gli uccelli”, di Wajdi Mouawad, consulente storico Natalie Zemon Davis, traduzione di Monica Capuani, del testo originale Tous des oiseaux, adattamento di Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi, regia di Marco Lorenzi, con Federico Palumeri, Lucrezia Forni, Barbara Mazzi, Irene Ivaldi, Rebecca Rossetti, Aleksandar Cvjetković, Elio D’Alessandro, Said Esserairi, Raffaele Musella, scenografia e costumi Gregorio Zurla, disegno luci Umberto Camponeschi, disegno sonoro Massimiliano Bressan, vocal coach e composizioni originali Elio D’Alessandro. Un progetto de Il Mulino di Amleto, produzione A.M.A. Factory, TPE – Teatro Piemonte Europa, Elsinor Centro di Produzione Teatrale e Teatro Nazionale di Genova. A Torino, Teatro Astra, dal 17 al 23 novembre.
IL GRANDE INQUISITORE
Spettacolo tratto da I Fratelli Karamazov, adattato per la scena da Marinella Anaclerio (produzione Compagnia del Sole), dopo il debutto in forma completa al Mittelfest nel 2010, viene ora ripreso sviluppando solo una parte, la quale vede protagonisti due fratelli – gli attori Flavio Albanese e Tony Marzolla –, un aspirante scrittore ed un aspirante monaco, due posizioni opposte nel vivere la vita. Si confrontano, forse per la prima volta, in una trattoria. Vogliono “salvarsi “a vicenda…ciascuno vuol portare l’altro alla sua visione della vita. Chi vincerà? Il maggiore, Ivàn, ricorre ad un racconto che è una analisi lucida sul rapporto fra l’essere umano e il clero di tutte le religioni.
L’essere umano ha sempre avuto bisogno di un intermediario per relazionarsi al divino e su questo bisogno si fondano e si distruggono tutte le “Chiese”. L’apologo La leggenda del grande inquisitore, uno dei capitoli più famosi del grande romanzo di Fedor M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, è un racconto che Ivan Karamazov fa a suo fratello Alesa, alla vigilia dell’assassinio del padre e dell’esplosione della sua malattia mentale che lo porterà a vedere e dialogare con un originalissimo Diavolo. (A Roma, Teatro Tordinona, dal 18 al 23 novembre).
PRIMA E DOPO ČERNOBYL’
Lo spettacolo Černobyl’ diretto dal regista e attore Michele Sinisi e costruito a partire dal testo di Federico Bellini, si addentra in una delle tragedie più pesanti del XX secolo per offrire uno sguardo lucido sul presente e sulla nostra storia, una riflessione sulla vita prima e dopo Černobyl’.
Tutto inizia con un atomo di Uranio 235. L’atomo ha un nucleo che, se colpito con un neutrone, si spacca in più frammenti liberando energia. Il nucleo, spaccandosi, genera nuovi neutroni che a loro volta possono colpire il nucleo di un nuovo atomo, spaccarlo e così via all’infinito. Questa reazione a catena libera un’energia enorme, esplosiva. È così che funziona la fissione e così funzionava il reattore di Černobyl’ esploso nel 1986. Un accadimento che appartiene alla memoria di molti, di chi all’epoca era già nato e di chi questa storia se l’è sentita raccontare.
Černobyl racconta un incidente che ha cambiato per sempre le nostre vite, il nostro rapporto col tempo compresso in un istante infinito, centinaia di migliaia di anni schiacciati in quella fissione. Di lì a poco cadeva il muro di Berlino, i due schieramenti opposti nella guerra fredda si aprivano ad una nuova complessità di pensiero e politica. Forse proprio da quel 26 aprile dell’86 è iniziato il viaggio verso il terzo millennio e lo sguardo su ogni presente è cambiato più di quanto non si voglia ammettere. Lo spettacolo parte dall’incidente alla centrale per mettere in scena l’immaginario che quell’evento ha generato.
“Černobyl’”, di Federico Bellini, regia Michele Sinisi, con Stefano Braschi, Federica Fabiani, Giovanni Longhin, Donato Paternoster, Isabella Perego, Marco Ripoldi, Adele Tirante, scene Federico Biancalani, costumi Cloe Tommasin, disegno luci Luigi Biondi. Produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale. Spettacolo selezionato a NEXT Laboratorio delle Idee. A Milano, Teatro Fontana, fino al 26 novembre.
CHRISTOS PAPADOPOULOS A ROMAEUROPA
Minimaliste e rigorose, ipnotiche e sovversive, visionarie ma profondamente ancorate ai dettagli della natura e del reale: sono solo alcune possibili definizioni per le creazioni di Christos Papadopoulos. Con la nuova creazione, Mellowing (all’Auditorium Prco della Musica, il 14 e 15 novembre), il coreografo greco prosegue il suo percorso al Romaeuropa Festival – che lo ha visto partecipe sin dai suoi esordi – presentando la sua prima creazione per Dance On Ensemble, celebre formazione composta da danzatori professionisti over 40. Incorporando nella scrittura coreografica la loro conoscenza ed esperienza corporea, Papadopoulos torna a sfidare i limiti della nostra percezione e a trasformare il movimento corale in quello di un unico corpo esteriormente immobile e interiormente vibrante. Quali processi subisce l’energia prima di irrompere? E come cambia al mutare del corpo? I movimenti s’innestano nel tappeto sonoro di Coti K. mentre sul palco si alternano concentrazione e pienezza, tenerezza e potenza pulsante, velocità e quiete.
SERGIO BERNAL E RODÍN
Lo spettacolo Rodín, lo scultore delle emozioni è un omaggio del madrileno Sergio Bernal, e della sua Sergio Bernal Dance Company, allo scultore francese Auguste Rodin – musica dal vivo eseguita dall’Orquesta Cruz Diez – in cui si fondono diversi linguaggi della danza: quella spagnola, accompagnata dall’energia del flamenco, e anche quella del balletto classico. Spiega lo stesso Bernal: «Ogni dettaglio nelle opere di Rodín invita alla riflessione. Al di là della plasticità delle sue forme o dell’iperrealismo dei dettagli, Rodín condivide il suo mondo interiore. Riesce a raggiungere un’emozionalità universale che a sua volta diventa personale, a seconda di chi visiona l’opera. Raggiunge tutto questo rompendo la visione frontale e invitando lo spettatore di ogni scultura a circondarla e a godere dei dettagli che ogni prospettiva offre». Molti i riferimenti alla vita dell’artista parigino, in particolare alla sua passionale storia d’amore con Camille Claudel, scultrice anche lei, nonché sua modella e musa. Bernal ha scelto alcuni delle opere più universali di Rodin, coreografando lui stesso taluni dei brani, Il Pensatore, Torso d’uomo e Rodin e Camille (quest’ultimo con Ricardo Cue), mentre per il passo a due ispirato al celebre Bacio, la coreografia è dell’italiano Valentino Zucchetti, First Soloist al Royal Ballet di Londra. (Spettacolo in esclusiva per l’Italia da Daniele Cipriani Entertainment, il 18 novembre, al Teatro Comunale di Modena).
LA DANZA MACABRA DI JACOPO JENNA
Il nuovo lavoro del coreografo Jacopo Jenna, Danse Macabre! è un invito austero a danzare verso l’ignoto, legando e affermando relazioni con il mondo attuale, ricercando attraverso una commistione visionaria tra corpi danzanti, film, testi, musica elettronica e luce. La danza propria dei morti è una delle tematiche iconografiche più sviluppate nella storia dell’arte occidentale, fece emergere un pensiero più complesso sulla realtà, riflettendo anche sul concetto più generale che ogni movimento sopramondano e dell’aldilà sia danza: danzano le stelle, gli dei, gli spiriti, la natura. Attraverso l’inclusione di un film come terzo elemento della costruzione scenica, la performance ricerca un’esperienza di spostamento percettivo dello spettatore, sondando la materia oscura dell’immaginazione.
Parte dai materiali visivi sono stati pensati insieme all’artista Roberto Fassone, creando un’entità altra attraverso dei testi che riflettono insieme al pubblico sul concetto di aldilà. La danza si manifesta in forme mutevoli tentando di liberarsi dalla violenza della rappresentazione, oscillando tra poli differenti per accostamenti, rendendo visibile l’invisibile in una tensione ipercosciente fra la vita e la morte.
“Danse Macabre!”, ideazione, coreografia, regia Jacopo Jenna; danza e collaborazione Ramona Caia, Andrea Dionisi, Francesco Ferrari, Sara Sguotti; collaborazione artistica e testi Roberto Fassone; suono Alberto Ricca – Bienoise; luci e direzione tecnica Mattia Bagnoli; costumi Eva di Franco; shooting video Matteo Maffesanti. Produzione Klm – Kinkaleri; co-produzione Tanzhaus nrw Düsseldorf. A Firenze, Cango, per il festival Democrazia del corpo, il 18 e 19 novembre.
IL CANTO DI DUE CORPI
È affidata alla drammaturga, attrice e regista Rita Frongia, con uno doppio spettacolo che affianca due tra le sue produzioni più recenti, l’inaugurazione della stagione danza 2023/2024 al Teatro Cantiere Florida di Firenze, curata da compagnia Versiliadanza sotto la guida di Angela Torriani Evangelisti. Fino ad aprile otto i lavori in cartellone, oltre a un progetto speciale.
Si inizia il 18 novembre con Étoile – Star, dittico danzato che vedrà Rita Frongia, da anni legata in un percorso di collaborazione all’artista Claudio Morganti, dirigere due interpreti dalla lunga ed eclettica esperienza, cucendo sui loro corpi altrettanti atti unici: la statunitense Teri Weikel, coreografa, danzatrice e insegnante di Metodo Feldenkreis, e l’attore Stefano Vercelli, formato in seno all’Odin Teatret di Eugenio Barba. Entrambe le opere fanno dei corpi – quelli non più giovani di Weikel e Vercelli – il punto focale di un’affermazione politica. Dopo una lunga vita sulla scena, quando l’equilibrio del danzatore si fa precario e le ossa sporgono come rami in cerca di luce e non ci sono più virtù e giovinezza da esibire, si va all’osso appunto, si indaga il piccolo, il sottile, l’inenarrabile, si evocano i fantasmi di una vita e si desidera danzare come mai si sarebbe immaginato.
UN LUOGO DI FUGA
Vanishing Place è un luogo in cui il tempo, inteso nella sua evanescenza, si genera e si perde come le emozioni del presente e la memoria. Un paesaggio in movimento fatto di corpi, gesti e immagini dai contorni sfumati, inafferrabili e in cui ogni azione manifesta custodisce in sé il suo contrario, la sua stessa assenza. È uno spazio surreale in cui il tempo è sottratto a se stesso.
Praticando la condizione di nudità dal 2015, Luna Cenere ha sviluppato un approccio personale e un metodo di ricerca che continua a osservare il corpo come un paesaggio. La sua ricerca è incentrata sulla capacità del corpo di astrarsi e diventare elemento poetico senza mai abbandonare la concretezza della forma e del gesto. Ispirata dalla corrente surrealista e minimalista, l’autrice prosegue la sua ricerca sui temi del corpo, della postura e del gesto. In questo nuovo progetto, installativo e coreografico allo stesso tempo, l’intenzione di Luna è quella di scavare più a fondo nella pratica del nascondere e rivelare, sperimentando la relazione tra i corpi e oggetti materici.
“Vanish place”, coreografia e concetto Luna Cenere, con Marina Bertoni, Francesca La Stella, Ilaria Quaglia, Davide Tagliavini, Luca Zanni, disegno luci Giulia Broggi, musiche Renato Grieco, spazio scenico Raffaele di Florio. Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Körper – Centro di produzione Nazionale della Danza, La Biennale di Venezia. A Napoli, Teatro San Ferdinando, il 18 e 19 novembre.
TRITTICO CALVINIANO DEL TEATRO DELLA TOSSE
La Fondazione Luzzati Teatro della Tosse rende omaggio ad Italo Calvino con una nuova grande produzione in prima nazionale ispirata alla sua celebre trilogia. Sviluppato da un’idea di Laura Sicignano, il progetto I nostri antenati testimonia un legame profondo con uno scrittore che sempre ha creduto nella grande “funzione sociale” del divertimento ed il cui immaginario, sospeso tra fiaba e realtà, tante suggestioni ha offerto al lavoro della Tosse. Tre registi – Emanuele Conte, Riccardo Baudino e Giovanni Ortoleva, Laura Sicignano – tre modi di fare teatro, tre drammaturgie originali a creare un gioco immersivo, di prossimità tra spettatore ed interpreti, senza il filtro della quarta parete; una rappresentazione per piccoli gruppi di spettatori che porterà nei diversi spazi dei Teatri di S. Agostino l’esperienza di quel “teatro fuori dal teatro”, da tanti anni cifra caratteristica della Tosse.
Se “è solo scrivendo che ogni cosa va al suo posto” come scriveva Calvino, I nostri antenati – trittico calviniano è una composizione teatrale a più voci che, partendo da storie inverosimili, ambientate in epoche lontane e paesi immaginari, ricostruisce, tra i diversi spazi del teatro come tra le diverse età della vita, un ritratto attualissimo del Calvino uomo e scrittore, della sua intimità, della sua storia personale ed intellettuale, del suo rapporto con il mondo e con le parole, che molto hanno ancora da raccontare delle nostre inquietudini (a Genova, dal 16 al 26 novembre, tutte le sale del Teatri di S. Agostino, per gruppi di spettatori a numero limitato).
LA CLITENNESTRA DI ISABELLA RAGONESE
Il testo da cui è tratto l’adattamento curato da Roberto Andò è il romanzo La casa dei nomi di Colm Tóibín. Un testo moderno per un personaggio che è dell’Odissea. «Una figura che nel testo originale è presentata come l’anti-Penelope – scrive nelle note di regia – il prototipo della donna infedele e assassina. La sua vicenda è giunta a noi soprattutto grazie all’Orestea, in cui Eschilo, nel 458 a.C., celebrò la fine del mondo della vendetta e la nascita del diritto. Per quanto riguarda Tóibín e il suo romanzo, il rapporto dell’autore con i modelli antichi è declinato in modo abilmente sospeso tra invenzione e filologia. Per quanto il suo racconto non abbia una sola fonte, il lettore avveduto riconoscerà i riferimenti a cui il testo allude: Ifigenia in Aulide di Euripide. Da Euripide è tratto il motivo dell’ingannevole proposta di matrimonio tra Achille e Ifigenia con cui Agamennone attira in Aulide le sue vittime, ma è a Eschilo che Tóibín si ispira per la scena raccapricciante del sacrificio di Ifigenia.
«Queste storie per me sono molto potenti», scrive Tóibín. «Hanno a che fare con i conflitti all’interno della famiglia. A me interessava prendere la storia cruda e inserirla in un contesto formale nuovo: quello del romanzo psicologico. Tutti i personaggi di questa storia hanno subito dei traumi. È importante che questo venga compreso pienamente. Ho scritto il libro per un lettore moderno».
“Clitennestra”, da La casa dei nomi di Colm Tóibín, adattamento e regia Roberto Andò, con Isabella Ragonese, Ivan Alovisio, Arianna Becheroni, Denis Fasolo, Katia Gargano, Federico Lima Roque, Cristina Parku, Anita Serafini, scene e luci Gianni Carluccio, costumi Daniela Cernigliaro, musiche e direzione del coro Pasquale Scialò, suono Hubert Westkemper, coreografie Luna Cenere. Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival. A Catania, Teatro Verga, dal 14 al 19 novembre. In tournée.
Il GIULIO CESARE DEL TEATRO DEI VENTI
Prosegue e si consolida la collaborazione tra Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale e Teatro dei Venti, la compagnia modenese diretta da Stefano Tè che da quasi vent’anni porta la pratica teatrale all’interno delle carceri con percorsi creativi rivolti ai e alle detenute.
Al Nuovo Teatro delle Passioni di Modena, sono in programma due spettacoli: Giulio Cesare, dal 16 al 19 novembre; e Amleto, in prima assoluta dal 23 al 26 novembre, dopo il primo studio presentato al Teatro Dadà a maggio 2023. Primo capitolo della trilogia shakespeariana di Teatro dei Venti, Giulio Cesare ha esordito nel dicembre 2022 all’interno del Carcere di Modena e ora va in scena per la prima volta al di fuori delle strutture detentive.
L’allestimento prende avvio da delle riflessioni – condivise con i detenuti partecipanti al laboratorio condotto dalla compagnia modenese – sull’Uomo e sulla natura umana, sul Tradimento e sulla brama di Potere, ma anche sul desiderio di Vendetta. Il testo di Shakespeare è stato oggetto di un adattamento mirato a evidenziare i nuclei tematici fondamentali, arricchiti dalla musica di Irida Gjergij, che con la sua viola accompagna uno spettacolo costruito per sottrazione. Protagonisti assoluti sono i corpi e le voci degli interpreti che fanno risuonare chiara e potente la parola shakespeariana.
IL GUARDIANO DI PINTER
Due fratelli e un vecchio. Una stanza di periferia che sembra più un magazzino, accerchiata da immigrati di tutte le razze, in una grande città ormai grottesca. Tutto comincia quando Aston porta in quella “casa” un uomo che ha incontrato mentre litigava in un bar. L’uomo è un vecchio, forse un vagabondo. Presto verrà fuori anche l’altro fratello più giovane, Mick. Il vecchio capisce subito che quel posto per lui è una opportunità; ma per riuscire a restare lì dentro, e forse arrivare a ricoprire il ruolo di “guardiano”, come gli è stato promesso, sa che dovrà giocare una partita diversa con ognuno dei due “proprietari”. E i due fratelli non si sottraggono, non hanno un lavoro vero e proprio, passano molto tempo dentro quel luogo inclassificabile. È il vecchio ad essere più scaltro dei due, soprattutto quando cerca di mettere i fratelli l’uno contro l’altro? Oppure il suo tempo con loro aveva una scadenza, che era stata decisa fin dall’inizio? Firma la regia di questo allestimento de Il Guardiano nella traduzione di Alessandro Serra, Duccio Camerini, in scena con Lorenzo Mastrangeli e Leonardo Zarra (al Teatro Lo Spazio di Roma, dal 16 al 19 novembre).
Nonostante appartenga al primo periodo di Pinter, è del 1960, Il Guardiano è stato sempre giudicato come una delle vette del futuro Premio Nobel. Un capolavoro calato nella working people che usa comicità banalità e minaccia (le armi più affilate del suo autore), e che è tuttora inclassificabile: una commedia sul potere tra personaggi senza potere.
NEL MONDO SOTTERRANEO DI NICOLA GALLI
Ultra prosegue la linea di ricerca artistica del danzatore e coreografo Nicola Galli volgendo lo sguardo al sottosuolo, al mondo invisibile che scorre silenziosamente sotto i nostri piedi. Questo mondo sommerso di microrganismi, radici, batteri, funghi, piccoli mammiferi e invertebrati compone una biodiversità intelligente e operosa che trasforma lentamente il mondo.
Nel tentativo di portare alla luce questa realtà sconosciuta all’essere umano, Ultra (a Milano, PimOff, il 15 e 16 novembre) costruisce uno spazio sotterraneo, un paesaggio scenico fatto di caverne, crateri e paludi. Il desiderio di approfondire il rapporto uomo-natura porta il coreografo ad interrogare l’umano a partire dalle sue conquiste linguistiche fondamentali – i fonemi, la lingua e i simboli produttori di discorso – e sperimentare il concetto di “caduta” intesa come crepuscolo dell’egemonia umana. In questo modo la centralità dell’umano viene messa in discussione e scardinata.
Ultra propone, così, una prospettiva ultra-umana mettendo in luce un’organizzazione nascosta della realtà capace di includere saperi, visioni, tempi e linguaggi per offrire una comprensione più profonda del mondo.
WHO IS JOSEPH?
All’interno della propria partitura compositiva dell’assolo Who is Joseph? Del danzatore e coreografo Davide Valrosso (al Teatro Ghirelli di Salerno, il 15 novembre), il corpo attraversa una narrazione coreografica dove si alternano azioni energiche e decise a momenti di rallentamento, se non di sosta, dove a prevalere può essere l’incertezza, il disorientamento, l’esitazione e allo stesso tempo l’impulso, la vertigine, l’immanenza. Joseph è un guerriero metropolitano che, come in un ring, mette in campo una pratica dell’istante basata sul gioco, sullo scontro, sul dialogo continuo con lo spettatore e lo spazio circostante. Il rapporto tra questi elementi diventa il campo invisibile per il dialogo, frutto della tensione prodotta da una domanda e l’informazione che genera la sua risposta.