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16
maggio 2008
fino al 31.V.2008 Christina Mackie Torino, Sonia Rosso
torino
Il racconto di come la fantasia incastra la triplice dimensione della realtà. Quattro opere delineano lo spazio reale di un mondo inventato. Una rete di associazioni. Tra déjà-vu e docili jamais-vu. All’insegna del silenzio...
di Ginevra Bria
Spesso l’abitudine presuppone l’esperienza. Gli oggetti si uniscono nell’immaginazione, ma solo dopo che si è scoperta la connessione di ciascuna delle loro disparate componenti originali. Si potrebbe affermare di converso che l’abitudine è l’esperienza stessa, in quanto produce l’idea di un oggetto per mezzo dell’immaginazione e non per mezzo di quello che filosoficamente viene definito intelletto.
Al centro di Steal, in the silence, l’ultima personale torinese di Christina Mackie (Oxford, 1956), la ripetizione diventa una progressione di esperienze che trovano posto lungo un processo di produzione di senso. La ricorsività emerge solo quando chi guarda cessa di individuarla in relazione agli oggetti in mostra, quelli che l’artista ripete; quei manufatti nei quali non cambia, né scopre, né produce niente. Nulla che presupponga una forzata funzionalità, tanto pratica quanto estetica. Bisogna dunque individuare una certa modularità di esecuzione non nell’intenzionalità dell’artista ma nella mente di chi osserva. Di chi entra e fin dall’inizio osserva le quattro installazioni di Mackie, quattro lavori di grandi dimensioni esposti in due sale attigue e complanari della galleria.
Nel suo insieme, la mostra produce sempre una nuova impressione di estrema, quasi sofisticata sapienza nell’assemblaggio del legno. Quella sostanza che, in esposizione, risulta diffusa perché utile a rilasciare una specie di scia. Una simbolica determinazione dell’idea che si trasferisce da un oggetto reale a un suo concomitante, a un suo antecedente surreale. Il ready made di Mackie, infatti, sembra sempre a un passo dall’essere non-ancora-pensato, diventando un canale comodo entro il quale trasferire la memoria della materia in un futuro di completa trasformazione.
Quel che si viene a creare è una sorta d’attesa, una tendenza. E tanto l’esperienza quanto l’abitudine rimangono, in questa piccola personale, due principi differenti che la modalità di rappresentazione delle opere di volta in volta falsa. Per fare un esempio: l’opera che porta lo stesso titolo della mostra è un buon artificio, un’analogia tra unioni di oggetti già visti, facenti parte del reale, e inferenze del pensiero che spaziano all’interno di un infinito ordine mentale.
Steal, in the silence è una maquette di legni pregiati (dalla betulla al compensato tropicale) che restituiscono la forma basica di una casa, aperta da due finestre rettangolari intagliate sui lati lunghi. All’interno di questo hangar in miniatura giacciono due matrioske de-connotate e completamente private della fisicità dei tradizionali gusci. Bucherellate, aperte e decolorate, queste statuine, racchiuse le une nelle altre, mantengono le loro prigioni lontane dalla propria, seppur minima, valenza funzionale. Tornando, ancora una volta, a sottolineare la versatilità compositiva e immaginativa dell’artista inglese.
Al centro di Steal, in the silence, l’ultima personale torinese di Christina Mackie (Oxford, 1956), la ripetizione diventa una progressione di esperienze che trovano posto lungo un processo di produzione di senso. La ricorsività emerge solo quando chi guarda cessa di individuarla in relazione agli oggetti in mostra, quelli che l’artista ripete; quei manufatti nei quali non cambia, né scopre, né produce niente. Nulla che presupponga una forzata funzionalità, tanto pratica quanto estetica. Bisogna dunque individuare una certa modularità di esecuzione non nell’intenzionalità dell’artista ma nella mente di chi osserva. Di chi entra e fin dall’inizio osserva le quattro installazioni di Mackie, quattro lavori di grandi dimensioni esposti in due sale attigue e complanari della galleria.
Nel suo insieme, la mostra produce sempre una nuova impressione di estrema, quasi sofisticata sapienza nell’assemblaggio del legno. Quella sostanza che, in esposizione, risulta diffusa perché utile a rilasciare una specie di scia. Una simbolica determinazione dell’idea che si trasferisce da un oggetto reale a un suo concomitante, a un suo antecedente surreale. Il ready made di Mackie, infatti, sembra sempre a un passo dall’essere non-ancora-pensato, diventando un canale comodo entro il quale trasferire la memoria della materia in un futuro di completa trasformazione.
Quel che si viene a creare è una sorta d’attesa, una tendenza. E tanto l’esperienza quanto l’abitudine rimangono, in questa piccola personale, due principi differenti che la modalità di rappresentazione delle opere di volta in volta falsa. Per fare un esempio: l’opera che porta lo stesso titolo della mostra è un buon artificio, un’analogia tra unioni di oggetti già visti, facenti parte del reale, e inferenze del pensiero che spaziano all’interno di un infinito ordine mentale.
Steal, in the silence è una maquette di legni pregiati (dalla betulla al compensato tropicale) che restituiscono la forma basica di una casa, aperta da due finestre rettangolari intagliate sui lati lunghi. All’interno di questo hangar in miniatura giacciono due matrioske de-connotate e completamente private della fisicità dei tradizionali gusci. Bucherellate, aperte e decolorate, queste statuine, racchiuse le une nelle altre, mantengono le loro prigioni lontane dalla propria, seppur minima, valenza funzionale. Tornando, ancora una volta, a sottolineare la versatilità compositiva e immaginativa dell’artista inglese.
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ginevra bria
mostra visitata il 20 marzo 2008
dal 18 marzo al 31 maggio 2008
Christina Mackie – Steal, in the silence
Galleria Sonia Rosso
Via Giulia di Barolo 11/h (Borgo Vanchiglia) – 10124 Torino
Orario: da martedì a sabato ore 15-19 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0118172478; info@soniarosso.com; www.soniarosso.com
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