02 aprile 2002

Fino al 15.V.2002 Santiago Serra – Poliuretano espraedo sobre 18 personas Lucca, Claudio Poleschi

 
Una miscela di linguaggi graffianti per smascherare e denunciare processi economici distruttivi e abusi di potere. L'artista colpisce allo stomaco con un allestimento choc sullo sfruttamento sessuale della donna...

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Azioni concentrate e scioccanti per un’accusa ai poteri forti, qualsiasi essi siano. E comunicazione violenta che fa a botte con la coscienza sul ring della denuncia politico-sociale. Solo così è possibile riassumere il lavoro di Santiago Serra. L’artista madrileno, con i suoi 36 anni, si è presentato a Lucca inscenando una performance inedita – inconfondibile nel suo stile crudo e realistico insieme – per la galleria di arte contemporanea Claudio Poleschi, che per l’occasione ha collaborato con l’associazione “Prometeo”. Il titolo della mostra, miscela di linguaggi diversi fra loro ma niente affatto casuali, già mette in guardia su ciò che ha da venire: Poliuretano espraedo sobre 18 personas. Titolo efficace, ma non sufficiente per capire. E allora ripercorriamo la dinamica delle azioni, raccontate con immagini fotografiche, video e carcasse dissacranti di una sottomissione femminile che odora di sesso e giochi di Santiago Serrapotere: 18 ragazze dell’est (“intrattenitrici” sfruttate fino alla prostituzione nei night della Toscana) sono state reclutate e pagate 105 euro per quattro ore di lavoro all’interno della chiesa di San Matteo, adiacente alla galleria di via S. Giustina. Lì sono state fatte spogliare. E in reggiseno, perizoma e tacchi a spillo sono state avvolte in una coperta beige da trasportatore. Così, in fila lungo il muro decadente della chiesa, le ragazze – tra paure e tensioni per il “non conosciuto” – sembravano prigionieri di un lager nazista pronti al macello. E così è stato: una a una sono state accompagnate al centro dello spazio; poi – quando supine, quando a gambe aperte – sono state coperte da brandelli di nailon nero per la raccolta dell’immondizia su cui due operai specializzati – nell’area vaginale – hanno spruzzato poliuretano espanso di colore bianco; finita la bomboletta, i sacchi sono stati rimossi e gettati sul pavimento. Dove si trovano tutt’ora insieme a cartoni di pizza, bottiglie, bicchieri, flaconi spray e due scarpe con tacco a spillo (dimenticate da chissà quale ragazza). Intanto Santiago Serra ordinava, scattava e filmava con l’aiuto di Teresa Margolles. Alla fine sono rimasti una chiesa ingombra, un pannello a parete carico di fotografie in bianco e nero di grande formato e un videotape di 42 minuti esatti da visionare in mostra. No, è rimasto qualcos’altro: l’impatto emotivo della denuncia. Un esplicito e graffiante riferimento al potere imposto dall’uomo sulla donna attraverso azioni macabre, eccessive e drammatiche. In cui non sono esclusi i processi di sfruttamento continui e ripetuti, i concetti di economia esasperata e i rapporto esclusivamente contrattuali e retribuiti tra soggetti e professioni. Processi, questi, che riflettono con chiarezza l’arte politica di Santiago Serra, che assume il ruolo di regista di un’opera che opera non è. Questa personale maturità espressiva, l’artista madrileno l’ha sviluppata negli anni della rivolta zapatista e della crisi economica trascorsi a Città del Messico, dove si è trasferito dopo aver fatto i conti con l’opacità di una Spagna ancora troppo giovane per sopportare l’esplosione creativa che di lì a poco l’avrebbe contaminata.

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http://www.claudiopoleschi.com

Gianluca Testa


Santiago Serra: “Poliuretano espraedo sobre 18 personas”
Lucca, galleria d’arte contemporanea “Claudio Poleschi”
Via S. Giustina, 21 (presso chiesa di S. Matteo)
Fino al 15 maggio 2002
Oario: lun_ven 10.30-13, 15.30-20; sabato 11-13 (ingresso libero)
Telefono +39 0583 469490, fax +39 0583 471464, e-mail info@claudiopoleschi.com
Catalogo in mostra (testo a cura di Pierluigi Tazzi)


[exibart]

2 Commenti

  1. Più che “l’impatto emotivo della denuncia”, trovo che l’allestimento di Serra rappresenti l’esempio dello sfruttamento di “oggetti” viventi per scopi esclusivamente commerciali.
    Con coraggio avrebbe potuto aiutare quelle donne ad uscire fuori dal ghetto in cui vivono, sfruttate e umiliate, evitando loro una nuova e più subdola umiliazione, “vestita” di finalità sociali e artistiche.
    Giusy Caroppo

  2. Provocazione interessante; finalmente un nuovo modo di presentare la notizia: interattivo e coinvolgente; un reportage che stimola il pensiero e la riflessione; un esempio di controinformazione e/o alternativa culturale… ma…. ma l’arte dov’è? Il giovane “artista”??? Ma stiamo scherzando? O forse qualsiasi forma di spettacolarizzazione del contingente se accompagnata da uno scritto ai limiti dell’acrobazia linguistica giustifica il termine “arte”? Ma la critica esiste ancora o si è completamente arresa al marketing?

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