21 gennaio 2000

Dal 28 maggio al 20 agosto 2000 René Paresce 1886-1937 LAMec, Basilica Palladiana, Vicenza

 
Al LAMeC di Vicenza l’Assessorato ai Servizi Culturali del Comune, in collaborazione con la Regione Veneto, ha organizzato un’antologica per il pittore René Paresce, la prima mostra pubblica ragionata organizzata su questo artista di spicco dei primi anni del ‘900.

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Non è certo senza lungimiranza che il Comune di Vicenza usa la strategia di promuovere, in una terra non priva di mezzi economici e il cui patrimonio artistico e architettonico è di forte richiamo turistico, eventi di per sé minori ma che, inseriti in un contesto tanto illustre come la Basilica Palladiana, garantiscono successo a coraggiose opere di rivalutazione di personaggi e correnti poco noti. Scelta impensabile per altre zone, Vicenza rinuncia infatti a blandire i turisti con le solite iniziative espositive ispirate alle mode e alle politiche culturali imposte dai musei più attrezzati e propone invece, al visitatore più attento, riflessioni mirate alla riscoperta di artisti e correnti che, a fronte del loro ruolo fondamentale nello sviluppo dell’arte del XX secolo, sono stati trascurati dalla critica storica e mai studiati da quella contemporanea. Ma le scelte vicentine non sono, c’è da credere, prive anche di una certa tattica che riesce spesso a prevedere le direzioni delle politiche culturali nazionali: così, a memoria, mi vengono alla mente le mostre tenute sul Fronte Nuovo, su Art Club o quella sul collezionismo vicentino, che hanno anticipato le esplorazioni e le indagini dello scorso anno intorno all’arte del ‘900 italiano, specie nel campo editoriale, ma non solo. Ancora nel caso odierno la scelta, a mio parere, non nasce priva di oculatezza, almeno in considerazione di certe vicende del mercato che, in tempi recenti, hanno visto la glorificazione delle opere degli anni venti di De Chirico; in quest’ottica, la riscoperta di Paresce acquista un significato particolare, considerata la reciproca influenza dei due artisti nel campo delle idee e della tecnica pittorica, nel segno metafisico. Il nome di P. è poco noto rispetto al più illustre collega, personalità troppo in bilico tra l’essere artista compiuto, o scienziato o giornalista, troppo lontano dall’idea di appartenere in esclusiva a questo o a quel movimento. Si laureò in Fisica, e lavorò a lungo in questo campo, ma fu anche scrittore e giornalista. Nacque in Svizzera, studiò in Italia. Le sue prime esperienze artistiche si collocano nel periodo fiorentino, quando fu influenzato dai macchiaioli toscani, ma la sua storia pittorica più importante si fa iniziare con il soggiorno parigino, dove nacque il suo grande amore per le vicende tardo impressioniste francesi e per la pittura en plain air. Da Cézanne al cubismo egli sperimentò da autodidatta tutti i registri della nuova pittura, rinnovandola nelle cromie e inaugurando nuovi percorsi metafisici. A Parigi condivise le avventure degli italiani appartenenti all’Ecole de Paris e degli Italiens (Tozzi, De Pisis, De Chirico, Campigli, Savinio e Severini). Dell’Ecole ebbe occasione di ordinare l’esposizione per la XVI Biennale veneziana del 1928. Partecipò alle esposizioni del gruppo Novecento, di cui fecero parte Sironi, Carrà e Funi, e ciò non gli deve aver giovato in termini di considerazione presso la critica della seconda metà del XX secolo che, identificando l’attività del gruppo della Sarfatti con l’ideologia fascista (ricordo un famoso discorso di Mussolini), non riuscì ad analizzare con sufficiente distacco l’arte legata ad un periodo storico che, nel suo procedere, causò ferite troppo profonde per rimarginarsi. Al tramonto del secolo toccò a Crispolti di rileggere e rivalutare le istanze novecentiste all’insegna di “una particolare mozione innovativa … motivata dalla rivendicazione di una possibile centralità moderna della tradizione artistica più tipicamente italiana, in contrapposizione alle precedenti istanze modernistiche di egemonia prevalentemente francese, e tedesca.” Alla somma dei conti, mi pare di poter dire che lo sperimentalismo scientifico di P., dalla tecnica toscana della tradizione macchiaiola e fauvista allo sviluppo di un’originale manualità che si esprimeva attraverso la stesura ossessiva di molteplici velature di colore intrecciate come la trama di un tessuto, fino a raggiungere le tonalità intense di una pittura densa e di grande impatto emotivo, interpretò con successo, specie tra gli anni ’20 e ’30, le istanze di un recupero della tradizione pittorica classica e rinascimentale italiana, che fu resa funzionale all’interpretazione degli ideali per un riscatto dell’arte italiana in senso classicista, in opposizione alle soluzioni futuriste. Forse per l’ultima volta l’arte italiana trovò, in questo conflitto tra due modi diversi di concepire il rinnovamento della storia pittorica nazionale, i motivi per imporsi all’attenzione internazionale quale fonte d’ispirazione e di riflessione autonoma.Paresce, Natura morta con CactusL’opera di P. si segnala per l’originale soluzione in senso metafisico della natura morta e del paesaggio, risultato che non mancò di influire sulla personalità di de Chirico, dai Bagni Misteriosi in poi. P. saccheggiò i movimenti più innovativi dell’arte europea del suo periodo, ma lo fece all’insegna dell’appropriazione di una koinè artistica dalla quale non era impossibile prescindere ai fini della diffusione di ideali artistici in un contesto culturale ormai sopranazionale. Acquisendo la nuova lingua comune dell’arte europea, P. poté parlare alle società europee nei termini di una tradizione pittorica illustre, quella italiana, che riusciva ad essere ancora sorgente di ispirazione e di rinnovamento pittorico. Certo P. non può non essere inserito nel contesto più ampio di un’arte europea che, in quel particolare contesto storico, inneggiava al tristemente noto rappel à l’ordre.E in quest’ottica va letta la predilezione, almeno nelle opere del periodo migliore, per la rappresentazione dei corpi celesti, pianeti attorno ai quali girano, secondo orbite ellittiche, lune e satelliti. L’ordine cosmico e astrologico dei cieli di P. sono sintomi di una volontà di ritorno all’equilibrio e alla stabilità, anche in senso sociale: forse un tributo alla disciplina della fisica, forse anche un segno dei progressi scientifici che avevano condotto dalle teorie newtoniane alle scoperte dell’esule Einstein. Ma sono certamente un richiamo alla misura aurea della classicità italiana; P. fu in fondo un artista educato dalla disciplina scientifica come lo furono i grandi artisti del Rinascimento. E così accade che la sfera appesa sullo sfondo della Natura morta con cactus del ’29, a taluni ricorderà il pendolo di Focault; mi si consenta però di richiamare alla memoria almeno l’uovo che misura l’ordine aureo nella Madonna di Piero.


““René Paresce 1886-1937”. Vicenza, LAMeC, Basilica Palladiana. info: Comune di Vicenza, Assessorato ai Servizi Sociali tel. 0444/222101 e 04447222114. Prenotazioni e visite guidate tel. 0444/222122, fax 0444/222155.Sede mostra 0444/320493. Web:www.comune.vicenza.it ; e-mail:asscultura@comune.vicenza.it . Dal 28 maggio al 20 agosto 2000. Orari: 10.30-13.00 e 15.00/18.30 (chiuso il lunedì). Ingresso £ 5.000, ridotto £ 3.000. Catalogo a cura di Beatrice Buscaroli Fabbri e Rachele Ferrario £ 30.000.

Alfredo Sigolo

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