25 maggio 2004

fino al 23. VIII. 2004 Paradiso e Inferno Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa

 
Aldilà o aldiquà. Orridi o bellissimi, qualche volta attraversati da un’ironia dissacrante. Incorporei o fin troppo terreni. Così il Paradiso e l’inferno, nelle opere di dodici artisti. Per rappresentare o evocare due topoi che accompagnano l’esistenza. Tra fuoco e aria…

di

Dagli elementi che più frequentemente vi si associano, il fuoco e l’aria, anche per Giacinto Di Pietrantonio Paradiso e Inferno si tingono di rosso e di celeste. E sono le opere di 12 artisti a ricreare i due topoi nelle stanze dei due spazi espositivi della Bevilacqua La Masa.
In questo viaggio bipolare non poteva mancare la guida della storia: così Dante, padre della nostra cultura, prende il posto di Virgilio nel condurre chi entra con passi della Divina Commedia.
“Benvenuti in paradiso” sembra sussurrare una visione femminile all’ingresso della Galleria in Piazza San Marco, con braccia aperte e bianchi panneggi svolazzanti. E’ una foto in bianco e nero tratta dal video di Mike Kelly che mette in scena un dialogo oscillante tra commedia e melodramma e che prende progressivamente forma di psicodramma collettivo. La figura Amore resta un’essenza (o forse assenza?) evocata mentre Dante commenta “Io veggio bensì come già resplende ne l’intelletto tuo l’etterna luce che, vista sola e sempre amor accende”.
Armin Linke, G8 Summit, Genova Italy 2001
Libertà
vive nelle immagini fotografiche di Armin Linke“testimone visivo delle trasformazioni del nostro tempo” come lo definisce il curatore- nelle foto scattate al G8 a Genova in cui lo spessore di riflessione etica e di informazione stratifica e avvalora la definizione estetica. Suggestivo appare l’esperimento di un’architettura ultrasensoriale degli svizzeri Décosterd & Rahm che coinvolge sensazioni diverse da quelle puramente visive. Si viene indotti in uno stato di estasi dal “Buon odore di Cristo”, installazione che mette in gioco l’olfatto nebulizzando una miscela di fragranze (balsamo di Giudea, mirra, incenso, cinnamomo) legata alla figura divina, ricostruita sulle descrizioni dei Vangeli. Spiazzante e singolare risulta l’uso allusivo di un odore preciso, dolce e persistente, che –come un immanente simbolo del sacro- impregna lo spazio.
E mentre la dimensione ludica della Felicità esplode nel dinamismo tecnologico dell’animazione video di Patrick Tuttofuoco, la Bellezza è venerata da Ettore Spalletti nel candore geometrico delle sue tavole e nell’omaggio del suo ritratto fotografico all’incanto dei fiori.
Un computer Apple di ultima generazione presenta come salvaschermo vedute di paesaggi bellissimi, contaminati da carcasse di mezzi militari distrutti, e corpi straziati di vittime della guerra, scattate da volontari di Emergency durante la costruzione di un centro medico a Kabul. La Pace viene interpretata da Massimo Grimaldi con materiali già esistenti al di fuori dei territori dell’arte, diffusi mediante un’icona dell’imperante feticismo tecnologico. Dopo il cammino in questo intenso Paradiso, l’Inferno fagocita con i suoi connotati ossessivi, nella terrificante risata di Gino De Dominicis che non lascia scampo, nell’invito sonoro Touch me di Dragana Sapanjos che provoca urla ferine di sofferenza.
Massimo Grimaldi, Igor
E’ il regno dell’ambiguo, come provano le messe in scena pittoriche di Pietro Roccasalva che dipinge la Menzogna in ibridazioni di elettrodomestici con spazi sacri, icone fantasmatiche o teschi modellati con il pane e dipinti; inferno è il terreno fertile per l’Odio che aleggia nelle mostruose figure della pittura stratificata e laboriosa di Roberto Cuoghi e per la Disperazione che assume le forme allegoriche di una teoria di esseri senza speranza disegnata dai canadesi Marcel Dzama e Neil Farber. Equivoche e allarmanti sono le loro le figure, tracciate nel linguaggio quasi naif da stripes di cartoons, vomitano mostruosità da Giudizio Universale medievale, escatologiche fobie e bestie come uscite da un video game, quasi ironiche pronipoti delle creature di Bosch.
Emblematico, denso di Dolore e -in questo momento storico- ancora più “infernale”, chiude la mostra il lavoro di Ryan Mendoza che, di fronte a un Barman e a un Robin dipinti a grandezza naturale pone la scritta Americans don’t believe in pain. Mentre il commento dantesco scorre come un’amara denuncia: “Per me si va nella città dolente, per me si va nell’etterno dolore, per me si va, tra la perduta gente”.

myriam zerbi


Paradiso e Inferno, a cura di Giacinto Di Pietrantonio
Fondazione Bevilacqua La Masa, Galleria di Piazza San Marco 71/c, Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826, 041 5207797; www.bevilacqualamasa.it
tutti i gg 12 – 18; ven_sab 10-22 ch lun, ingresso: intero € 5 ridotto € 3

[exibart]

1 commento

  1. un’occasione persa, un’evidente esibizione di servilismo verso le solite tre gallerie, lavori forzati dentro a un tema che richiedeva ben altra profondità di trattamento, catalogo che non riporta il lavoro di Tuttofuoco ma alcune pagine di pubblicità gratuita alle mostre di Guenzani, che dire…ero l’unico visitatore domenica, con Venezia che scoppiava di gente, evidentemente finchè vengono realizzate delle mostre così brutte il contemporaneo non può che soffrire.

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