13 luglio 2011

fino al 30.X.2011 Round the Clock Venezia, Spazio Thetis

 
Lo spazio espositivo è il salone con il giardino della società di ingegneria, le opere sono composte da materiali poveri. Ciò che emerge è una riflessione cruda sul mondo che viviamo. Vi sembra banale? Provate a leggere qui di seguito...

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Vesciche di animali prese come materiale da creazione, gonfiate come palloncini e assemblate per creare un’installazione: è l’opera di Chiara Lecca (Modigliana, 1977) intitolata Gengi. L’idea di utilizzare la parte interna del corpo dell’animale sottintende una volontà indagatrice delle pulsioni più nascoste, più dionisiache, quelle propriamente dette “viscerali”. Il fruitore, ponendosi di fronte alla concreta realizzazione del sentimento primordiale, non può che dare inizio ad un confronto diretto con la propria istintualità che il più delle volte la società ci impone di controllare. Quest’opera vuole abbattere ogni barriera costruita nel tempo per farci riflettere sulla nostra condizione e trovare una via di fuga. La leggerezza dei palloncini è un messaggio chiaro che ci arriva diretto. Anche l’opera di Gianni Moretti (Perugia, 1978, vive e lavora a Milano) intitolata Monumento al mantenimento delle regole della casa si basa sui rapporti tra individui. In questo caso borghesi e benestanti appaiono nelle loro vesti eleganti come unico elemento veramente importante. Manca, infatti, la testa. È una storia che viene narrata attraverso figurine di carta collegate le une con le altre in sequenza continua senza mutare né forma né costume. Esse sono disposte orizzontalmente a indicare il livello morale della classe al potere piena di soldi e di superficialità. Ma ancora una volta leggerezza, nell’opera di Lecca come in questa. Le figurine, infatti, sono esili personaggi incurvati all’indietro in balia dei cambiamenti e delle trasformazioni ma allo stesso tempo orgogliosi e sicuri delle proprie capacità incuranti di chi è meno fortunato. Questa condizione si riflette all’interno delle mura domestiche dove è l’uomo che comanda, che sovrintende al mantenimento della famiglia e della casa. L’opera vuole essere una denuncia ironica di quanto viene messo in mostra da quegli uomini che hanno la presunzione di credere solo nel potere dei soldi. Leggerezza anche in Exhaust di David Rickard (Ashburton, Nuova Zelanda, 1975, vive e lavora a Londra) dove decine di palloncini sono sospesi nel vuoto. Qui, però, l’intento è diverso in quanto non è una riflessione sulla società ma l’espressione del bisogno dell’individuo. Nei palloncini, infatti, è presente l’aria espirata da Rickard nell’arco di ventiquattro ore, cioè una giornata intera. Essa è stata incamerata in una maschera e convogliata nei palloncini generando una sorta di performance ripresa e mostrata sullo schermo a lato. L’intento è di mostrare una sorta di connessione tra l’uomo e lo spazio circostante, necessario per vivere e sopravvivere. 

Il percorso poi continua su temi sociali proposti da Ulrich Egger (San Valentino, 1959), Eva Jospin (Parigi, 1975), Francesco Bocchini (Cesena, 1969), Peter Welz (Germania, 1972), Devis Venturelli (Faenza, 1974, vive e lavora a Milano), Svetlana Ostapovici (Repubblica di Moldova, 1967, vive e lavora a Latina), Antonio Riello (Marostica, 1958, vive e lavora tra Bassano e Londra), Serafino Maiorano (Crotone, 1957, vive e lavora a Roma) e Matteo Sanna (San Gavino Monreale, 1984) mentre Silvia Vendramel (Treviso, 1972, vive e lavora a Massa Carrara) punta su una ricerca estetica in unione con l’architettura circostante. Wilhelm Scheruebl (Radstadt, 1961), invece, affronta il tema della sopravvivenza in luoghi ostili mentre Maria Elisabetta Novello (Vicenza, 1974, vive e lavora a Udine) gioca sulle trasformazioni.

erika prandi

mostra visitata il 6 luglio

dal 4 giugno al 30 ottobre 2011


Round the Clock


a cura di Martina Cavallarin


Spazio Thetis


Arsenale Novissimo – Venezia


Orario: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18


Ingresso: libero


Info: +39 3401197983 – press@biennaleroundtheclock.com www.biennaleroundtheclock.com

[exibart]

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