21 ottobre 2019

Barcellona cambia arte, oltre alle proteste

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Un nuovo quartiere-creativo, il MACBA, gallerie storiche e contemporanee. Benvenuti in una Barcellona che vuole cambiare, anche nell'arte. Proteste a parte

Barcelona Gallery Week end 2019
Barcelona Gallery Week end 2019

Purtroppo, in questi giorni, come tutti stiamo osservando la Spagna – Barcellona e Madrid in particolare – stanno vivendo momenti di tensione per le questioni legate all’indipendenza della Catalogna e per le condanne ai leader dei movimenti di secessione. Abbiamo, per un soffio, evitato i tumulti e, proprio il week end prima della lettura delle sentenze, a Barcellona si è svolto un curatissimo e ordinatissimo art week end. E, visto che siamo certi che la città catalana non perderà il suo fascino e la sua attrattività, ve lo raccontiamo mettendo da parte la politica. In attesa di poter tornare senza sassaiole nella città di Gaudì.

Il Gallery Week End di Barcellona, diretto dall’italiana Susanna Corchia, per noi comincia a Hospitalet. Che non è, come molti pensano, un quartiere della città catalana, ma un vero e proprio comune a sé stante, sede dell’aeroporto El Prat e del porto, e che conta qualcosa come 300mila abitanti distribuiti su una superficie di soli 12 chilometri quadrati.

Hospitalet è la Brooklyn di Barcellona, nel senso che negli ultimi anni – come nel distretto newyorchese di una volta – sono arrivate qui alcune gallerie, studi d’artisti e creativi, che provano a ridare vita a interi edifici industriali che un tempo ospitavano industrie meccaniche e tessili, e che hanno terminato la loro attività con la crisi dei primi anni 2000.

Carolina Olivares è una producer (compagna di Jordi Colomer, artista che ha rappresentato la Spagna all Biennale  di Venezia 2017) e anima de La Infinita.

La Infinita è uno spazio ancora in progress, nato all’inizio del 2019 e si trova al terzo piano di un caseggiato industriale che si pone come fucina per lo sviluppo di talenti, nel senso che gli artisti interessati – senza bandi né application – nel prossimo futuro potranno chiedere di poter lavorare qui, come in una residenza.

barcellona La Infinita
La Infinita

Un progetto ambizioso, che la dice lunga anche sul pensiero di Carolina e di diversi protagonisti del mondo dell’arte catalano che abbiamo incontrato in questi giorni: la carenza di un sistema “creativo” orientato verso il contemporaneo, che va invece sostenuto.

In parole povere è po’ come se Barcellona (ma qui sostengono si tratti della Spagna tutta) abbia deciso di puntare su altre priorità per la propria economia, non in ultimo – anzi – per quanto concerne la Catalogna, su un turismo sempre più di massa e sempre più mordi e fuggi che calpesta sempre gli stessi chilometri quadrati, tra Plaza de Catalunya e il complesso del Mare Magnum, alla fine della Rambla.

E in più, altra opinione comune, è che nel complesso a Barcellona manchi un vero e proprio giro di collezionisti, e che non vi siano “tappe intermedie” nel sistema dell’arte: si passa dal monumentale MACBA a gallerie medio-piccole.

Ed ecco che Hospitalet, seguendo le parole della Sindaca Nuria Marin, intervenuta tra i giornalisti invitati, ha deciso di porsi come alternativa per diventare quartiere culturale. Senza pensare di costruire cattedrali nel deserto per lasciarle poi vuote, senza pensare di stravolgere la cittadinanza – per la maggior parte di spagnoli immigrati qui negli anni ’60 da altre zone del Paese – in favore di una gentrificazione incontrollata, ma permettendo ai creativi di potervisi stabilire.

barcellona arte contemporanea
Il Board di BGW, foto di Cecilia Díaz Betz

Non si risolveranno i problemi del sistema dell’arte, ma almeno la città potrebbe trovare un angolo più “confortevole” per chi opera nel settore.

Nemmeno a dirlo il budget pubblico per il progetto è a dir poco limitato: 5 milioni di euro annui per tutto quel che concerne le attività culturali del comune di Hospitalet (e si passa dall’arte circense ai concerti) e soltanto 300mila per quello che è il progetto del Distretto Culturale.

Nogueras Blanchard è invece Presidente delle Associazioni delle Gallerie di Barcellona ABE, che dal 2015 promuove anche il Gallery Weekend, nonché titolare dello spazio che porta il suo nome, al piano terra del civico 7 di calle Isaac Peral. Blanchard, come la sua vicina Ana Mas, si è trasferito qui pochi anni fa tenendosi una vetrina nel centro di Barcellona, e dopo aver aperto una sede a Madrid.

Tutto il palazzo, sempre seguendo la tradizione newyorchese, è stato ri-utilizzato su ogni piano dall’arte, e l’unico appartamento privatamente abitato è affittato a studenti di Belle Arti.

ADN Galeria - BGW2019 - Cecilia Díaz Betz
ADN Galeria – BGW 2019 – foto di Cecilia Díaz Betz

All’ultimo piano c’è lo spazio di Trama34. Qui un gruppo di artisti hanno messo in piedi AF Fair, ovvero Another Fucking Fair, fiera di solo un giorno che trasforma gli spazi di co-working in veri e propri boths, cercando di riflettere anche su vendita e mediazione con i collezionisti.

Dulcis in fundo, da questa parte della città, c’è Industrial Akroll, antica fabbrica (in realtà funzionante dagli anni ’70 fino alla fine degli anni ’90) di accessori moda, che Uri Rivero – giovane regista – ha rilevato dal vecchio proprietario e che sta cercando di convertire in un centro per le arti e co-working. Al piano terra, mi dice, ci sarà uno spazio per un bar, sempre nella logica di attrarre qui gli abitanti di questo quartiere-dormitorio non tanto per la solfa sull’educazione con il contemporaneo, quanto per renderli partecipi e coscienti che dalle vecchie fabbriche può nascere un futuro più piacevole per il quartiere, anche se si parla solo di drink.

Se sono rose…vedremo come funzionerà questo nuovo “pueblo de arte”, che non vuole diventare – almeno nelle intenzioni – come Poblenou, il quartiere più trendy e costoso di Barcellona.

Proseguendo il nostro giro di gallerie non può mancare la tappa all’Eixample – quartiere residenziale che si sviluppa a nord ovest della Rambla e sotto la Avenida Diagonal.

Senza dubbio qui vale la pena citare ADN, il cui direttore artistico – Francesco Giaveri – è italiano da molti anni “Barcelona based”.

ADN si è trasferita recentemente al 205 di Carrer di Mallorca, dopo essere stata per 16 anni in calle Granados. Uno spazio bianchissimo e luminoso, rettangolare, che per questa occasione ha scelto di fare il punto della situazione su 5994 giorni di attività, con la collettiva “5994 is just a number” che porta in scena gli artisti storici che lavorano con ADN e i giovani arrivati. Da Kendell Geers a Igor Eskinja passando per Federico Solmi e Jordi Colomer, Pep Vidal e Bruno Peinado questa mostra che conta “solo un numero” mette in scena un resoconto delle preoccupazioni del mondo degli ultimi 15 anni, tra post-capitalismo, identità, divergenze, antipodi, antropocene…

Galeria Toni Tàpies - BGW2019 - Cecilia Díaz Betz
Galeria Toni Tàpies – BGW2019 – foto di Cecilia Díaz Betz

Alla Galeria Toni Tàpies invece si va molto sul sicuro, con una bella mostra intitolata “On paper” che contiene opere su carta e disegni di Alex Katz, Emma Kay, il taiwanese Ed Pien e ovviamente Antoni Tàpies. Anche in questo caso per il Gallery Weekend si tira fuori una summa che ben rappresenta l’andamento di questa sede established.

Alla Galeria Mayoral, a Barcellona dal 1989, una mostra che invece richiama al presente un’epoca di gloria storica per l’arte spagnola: il padiglione iberico alla Biennale del 1958. E così, alle pareti, ritroviamo l’Informale di Chillida, Rivera, Saura e ancora Tàpies. Si va sul sicuro, ma è un bel vedere e anche la sezione di pubblicazioni dell’epoca (di cui un articolo firmato da Enrico Crispolti) resocontano perfettamente anche le “conseguenze dell’evento, che ha avuto luogo in un momento in cui il regime di Franco era particolarmente interessato a dare una immagine di modernità della Spagna all’estero”.

Per finire una visita al MACBA è d’obbligo. “Territorios Indefinidos”, proprio in questo momento storico, e proprio in Catalogna, è una mostra che sembra calzare abbastanza a pennello: in scena l’idea di territorio che va oltre la geografia per andare a parare sui temi del vecchio e nuovo colonialismo, l’idea di integrazione o multiculturalismo, il pensiero alla “diaspora” e agli effetti delle “invasioni” globali di ieri e di oggi. Tra i protagonisti Mariana Castillo Deball, la riflessione sull’Europa dei Superflex, le tradizioni floreali dell’Africa ricostruite da Kapwani Kiwanga.

Dana Whabira, Black Sunlight, 2017
Dana Whabira, Black Sunlight, 2017

Stavolta insomma, per un motivo o per l’altro c’è ben da riflettere all’ombra del sole di Catalunya – che qui, nonostante la rabbia, è ancora primavera. E se non trovaste motivi sufficienti per esserne compiaciuti vi rimandiamo – ancora al MACBA – all’installazione di Dana Whabira, Black Sunlight del 2017. Si legge: It’s not the end of the world. Per certi versi, anzi, qui sembra esserci un altro inizio, che non sapremo con precisione dove porterà.

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