30 novembre 2015

Fronde Rosse

 

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[30|11|2015] arte

Fronde Rosse
 

  
La tela si trasforma in supporto per la memoria dell’artista, fedele custode di quelle “passeggiate di vita” che hanno nutrito l’animo di un uomo grande.

di memoria all’Opera dal 1980 al 2001 di Paolo Salvati

L’autunno ha fatto ufficialmente il suo ingresso nel gran salone da ballo delle stagioni. Il sole accende le giornate con una luce soffusa, la natura si tinge di cromie mozzafiato, la vita si prepara ai ritmi letargici del prossimo inverno, incamerando energie nella “stagione di mezzo” dalle sfumature magiche.

Dal 1981 al 2001, Paolo Salvati rende omaggio alla poetica bellezza dell’autunno con una serie intitolata Fronde Rosse, incipit dell’arte più intimamente sentita dell’artista romano.

Il punto di partenza per questa nuova visione artistica, è da far risalire al periodo 1973- 1993, anni in cui, per necessità, Paolo Salvati visse il quotidiano di uno dei polmoni sociali più vivi di Roma: Piazza Navona, ambiente ricco di storia e di “firme”.

La firma del siciliano Juvarra sulle architetture e sulle fontane, infinite firme sui ritratti eseguiti da tutti quegli artisti che, nella barocca piazza romana, trovarono piacevole location per un’arte en plain air. A cavallo degli anni Ottanta, infatti, l’arte subì considerevoli attacchi di credibilità, uniti a una potente decadenza culturale ed economica, e molti artisti si trovarono costretti a modificare il proprio operato a favore di una produzione più semplice ed essenziale, nei materiali come nelle committenze.

Paolo Salvati visse in Piazza Navona il periodo certamente più importante della sua carriera artistica, che gli permise di strutturare un linguaggio artistico e visivo carico di memoria, pilastro fondamentale della sua ultima produzione.

In questo percorso di evoluzione emozionale, Paolo Salvati passò dalle vedute, tematiche più complesse da sviluppare, alla ritrattistica o alla caricatura, più semplici e immediati da realizzare. La strada si trasformò progressivamente in “luogo d’arte”, luogo di passaggio e luogo di incontro, soprattutto nelle ore crepuscolari.

Incontri, ritratti, poesie romane. Paolo Salvati ricorda questa immagine di Piazza Navona, nell’intervista voluta nel 2014 dal critico d’arte Andrea De Liberis. Scorrendo il testo integrale dell’incontro, emerge il legame viscerale dell’artista romano con uno degli ambienti più culturalmente ricchi della città eterna. L’arte diventa “hic et nunc”, qui e ora, e proprio negli anni vissuti nella juvarriana piazza Navona l’artista romano riuscì a sperimentarela sua arte on the road, nutrendo il suo nuovo linguaggio della memoria delle grandi firme a cavallo della modernità novecentesca – Claude Monet, Vincent Van Gogh e Henri Toulouse Lautrec – che fecero della pittura en plain air la propria missione artistica.

Per assorbire meglio la vita della piazza “Il cavalletto si posizionava la mattina presto per ottenere il posto migliore” e attraverso il disegno e il colore “ho sempre dipinto i miei sogni”, riflette Paolo Salvati. Sogni di pace interiore eterna, da testimoniare attraverso l’arte, dopo aver assaporato tutti i colori e i profumi donati dalla natura.

Doveroso l’incipit di Piazza Navona per immergersi nella poesia di Fronde Rosse, serie composta da sei opere realizzate tra il 1980 e il 2001, in cui Paolo Salvati ha sfruttato al massimo il colore come linguaggio di una pace interiore senza tempo, fermata in un’immagine dal forte dinamismo emozionale, a descrizione dell’essenza più intima e profonda di una stagione che, per definizione, converge in se un’eccezionale bellezza vestita da un velo di malinconia.

Nel campo della storia dell’arte, l’autunno è stato al centro della sperimentazione artistica di molti artisti, sia per le cromie affascinanti che per la particolare atmosfera ed emotività che suscita, affascinando secoli di storia dell’arte.

Interpretato come metafora della vita che si spegne, ma anche come simbolo del perpetuo mutare dell’animo umano, l’autunno è stato uno dei soggetti preferiti dei pittori di fine Ottocento, epoca di transizione verso la modernità, percepita come fine e allo stesso tempo inizio di qualcosa di nuovo.

Secondo Henri Toulouse Lautrec, “L’autunno è la primavera dell’inverno”, e questa primavera Paolo Salvati l’ha immortalata perfettamente nelle pennellate rosse, porpora, gialle, verdi proprie della serie che omaggia la terza stagione dell’anno.

Il soggetto della serie Fronde Rosse, l’autunno, è per antonomasia sinonimo di ricordo, di malinconia, memoria di “ieri” e preludio di “domani”. Stagione dalle sfumature incantevoli che, con grazia ed eleganza, attenua luce e colori dei mesi estivi, anticipando dolcemente i primi sussurri dell’inverno futuro.

In tema, sei opere dipinte olio su tela, cariche di tensione emotiva assoluta, e volte alla contemplazione estatica di una libertà interiore eterna, fintanto che la memoria dei posteri continuerà a nutrire il messaggio insito nelle pennellate lasciate in libertà sul supporto.

Assolutamente evidenti i legami di Paolo Salvati con le opere tarde di J. M. William Turner (Londra, 23 aprile 1775 – Chelsea, 19 dicembre 1851), esponente principale del Romanticismo e riconosciuto dalla critica come precursore dell’arte impressionista.

Visto come figura controversa dai contemporanei, all’artista inglese si deve l’elevazione della pittura di paesaggio a un livello tale da poter competere con la meglio nota pittura di storia. Divenuto famoso per le sue opere a olio, Turner fu eccellente anche nella produzione di paesaggi ad acquerello, che gli valsero la fama di “pittore della luce”.

Un’ampia varietà cromatica, unita a una suggestiva tecnica di stesura del colore, determinarono il linguaggio maturo dell’opera di Turner che, secondo leparole del celeberrimo critico d’arte inglese John Ruskin, riuscì a “rappresentare gli umori della natura in modo emozionante e sincero”.

The scarlet sunset è un’opera dipinta intorno al 1830, e sottolinea gli intenti dell’ultima produzione dell’artista inglese, che trascurò volutamente la rappresentazione di oggetti e dei loro dettagli, per concentrarsi sui giochi di luce riflessi dall’acqua e sullo splendore dei cieli, ricercando un modo di esprimere laspiritualità insita nel mondo e la “suprema” della natura, segno evidente della grandezza e del potere di Dio. (J. M. W. Turner, The scarlet sunset, 1830-1840, Londra, Tate Gallery. Acquerelli e guazzo su carta, 134×189 cm )

Nel 1980 Paolo Salvati dipinge Settembre, primo tassello della serie Fronde Rosse, con cui inaugura il periodo maturo della sua produzione. I colori dell’autunno sono protagonisti della tela, che attraverso le pennellate si trasforma in poesia visiva di sentimenti interiori.

Bellezza estetica e bellezza spirituale si fondono in un unico linguaggio, che parla di una natura magica e meravigliosa, che avvolge nell’abbraccio dell’ansa del fiume, delle fronde color fuoco e dell’immensità del cielo, timidamente nascosto dalle foglie, l’unione eterna tra la parte più intima e vera dell’uomo con la divina bellezza dell’elemento naturale.

A livello di tecnica artistica, sono evidenti i richiami alle sperimentazioni cromatiche di J. M. W. Turner, soprattutto nei riflessi luminosi sull’acqua e nei giochi di luce del cielo, volti a dare voce a una spiritualità viva e necessario spartiacque tra la precarietà della condizione umana e il cammino eterno del Sé verso orizzonti altri, distanti dal dato oggettivo e concreto della vita terrena.

Il movimento circolare di alcuni rami degli alberi, invece, richiamano le pennellate stellari di Notte stellata (1889) di Vincent Van Gogh, che nell’arte e nel colore trovò riparo sicuro dall’assurdità della follia umana. ( Vincent Van Gogh, Notte stellata, 1889, Museum of Modern Art, New York Olio su tela, 73,7x 92,1 cm )

A livello empatico ed emozionale, invece, certamente Settembre racchiude il sentimento più puro di Paolo Salvati, nella sua ricerca di una libertà dell’Io oltre i confini corporali e del vivere terreno. La tela si trasforma in supporto per la memoria dell’artista, fedele custode di quelle “passeggiate di vita” che hanno nutrito l’animo di un uomo grande.

Soave bellezza e velata malinconia convivono piacevolmente nell’opera, catturando lo sguardo dello spettatore con forme e colori che sembrano impegnati in una danza senza fine, verso una serenità trascendente fatta di luce, emozione ed emanazione dello spirito divino, che è la risultante finale del viaggio umano.

Attraverso la legge fisica del diagramma delle forze, infatti, Paolo Salvati illustra un dei pilastri del suo pensiero e del suo modus vivendi. Partendo da un punto “zero”, che è la vita, partono, e si dirigono verso due diverse direzioni, le linee dell’odio e dell’amore, assunti astratti ma di cui ne viviamo concretamente i sintomi e le sensazioni, dandoci prova della loro esistenza. Secondo l’artista romano, la risultante, infinita, delle due direttrici, finite perché nascono, convivono e si spengono con la vita umana, è Dio.

In questo senso, Settembre racchiude in sé il significato intrinseco della vita umana, che nasce, cresce e termina sulla terra, ma continua in eterno attraverso la bellezza trascendentale del divino.

La serie Fronde Rosse, come si evince dalla prima tela, segna definitivamente la produzione di Paolo Salvati, perché in queste opere il colore, più che mai, assume le tonalità dell’anima, e lo spazio si trasforma in una dimensione assoluta in cui la creatività si nutre dell’esperienza, filtrata attraverso i dolori e i contrasti della vita quotidiana. La sola certezza consolidata è l’unione dell’anima, presenza assoluta dentro di noi, con l’infinito, verso una dimensione altra da proporre come presenza viva e trascendente. Il colore per Paolo Salvati diventa voce dell’anima, allo stesso modo in cui per l’astrattista russo Vassily Kandinsky il colore diventa strumento visivo per ascoltare la musica, quella suonata come quella interiore.

Albero blu su Fronde Rosse (olio su tela, 1999) e Fronde Rosse su un bosco di Alberi Blu (olio su tela, 2000), riprendono un soggetto dipinto da Paolo salvati nel 1973 – l’albero blu, appunto- per descrivere la precarietà della condizione umana, intrisa del carico emotivo conferito al colore.

Le sfumature cromatiche e la pennellata istintiva e poco precisa, prettamente impressionista, rimanda ad alcuni particolari delle ninfee o delle cattedrali di Claude Monet, confermando la gratitudine dell’espressionista romano per la pittura di fine Ottocento.

L’impostazione dell’immagine, soprattutto nei rami scheletrici dell’albero blu, e il senso intimo della composizione, richiamano invece alcuni assunti dell’arte di Egon Leon Adolf Schiele (1890- 1918), pittore austriaco che, insieme a Oskar Kokoschka, inaugurò la stagione del primo espressionismo viennese. Nel 1912, l’espressionista austriaco dipinse Autunno domenica e alberi, natura che Paolo Salvati riporta nella sua opera. Il soggetto preferito di Egon Schiele fu certamente il corpo umano, angosciato e disfatto, fisicamente e moralmente. Una vita tormentata quella dell’artista viennese, allievo di Gustav Klimt, che si tradusse in un’arte altrettanto complessa e tagliente, in cui la sofferenza umana e, in generale, della condizione umana, fu descritta sotto tutte le forme possibili, anche all’interno di un paesaggio autunnale. ( Egon Leon Adolf Schiele, Autunno domenica e alberi, collezione privata, olio sui tela )

Allo stesso modo, Paolo Salvati attraverso il suo Albero Blu, immerso in una natura luccicante di vita e di colori, rappresenta la volontà umana di restare in piedi, nonostante i segni e i dolori del tempo.

I rami dell’albero diventano così simbolo della condizione umana, finita per natura biologica, che tenta di avvicinarsi al trascendente mantenendo i legami con la vita terrena, determinando un ponte uomo – natura dalla piena compiutezza emotiva.

Impressionante la variazione di significato che l’artista romano conferisce al colore, principale strumento comunicativo esistenziale. In Albero blu, leggiamo una serena pace finale nel tendere dell’albero – uomo verso la natura trascendente, segno della liberazione dell’anima dal peso delle sofferenze insite nella condizione terrena dell’uomo. In Fronde Rosse su bosco di Alberi Blu, invece, è evidente una profonda inquietudine nella pennellata e nelle sfumature cromatiche, simbolo di una tensione dell’albero – uomo ancora in atto, carico del peso dell’esperienza terrena. Tuttavia, Paolo Salvati anche in questa tela profondamente carica di tensione, rende vivo il senso finale dell’esistenza umana, volta a una contemplazione spirituale della divina bellezza della natura, attraverso il raggio luminoso che, dalle nuvole, si fa spazio nella parte superiore della tela per accarezzare, con il suo calore luminoso, un frammento di terra. Il tutto a confermare che le fatiche terrene affrontate dall’essere umano troveranno conforto nella dimensione trascendente di Dio.

In Fronde Rosse (olio su tela, 1993), emerge chiaramente la trascendenza della bellezza naturale, in una composizione divisa in due sezioni definite da una diagonale.

Nella sezione destra della tela, l’elemento naturale del bosco e del fiume sono descritti con una poesia cromatica carica di potenza espressiva. Sembra dileggere le parole dello scrittore Stephen Littleword, per cui l’autunno si veste di “rosso, porpora, mischiati al verde e marrone [..] come una coperta a scaldare i [..] sogni, le [..] speranze per custodirli per tutto l’inverno”, mentre il fiume incanta lo sguardo con il suo lento scorrere, colorato con sfumature smeraldo .

Nella parte superiore dell’opera, invece, Paolo Salvati sembra voler consegnare al tempo, e all’arte, il suo credo più intimo. Centralmente, una montagna, che richiama la Pietra blu dipinta nel 1973- 1974, simbolo del viaggio della vita che ognuno di noi è chiamato ad affrontare. Sullo sfondo, un cielo dalle tonalità delicate, che lascia intravedere la serenità pura della natura, riflesso dell’animo umano al termine del proprio percorso terreno. Sospesa in aria, una nuvola – angelo, che si mimetizza con il cielo, e si erge a punto di riferimento per il lungo cammino dell’Io verso mete altre, immateriali, di libertà totale.

Emozione su Fronde Rosse (olio su tela, 2002), invece, appare come una successione orizzontale di linee di colore. Una tavolozza autunnale che, simbolicamente, potrebbe rappresentare la tavolozza emotiva del suo autore, delineata in una delle ultime opere della serie, testamento emozionale dell’arte di Paolo Salvati.

Attraverso successioni cromatiche dai contorni definiti, realizzate con pennellate decise e piene, intrise di tecnica impressionista e di genialità manuale ripresa dall’olandese Van Gogh, l’opera appare come un viaggio ascendente dal color bruno della terra alle nuvole informi del cielo. Un’ascensione che mantiene il legame terra – cielo vivo, grazie alla fronda rossa dell’albero che si mischia con l’azzurro sfumato delle nuvole. In una composizione apparentemente serena, vediamo la profonda inquietudine interiore di Paolo Salvati, nel suo lottare quotidiano con la vita, di cui l’uomo riporta cicatrici indelebili, alla ricerca di quella sensazione di libertà totale che l’artista romano riuscì a trovare unicamente nella sfera spirituale e nella sua arte.

Il viaggio visivo ed emozionale di Fronde Rosse si conclude con Strade di paese (olio su tela, 2001), opera che racchiude nei perimetri della cornice il senso della memoria e del ricordo.

Al centro, una strada, come direttrice del cammino, verso un orizzonte indefinito. Lateralmente, una sequenza di caseggiati di cui si leggono le linee geometriche essenziali, svestiti di qualsiasi particolare riconducibile a un luogo certo. A cornice del paesaggio umano, alberi dai tronchi stretti e affusolati e fronde dalle cromie rosate, a introdurre un cielo tenue e delicato, punto di arrivo finale della composizione e dello sguardo di chi si trova ad osservare l’opera.

L’arte è per definizione strumento di immaginazione, nel suo compito di consegnare al fruitore spunti comunicativi essenziali, da elaborare attraverso il pensiero. Facendo propri gli strumenti concessi dall’opera, ci si immerge in essa e si diventa protagonisti di un vagabondaggio emotivo lungo questa strada dai contorni incerti, che conduce verso un arrivo da scoprire, e da vivere attraverso il proprio bagaglio di esperienza e di vissuto.

Nel 1919 Giuseppe Ungaretti lasciò a un brevissimo e celebre componimenti, Soldati, inserito nella raccolta Allegria di Naufragi, il compito di esternare il suo pensiero intimo sulla tragicità della condizione umana, segnata dal dramma della Grande Guerra.

Si sta come

d’autunno

sugli alberi

le foglie

Il collegamento autunno – foglie – uomo conta una ricca tradizione letteraria, che spazia dalla Bibbia ai poemi omerici, dalle Eneide di Virgilio a un passo dell’Inferno dantesco. Paolo Salvati è considerato artista poliedrico, capace di concentrare nella sua arte linguaggi variegati, con richiami adambiti artistici diversi, essenziali per dare forma alla sua personale idea di arte, intesa come incubatore della memoria umana. In Strade di paese forte è il legame con il pensiero ungarettiano, e in alcuni frammenti delle opere di Paolo Salvati si leggono spunti diretti alla poesia ermetica, creata appositamente per esprimere concetti profondi attraverso costrutti verbali essenziali.

Nella sua produzione più matura ed emotivamente sentita, dunque, Paolo Salvati utilizzò alberi, fronde ricche di foglie, corsi d’acqua dallo scorrere infinito, cieli avvolgenti e strade da scoprire, per dare forma e consegnare alla storia una riflessione intima e pura sull’assurdità, e intrinseca finitudine, della condizione umana, che non può in alcun modo sfuggire al dolore e alla morte.

Unica salvezza per l’artista e uomo Paolo Salvati è quella dell’anima che, attraverso la memoria e il ricordo, fermati nell’arte, potrà sopravvivere alla caducità del vivere umano.

L’eccezionalità dell’arte di Paolo Salvati, come storicamente accaduto a numerosi artisti che hanno scritto la storia dell’arte moderna, è stata riconosciuta troppo tardi perché l’autore potesse goderne il plauso, nonostante il titolo di Illustre Maestro, che difficilmente si concede a un artista che non gode di particolare visibilità mediatica o di mercato. Il suo operato dal 2009 è fruibile sul Catalogo dell’Arte Moderna Giorgio Mondadori, “Gli artisti Italiani Dal Primo Novecento a oggi”, e dal 2013 sull’Enciclopedia d’Arte Italiana, ma ancora oggi pochi conoscono e sanno interpretare il linguaggio geniale e intriso di vita dell’artista romano.

Paolo Salvati fu un “artista pittore da sempre”, come egli stesso amava definirsi, e la sua figura è illustre non solo per riconoscimento istituzionale, ma soprattutto perché lo racconta la sua straordinaria produzione artistica, e per la scelta di difendere la sua libertà di uomo e di artista, vivendo di un’arte pura e affrontando con dignità le sconfitte imposte dalla vita.

Scegliendo di rimanere fuori dal sistema arte – mercato, l’Illustre Maestro non trovò riconoscimento del suo operato nella compravendita e successo commerciale delle sue opere, ma unicamente nell’emozione che la sua opera sapeva scaturire nell’animo umano.

L’artista deve necessariamente essere libero, e l’arte deve naturalmente essere scrigno della memoria e strumento di riflessione emotiva, perché la sua missione possa considerarsi compiuta.

Un grande uomo e un artista libero, Paolo Salvati, profondamente convinto che, come affermò egli stesso, “il cielo tra i campanili di Sant’Agnese in Agone era sempre il frammento e piacevole dettaglio della mia libertà”.

Storica dell’Arte, Dott.ssa Giada Boasso

Torino, ottobre 2015

in Memory of the Masterly

Paolo Salvati 1939-2014

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