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La prima lezione di Architettura insegnata in tutti gli istituti, rimane quella di Le Corbusier: “La casa è una macchina per abitare”. L’architetto Nicola Pagliara (1933), professore della Facoltà di Architettura della Federico II di Napoli, nel corso dei suoi studi e viaggi, ha esteso la sua visione architettonica, analizzando la città non solo come un insieme di spazi abitati ma essi stessi viventi, organismi in fermento dotati di un’anima, un cervello e un destino. Dalla prima giovinezza, la curiosità per la forma e la dimensione lo spinge da Vienna alla Grecia, dal Medio Oriente agli Stati Uniti, accompagnato sempre dalle sue macchine fotografiche, la Rolleiflex e l’Hasselblad 500. A distanza di anni, per l’architetto, queste foto hanno acquistato un valore personale ed emotivo dove sono percepibili il continuo desiderio di ricerca della bellezza. Così nasce il suo Grand Tour, progetto fotografico in esposizione negli spazi napoletani della galleria di Lia Rumma e presentato in occasione di una conferenza. Pagliara è colpito dai momenti più umani, in alcuni casi appartati e, proprio per questo, la mostra prende il nome di “A Margine del Grand Tour”.
La documentazione fotografica ottenuta diventa poi materiale di studio, diretto non solo a se stesso ma anche ai suoi allievi. Ciò che vuole mostrare è un punto di vista diverso da quello accademico, presentato sui libri, non solo per la spazialità ma anche perché, nei suoi scatti, Pagliara cerca di catturare «un’immagine nella quale l’architettura era l’uomo con le sue debolezze». Per questo, spesso, l’edificio appare sullo sfondo, lasciando interamente la scena alla quotidianità. L’architettura diventa una scenografia, come nel caso del Bacio dove le colonne del Looshaus di Vienna sono al margine dell’azione e diventano puro ornamento, quasi a sbeffeggiare Adolf Loos, pioniere del razionalismo. (Michela Sellitto)
Sopra: Nicola Pagliara, Rendering del progetto Coropolis
Home page: Nicola Pagliara, Ritratto