13 ottobre 2009

Ma Roma non era una città disinteressata all’arte contemporanea? E invece al Mattatoio…

 

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68839(1)Sarà il cognome, che per entrambi suggerisce richiami veneti, ma qualcosa accomuna Pierpaolo Barzan – mecenate della nuova fondazione Depart – e il noto organizzatore di mostre Marco Goldin. E questo qualcosa pare essere la capacità di attrarre pubblico in un evento d’arte.
Di Goldin si sa tutto, Barzan – imprenditore giramondo – è invece ancora una novità nel panorama artistico nazionale. Novità ancor più inaspettata è, poi, il successo che sta riscuotendo la mostra New York Minute che la fondazione di Barzan, insieme al Macro, ha organizzato e presentato negli spazi dell’ex-mattatoio di Roma. Exibart è venuto in possesso dei dati di accesso delle passate settimane, che certificano coi numeri la sensazione di una mostra che si avvia a segnare uno spartiacque nella storia degli eventi d’arte contemporanea nella Capitale.
Non tanto per l’opening-monstre da 7mila visitatori. Non tanto per gli eventi collaterali, come un recente happening musicale da 2500 presenze nonostante il diluvio. Ma soprattutto per i dati relativi ai visitatori paganti, quelli che nei musei d’arte contemporanea a Roma e non solo a Roma storicamente scarseggiano.
Sarà il fascino di New York. Sarà che un compendio così ampio sulla attuale scena creativa americana non è facile da incontrare neppure negli Usa. Sarà l’attenzione ad una promozione anche fuori dai soliti, classici canali, ma sta di fatto che i dati di accesso parlano di 1300 paganti il giorno successivo all’inaugurazione (tra questi molti di coloro che erano rimasti fuori la sera prima). E durante la settimana? Nonostante l’inusuale orario di apertura (16-24), la media dei visitatori infrasettimanali non scende sotto i 350, con picchi che sfiorano (o superano) le 1000 unità al giorno il sabato e la domenica. “E il biglietto è cumulativo” ci dice Tina Cannavacciuolo, responsabile amministrativa del Macro, “per cui il successo del Mattatoio sta portando molta gente anche alla sede centrale del Macro a Via Reggio Emilia”.
Insomma, la sensazione è che sarà assai difficile, dopo questo exploit, dichiarare che a Roma non c’è un pubblico interessato all’arte contemporanea. Un vero e proprio cambio di prospettiva. E si pensi che il Macro al Mattatoio non è un centro d’arte contemporanea confrontabile con i parigrado di Berlino, Parigi o Londra: è mal collegato, non ha servizi aggiuntivi (bookshop, ristorante), non ha parcheggi, non è segnalato. Il giorno in cui, nella Capitale, gli spazi per l’arte contemporanea avranno anche solo un ventesimo dei cartelli stradali che ha l’Auditorium, cosa accadrà…? (m. t.)

[exibart]

4 Commenti

  1. I numeri non sono necessariamente indice di buona qualità di un evento, ma semplice indice di una buona operazione di marketing. Dobbiamo capire cosa vogliamo veramente. La maggior parte (ma non tutte) delle opere esposte avevano un pò la pretesa di colpire lo spettatore, con il risultato che nulla ci colpisce veramente e ciò che rimane della mostra è un confuso ricordo di cose già viste e un pò autoreferenziali. Sembra poi, che per dover sovraccaricare di stimoli lo spettatore si debba rinunciare ad una certa eleganza.

  2. Sono stato lunedì 12 ottobre al Macro e il giorno dopo (ieri) am MACRO FUTURE: due MONDI DIVERSI! Il primo, luogo di mondanità e incontro tra persone alle quali credo poco importi dell’arte, ma alle quali interessa,come avviene ai matrimoni e funerali, farsi notare insomma esserci. All’altro MACRO invece ho visto quasi tutti giovani, alcuni vestiti da punk, molti con il casco in mano che guardavano incuriositi i lavori esposti. E anche le opere erano appartenenti a DUE MONDI opposti e lontani, diciamo al MACRO quello europeo intimista e intellettuale e AL FUTURE quello americano estetizzante e povocatorio. Mi sembra che il collegamento tra le due mostre sia l’elemento più interessante che penso sia del tutto casuale come spesso avviene per le cose…azzeccate! Dario Cusani

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