12 marzo 2010

Cattelan, Alemani, Gioni. Festa Made in Italy per il decennale della Tate Modern

 

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45 milioni di visitatori, che ne fanno il museo d’arte moderna più visitato al mondo. 52 mostre, e oltre 135 performance artistiche di vario genere. Complessivamente, un “giro d’affari” stimato in 110 milioni di euro, per la città. Parliamo di Londra, e le cifre si riferiscono alla Tate Modern, ai suoi primi dieci anni, che si celebreranno a maggio prossimo.
Un anniversario importante dunque; e che fa, il mega-museo inglese, per celebrare degnamente la ricorrenza? Si affida al Made in Italy. Ovvero apre le porte della Turbine Hall al festival No Soul For Sale, copyright Maurizio Cattelan, Cecilia Alemani e Massimiliano Gioni. Già presentato alla sua prima edizione nel giugno dello scorso anno presso X, il centro d’arte non profit nella ex sede del Dia Center for the Arts a New York, il festival chiama a raccolta i più creativi centri d’arte non-profit a livello internazionale.
Tra quelli che hanno già accettato l’invito ci sono ArtHub (Shanghai) Artist Space (New York) e-flux (Berlino), PiST (Istanbul), Latitudes (Barcellona), no.w.here (Londra), Loop (Seoul), Tranzit (Praga), Viafarini (Milano), White Columns (New York) e Y3K (Melbourne).

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www.tate.org.uk

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4 Commenti

  1. Tutto molto bello e commovente. Ma se non riflettono profondamente su alcuni codici, possono anche coinvolgere bukingum palace o la casa bianca ma correranno sempre sul posto.

    Cosa farà Viafarini che negli ultimi anni ha saputo presentare unicamente “i vestiti dell’imperatore milovan”???

    Commento a parte merita la freschissima mostra di giulio frigo ora presso viafarini. Frigo si sforza, tanto da tramortirsi con un sonnifero dentro al suo spazio. Creando uno spazio bypassa le problematiche dell’oggetto ma recupera eredità imbarazzanti dal postmodernismo. Questa mostra non potrebbe sembrare una sala mostra? Uno stand fiera raffinato e vuoto?:

    http://arte-milano.blogspot.com/2010/03/giulio-frigo-la-razionalitaquando-e.html

    Io sono per la critica costruttiva, cerco di proporre anche un alternativa…nella misura in cui non subisco oscurantismo e censura…ovviamente…

  2. Caro Luca, chiariamoci: il problema non sono i vestiti dell’imperatore, quanto il fatto che lui si comporti da tale e che dica ai giovani artisti “io posso farti diventare qualcuno o posso distruggerti”. Cosa che mi hanno riferito già due artisti che sono rimasti shoccatati da tanta arroganza.

  3. Ahperò! Simpatico. Non voglio fare processi sommari, ma se fosse vero sarebbe peggio di quello che immaginavo.

    Nell’incontro con Cavallucci, Farronato sostiene che lui lavora con i giovani in termini di palestra. Sembra che questa “palestra” fornisca l’alibi affinchè vada bene tutto e il contrario di tutto. E invece non è vero. Perchè quando un giovane esce dall’università, anche se giovane deve confrontarsi col mondo del lavoro. Troppo facile nascondersi dietro artisti peterpan, eternamente giovalistici, intorno ai quali può succedere tutto e il contrario di tutto.

    Io mi auguro che questa tua testimonainza, Daniele, non sia vera.

    Questo atteggiamento arrogante e snob non ha più senso. E non serve a nulla. Basta guardare come Viafarini, da qualche anno, viva un profondo decadimento. Non mi sembra che possa assicurare alcun successo come nemmeno la “distruzione” di un artista. Basta guardare la programmazione degli ultimi anni. Dove sono gli artisti di Viafarini?

    Ma non è questione di viafarini sì, viafarini no. Il punto (e non mi stancherò di ripeterlo) è un linguaggio affaticato. Da qualche anno e forse più l’arte contemporanea, dopo gli ultimi sussulti degli anni 90, sta iniziando a a fare il verso a se stessa. I giovani artisti appaiono come accessori utili alla dinamica di un sistema. Accessori intercambiabili che sviluppano, nel migliore dei casi, l’artigianato della migliore arte contemporanea. E quindi una noiosa burocrazia della creatività, spesso pretenziosa e abbandonata ad un relativismo per il quale può andare bene tutto e il contrario di tutto. Il giochino è semplice. E’ sufficiente unire qualche riferimento colto ad un buono standard formale. Non vorrei appariere qualunquista, potrei anche entrare nello specifico: l’ultima copertina di kaleidoscope, in italia francesco barocco.

    Non mi riferisco al legittimo sviluppo dei migliori artisti del 900. Non è neanche questione di smaterializzare l’oggetto. Gli artisti che preferisco sono quelli la cui urgenza è così forte da mettere in secondo piano qualsiasi loro “prodotto”. Allora sì, in questo caso l’opera-oggettuale diventa uno squisito testimone di quell’urgenza. Spesso questa urgenza non esiste, e prevale inevitabilmente una sorta di “ikea evoluta”.

    E’ chiaro che oggi, i giovani artisti non hanno di fronte un compito facile. Ma non credo che per nessuna generazione si mai stato facile. Io dubiterei molto di quei giovani artisti che troppo facilmente vengono rimpallati da una situazione all’altra. E’ evidente che in questi casi c’è il compiacimento di un certo ordine precostituito. Quindi l’assenza di una tensione che deve essere l’anima del contemporaneo.

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