10 aprile 2010

Back to the Future, batte i primi colpi l’Artissima targata Manacorda

 

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73341Prende le mosse con largo anticipo, e con un annuncio che conferma la probabile accelerata sul fronte internazionale. Parliamo di Artissima, che come primo step dell’era Manacorda annuncia per l’edizione 2010 una nuova speciale sezione, Back to the Future.
Obbiettivo dichiarato, “riscoprire e di attrarre l’interesse degli operatori del settore, dei collezionisti e del grande pubblico su artisti che hanno avuto un limitato riconoscimento negli ultimi decenni ma il cui lavoro è oggi particolarmente significativo”.
La nuova sezione, riservata a un numero massimo di dieci gallerie, prevede stand monografici dedicati ad artisti attivi tra gli anni ’60 e ’70, con mostre che dovranno comprendere esclusivamente lavori prodotti dall’artista tra il 1960 e il 1979.
La selezione dei progetti sarà curata da un Comitato Scientifico formato da tre curatori di collezioni museali: Christine Macel, Curatrice Centre Pompidou, Parigi; Jessica Morgan, Curatrice Contemporary Art, Tate Modern, Londra; Massimiliano Gioni, Direttore Progetti Speciali New Museum of Contemporary Art, New York e Direttore Artistico Fondazione Nicola Trussardi, Milano.

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[exibart]

5 Commenti

  1. Quest’idea mi sembra buona. L’ ossessione di presentare sempre giovani artisti, sempre buoni solo perche’ giovani sta assumendo toni da avanspettacolo. Una foga giovanilistica in cui gli stessi giovani protagonisti (che 10-15 anni fa erano i mid career di oggi) sono le prime vittime. Forse questa sara’ un ‘occasione per sorprendersi.

  2. questo surrealismo pop risulta stucchevole al pari (forse piu’) dell’ikea evoluta,propaggine dello smart relativism (forma cool citazione colta). abbiamo veramente bisogno di questi piccole fughe delidenti??? Allora non e’ meglio un buon film? e se vogliamo arredare una parete di casa, ci sono studenti usciti dall’accademia che con photoshop fanno di tutto. Andiamo da loro, risparmiamo e li aiutiamo.

  3. ciao luca. la cosa divertente è che stai scrivendo solo un blog come mille altri (come intelligentemente ammetti tu stessa, vedi i tizi americani-russi): dacci un’occhiata: le stesse argomentazione sulla sintesi dei ruoli nel blog, sulla non monoliticità della propria identità e sulle possibilità della crisi. Credo sia rilevante questo appiattimento delle espressioni, come whitehouse, che si propongono complementari e autosufficienti rispetto al sistema.

    è buffo, quindi, che whiteh. appaia intercambiabile con mille altri blog sia sul piano dei contenuti (scrivi cose che si leggevano già da qualche anno a questa parte in altri blog), sia nelle forme, (il mitico “linguaggio”), con cui questi contenuti, talvolta noiosetti/…, tentano d’essere veicolati.

    non so, mi dispiace che, pure sul campo della complementarità al sistema, all’estero lo fanno meglio: poi sarà la mia superficialità a rendermi pesantino, ora come ora, il tuo racconto per la biennale (per non parlare delle tue corkiniane autointerviste _ forse un tantino seventies: ma, come sagacemente palesi con il tuo operare, è dura non adottare non-strategie novecentesche _ vedi tattiche sessanta-settanta di “presenza” alla mostre degli altri o, anni novanta, “fare” mostre con le “cose” di colleghi, talvolta inconsapevoli, talvolta …)

    interessante pure la tua fascinazione verso “pratiche curatoriali” all’estero, (vd tuo post vo”cura”torres), l’individuazione dell’emergere di una (salutare) pratica curatoriale ibrida ed l’oramai tua consueta indicazione dei limiti di una certa giovane arte italiana. Diventa quindi prepotentemente insipido il tuo stesso sintetizzare la pratica curatoriale/artistica/altro nello strumento blog, apparendo ogni tua analisi/azione piacevolmente in differita rispetto al contemporaneo. Nella giusta e fisiologica ricerca di (auto)legittimazione della tua “pratica ibrida”, con una lettura spesso imprecisa, omologante e livellante dei “colleghi”, apporti critiche, suggerimenti e x ad un “sistema” il cui viscoso e salutare abbraccio t’ha da molto tempo intelligentemente stretto (non a caso la stessa urgenza del blog, “questo tuo continuo pensare, rimuginare” si è come cristallizzato, divenendo prevedibile e rassicurante , producendosi in una sorta di BEPPEGRILISMO AUTOREFERENZIALE)

    sarebbe bello, infine, che gli “operatori silenti” non ti rispondano non tanto perchè la tua attitudine sia in qualche modo problematica/incisiva/interessante/altro, ma per un eccesso di “tizi” che vogliono interloquire con loro: quindi, anziché immaginare un tempo in cui tutti possano esporre ovunque (per misurarsi, finalmente, sui fantomatici contenuti), perchè non fantasticare sul cortocircuito di gente con caselle di posta elettronica intasate di richieste di interviste/chiarimenti/collaborazioni/duelli, le cui mancate risposte scatenano magnifici disappunti, brillanti e gratuite interpretazioni ed iperboliche reazioni in milioni di piattaforme sintetiche e cervellotiche, blog, in cui si riproducono allegramente le amenità del secolo scorso.

    (ti prego, non giustificarti con “questo è il mio blog, libero di non leggere” _ smart cretinism_ o con il discorsetto che non sei l’asl ma un “fanciullo”, che fa tanto risposta di gioni per le interviste di c.)

    un abbraccio

  4. Ci pare un modo molto interessante di creare un dialogo col nostro presente, soprattutto quegli anni così dinamici e ricchi di stimoli. A proposito di ciò abbiamo visto una bella mostra a Londra proprio su alcuni gruppi attivisti alla Raven Row.

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