05 settembre 2010

Ricco, famoso, odiato Damien Hirst. Tornano le periodiche accuse di plagio…

 

di

Una Pharmacy di Hirst
Plagio o invidia? Frustrazione forse? Quando – e accade spesso – si alza qualcuno ad accusare Damien Hirst, c’è sempre questo pensiero ambiguo che ricorre. “Hirst vendendo le sue opere è divenuto uno degli uomini più ricchi della Gran Bretagna, mentre gli artisti ai quali si ispira faticano a sopravvivere”, è uno dei commenti ricorrenti, che tradisce però un’inevitabile invidia.
L’ultimo a tornare su questi temi, con un articolo sulla rivista Jackdaw, è Charles Thomson, artista e fondatore degli Stuckists, gruppo militante e a favore dell’arte tradizionale. Thomson cita quindici casi di plagio, fra i quali le vetrine della serie Pharmacy, che a suo dire si ispirerebbero agli scaffali creati negli anni ’40 da Joseph Cornell, uno dei quali battezzato proprio Pharmacy. Tra gli artisti che hanno accusato di plagio Hirst c’è anche il britannico John LeKay, che nel 1987 presentò una Crocifissione con un agnello morto, idea pare copiato poi da Hirst. Stesso discorso per l’americana Lori Precius, indignata per il silenzio sui suoi dipinti con ali di farfalle, che poi hanno contribuito alle fortune del “demonio” Damien.
Obbiezioni concrete, motivate o meno non sappiamo: ma che muovono da un approccio critico pressoché preistorico. Piaccia o meno, il successo di Hirst non è e non sarà mai legato alle qualità intrinseche – originali o copiate che siano – delle sue opere…

[exibart]

16 Commenti

  1. Sempre più mi convinco che tra le specificità ontologicamente definienti il linguaggio artistico contemporaneo una sia l’indeterminatezza dell’orizzonte semiotico: dove inizia e dove finisce il contenuto dell’opera d’arte? Se materialmente un mobile è identico a un altro, una volta che di uno si fa “opera d’arte” i suoi limiti artistici (=concettuali) travalicano, ovviamente, quelli materiali; per arrivare dove…?
    Nel caso specifico, “il plagio” si deve o non si deve (si può o non si può) considerare come riflessione sul tema e dunque parte integrante della poetica dell’artista (o comunque come uno dei livelli concettuali dell’opera, al di là delle intenzioni dell’artista) che informa di sé l’opera ponendola in essere?
    Penso che se una delle peculiarità dell’arte contemporanea sia “mostrare” ciò che altrove viene “detto”, non le si possa impedire di “plagiare” allorché il plagio divenga per essa (come è giusto che sia) materia di riflessione.
    Certo, l’artista meno famoso finirà col prenderlo in c..o da quello più famoso; ma anche ciò potrà costituire riflessione intrinseca all’opera. Qualcuno storcerà il naso, qualcun altro si lamenterà vivacemente, altri ancora denunceranno per plagio; ma (di nuovo) anche ciò potrà costituire riflessione intrinseca all’opera…
    Mi piace pensare (e sperare) che l’arte sia questo: senza limiti, senza regole, un territorio in cui tutte le domande sono possibile e tutte le risposte giuste, oppure né giuste né sbagliate; una modalità di espressione (finalmente) “al di là del bene e del male”.

  2. – Obbiezioni concrete, motivate o meno non sappiamo: ma che muovono da un approccio critico pressoché preistorico. –

    a parte il fatto che l’unica opera valida di tutta la carriera di damien hirst erano le mosche che nascono dalla carne putrefatta e vanno a morire sopra il neon non capisco il senso della frase sovrastante, l’approccio critico preistorico sarebbe una denuncia di plagio? forse ho inteso male

    – “il plagio” si deve o non si deve (si può o non si può) considerare come riflessione sul tema e dunque parte integrante della poetica dell’artista (o comunque come uno dei livelli concettuali dell’opera, al di là delle intenzioni dell’artista) che informa di sé l’opera ponendola in essere?
    Penso che se una delle peculiarità dell’arte contemporanea sia “mostrare” ciò che altrove viene “detto”, non le si possa impedire di “plagiare” allorché il plagio divenga per essa (come è giusto che sia) materia di riflessione.” –

    queste frasi mi fanno rabbrividire, qui si sta veramente esagerando in ogni campo artistico (arte, musica, cinema etc) è pieno di scopiazzature indegne che vengono ipocritamente riportate come ‘citazioni’ o addirittura leggo qui ‘riflessioni’ non so dove volete andare a parare ma le citazioni sui lavori altrui SE NON RIPORTATE ESPLICITAMENTE sono solo una forma di frode, quando si campiona un pezzo di musica per esempio i samples vanno riportati chiaramente in un’ipotetica pubblicazione, non parliamo se uno copia un intero brano, albano ha denunciato michael jackson e ha vinto la causa, o uno è bravo a copiare fagocitando nel proprio linguaggio ciò che lo ha colpito (chiamasi arte) o meglio evitare perchè a questo punto per quanto mi riguarda vista l’ipocrisia diffusa una situazione del genere andrebbe risolta solo con le mani, del tipo copiami pure tanto poi ti trovo

  3. trovo questo “articolo” di una discreta pochezza intellettuale. Utilizza ilo stesso misero trucchetto dell’invidia per spiegare senza argomentare che caratterizza la dialettica becera di una certa italietta. Da Exibart ci aspettiamo ben altre analisi.

  4. Un approccio critico per nulla interessante, non so se preistorico, è certamente quello per cui si valutano le opere in modo competitivo, secondo le dicotomie bello/brutto piuttosto che di valore/non di valore.
    Chissà da dove nasce questa esigenza di erigersi a giudici della presunta qualità di un’opera, e quale ritorno in termini di soddisfazione personale se ne possa ricavare. Fatto sta che, ovunque, la “critica da gara sportiva” imperversa; a partire dai continui concorsi indetti… e io ancora non riesco proprio a comprendere come si possa stabilire che un’opera è valida o meno, è migliore o peggiore di un’altra; anzitutto perché i confini di un’opera sono sempre labili se non inesistenti, e poi perché chi ci garantisce che la critica negativa che maturiamo circa un’opera non dipenda in realtà dai nostri limiti intellettuali?
    Un’opera d’arte ci può o non ci può interessare (magari perché non troviamo in essa ciò che vorremmo trovare… che, come detto altrove, è un po’ come mangiare carne lamentando di non sentire il sapore del pesce), ma questo è un problema nostro non dell’opera o dell’artista che la realizza.
    In fin dei conti non mi sembra così difficile mettere per un po’ da parte la veste del giudice di gara e provare a rapportarsi all’opera cercando semplicemente di cogliere ciò che l’opera contiene e magari riflettere su questo contenuto, senza bisogno di mettere se stessi e le altre opere in competizione con essa.

  5. @hm: sulla questione del plagio ti leggo molto coinvolto, e il coinvolgimento è energia che può essere sempre declinata in modo proficuo. Anziché menar le mani sarebbe interessante provare a convogliare questa tua energia in ambito creativo: se non l’hai ancora fatto, perché non provi a realizzare qualcosa che rifletta e faccia riflettere circa la questione del plagio in ambito artistico? Sarebbe interessante, no?
    Si potrebbe, per es., realizzare un’esposizione in cui far dialogare tra loro opere esplicitamente citazioniste (o plagiatrici, per qualcuno)con opere che, di contro, denunciano il plagio.
    Che ne dici?

  6. @svelarte
    scusa ma secondo me non c’è molto da riflettere a proposito del plagio, è un atteggiamento infimo di suo che non penso abbia bisogno di ulteriori spiegazioni. inoltre tra citazione e plagio dovrebbe esserci molta differenza, la citazione per essere definita tale deve essere riconoscibile e specifica in un certo differente contesto non essere il motivo trainante dell’opera altrimenti è plagio. magari su hirst ho esagerato ma mi sembra oggettivo che abbia fatto lavori sempre più banali, i primi erano sicuramente migliori. andare a caccia di farfalle non mi sembra fare arte, soprattutto quando non vai nemmeno a caccia ma le compri cacciate da qualcun’altro

    @occhiale
    hirst è tutto tranne che divertente, mi sa che non lo hai capito molto. sarà colpa degli occhiali o forse delle lettere maiuscole

  7. Io ritengo invece che su ogni cosa ci possa essere molto da riflettere, tutto sta nell’interesse che vi si pone. Sul tema del plagio o presunto tale in ambito artistico puoi trovare qualche spunto qua:

    http://www.ideasinthemaking.net/appropriation.html

    http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2010/03/03/copia-caso-prestito-plagio-o-cosa/

    (spero compaiano i link)

    Interesse che, tra l’altro, non si limita alla dimensione etica ma, per es., anche a quella ontologica dell’opera d’arte…

    Per quanto riguarda Hirst, premesso che tutto può essere arte – se lo può essere uno scolabottiglie figuriamoci se non può esserlo cacciare farfalle -, il punto potrebbe essere stabilire la qualità dell’opera. Come ho già detto, però, non è cosa che mi interessa; preferisco fermarmi a riflettere su quello che un lavoro contiene (se mi interessa) e/o sugli effetti che produce (i quali possono sempre essere considerati parte integrante dell’opera).
    Tu parli di “lavori sempre più banali”, può essere… Ma se provassi a spostare un poco il punto di osservazione sull’opera, l’orizzonte interpretativo, potresti cominciare ad assumere la banalità che l’opera esprime come un fattore interessante, che svela realtà o dimaniche su cui riflettere.
    Prendiamo, un esempio a caso, l’ultima “merda” di McCarthy. Che sia un lavoro in sé banale, che non richiede alcuno sforzo concettuale e creativo è indubbio, e se la nostra critica sull’opera si limita a questo (come pare aver fatto Caliandro sull’ultimo numero di exibart.onpaper) è ovvio che la scarteremo subito; ma cosa ci avremmo guadagnato? Forse, però, mettendo un attimo da parte la tentazione alla stroncatura, potremmo cogliere molti altri piani di realtà dell’opera: L’opera è senz’altro banale eppure se ne parla molto; non è forse questa una cosa su cui riflettere?, forse l’opera è VOLUTAMENTE banale, perché ciò che intende fare è riflettere sulla banalità dell’arte contemporanea. L’opera pur essendo una “merda” fa scandalo (o meglio scandalizza una certa Italia); di nuovo, non è forse questa una cosa su cui riflettere?, forse l’opera contiene in se anche questo aspetto: come possono certe cose, certa arte, scandalizzare (magari solamente in superficie) ancora?
    Perché partire sempre dal presupposto che l’artista sia un coglione che non sa fare nulla di meglio? Del resto, queste “merdate”, se non le realizza un artista famoso che, in quanto tale, può esporre di tutto, chi le potrebbe realizzare?, o meglio: chi le potrebbe esporre? Perché non provare a ipotizzare, dico ipotizzare, che McCarthy non sia affatto imbolsito (come dice sempre Caliandro), ma che sia consapevole della possibilità che egli ha per farci riflettere su questioni sulle quali un artista sconosciuto non avrebbe possibilità di farci riflettere, perché nessuno esporrebbe una merda di un artista sconosciuto (e anche questo potrebbe essere un aspetto su cui riflettere).
    Insomma, tutte possibilità di riflessione (che magari a qualcuno non interessano, ma questo è un problema di quel qualcuno, non dell’artista) che le cacate di McCharty o magari di Hirst possono senz’altro concedere. Altre opere, altri artisti, condurranno a riflessioni diverse, magari per alcuni più profonde; ma la realtà è fatta anche di cose banali (ma anche questo è soggettivo), e ben vengano quegli artisti che si interessano anche a questi aspetti.

  8. @virgola punto puntoevirgola: grazie del complimento.
    Mettiamola così: se ti dicessi chi sono/siamo continueresti a non aver la minima idea di chi sia/siamo 🙂 pertanto…

  9. @svelarte

    -Ma se provassi a spostare un poco il punto di osservazione sull’opera, l’orizzonte interpretativo, potresti cominciare ad assumere la banalità che l’opera esprime come un fattore interessante-

    sinceramente non mi interessa chi esprime banalità per denunciare banalità, allora è meglio franco bisio o checco zalone che peraltro non affronto

    -L’opera è senz’altro banale eppure se ne parla molto; non è forse questa una cosa su cui riflettere?, forse l’opera è VOLUTAMENTE banale, perché ciò che intende fare è riflettere sulla banalità dell’arte contemporanea.-

    sì vabbè e quindi? è un cane che si morde la coda oltre a essere roba vecchia, la realtà è che la maggior parte della gente non è scandalizzata ma solo schifata

    -Perché non provare a ipotizzare, dico ipotizzare, che McCarthy non sia affatto imbolsito (come dice sempre Caliandro), ma che sia consapevole della possibilità che egli ha per farci riflettere su questioni sulle quali un artista sconosciuto non avrebbe possibilità di farci riflettere, perché nessuno esporrebbe una merda di un artista sconosciuto-

    sì ovvio ma il punto è che mi sembra che un tot di artisti vengano venerati solo per la firma quando in realtà si mettono a fare delle gran stronzate chiaramente per soldi e basta, da vinci per esempio non stava a ragionare sulla banalità e nonostante in tutta la sua vita abbia fatto 15 quadri ancora oggi ha gente adorante che sbava per vederlo, la realtà è che per ogni artista contemporaneo attuale ci sono max 5-6 opere significative che valga la pena di ricordare, in quest’ottica farne 15 fondamentali sarebbe una cifra immensa. inutile se non si ha niente da dire riflettere sulla propria banalità che egoisticamente si attribuisce a tutti, se per esempio all’inaugurazione del sopracitato si andasse con un secchio a tirargli merda in faccia magari l’artista potrebbe riflettere ancora meglio sulla sua b-analità e sul fatto che la sua incontinenza abbia innescato una reazione banale quanto la merda proposta, sarebbe anche un’opera interattiva tra l’altro, tutti a tirargli merda in faccia come coinvolgimento emotivo per lo schifo generato dalla sua merda

  10. @hm:quello che scrivi lo avevo inteso nel tuo precedente commento, e nel mio precente ti avevo risposto; posso pure ribadire, ora… poi magari passiamo ad altro, d’accordo?

    1)”sinceramente non mi interessa chi esprime banalità per denunciare banalità, allora è meglio franco bisio o checco zalone che peraltro non affronto”

    Che a te non interessi è del tutto legittimo; ma, ripeto, il problema è tuo, non dell’opera o dell’artista che la realizza.
    Per quanto riguarda Bisio, Zalone e similia, non cado in contraddizione e ribadisco che in tutto è possibile trovare stimoli di riflessione: Bizio, Zalone, Mariadefilippi, Grandefratello, quello che vuoi; è solo questione di scegliere il livello di realtà su cui muovere l’approccio critico e di consapevolezza della fruizione

    2) “sì vabbè e quindi? è un cane che si morde la coda oltre a essere roba vecchia, la realtà è che la maggior parte della gente non è scandalizzata ma solo schifata”

    Sì, può essere sia un cane che si morde la coda e che sia roba vecchia; ma per quanto vecchia forse, dico forse, può essere ancora utile – in ambito estetico, per dirne una, vi sono importanti teorie ontologiche extratestuali (vedi Danto, Nanni ecc.) per le quali il riferimento al ready-made è fondamentale; roba vecchia – il ready-made – ma data l’ignoranza che dilaga in ambito artistico (artisti, curatori, collezionisti, fruitori ecc.) sulla questione dello statuto ontologico dell’opera d’arte (si fa arte ma non si sa cos’è…)continuare a utilizzare tale linguaggio (il ready-made, dico) non è poi così sciocco, da questo punto di vista.
    Daltro canto non comprendo il “nuovismo” a tutti i costi, e non comprendo (ma anche questo l’ho già detto) questo continuo bisogno di emettere giudizi di valore: “questo è già stato detto, questo è già stato fatto”; che m’importa?, non sono l’addetto a sventolar bandiera sull’arrivo del gran premio di formula uno, nteressano i contenuti: nell’economia di una fruizione a scopo di crescita individuale che rilevanza ha il fatto che siano originali o meno??

    3)”sì ovvio ma il punto è che mi sembra che un tot di artisti vengano venerati solo per la firma quando in realtà si mettono a fare delle gran stronzate chiaramente per soldi e basta, da vinci per esempio non stava a ragionare sulla banalità e nonostante in tutta la sua vita abbia fatto 15 quadri ancora oggi ha gente adorante che sbava per vederlo, la realtà è che per ogni artista contemporaneo attuale ci sono max 5-6 opere significative che valga la pena di ricordare, in quest’ottica farne 15 fondamentali sarebbe una cifra immensa”. inutile se non si ha niente da dire riflettere sulla propria banalità che egoisticamente si attribuisce a tutti

    Qui mi pare ti contraddica, correggimi se sbaglio.
    Dici: “inutile se non si ha niente da dire riflettere sulla propria banalità che EGOISTICAMENTE SI ATTRIBUISCE A TUTTI”; eppure due righe sopra affermi tu stesso che “PER OGNI artista contemporaneo attuale ci sono max 5-6 opere significative che valga la pena di ricordare”.
    Dunque codesta banalità non è un carattere di pochi che, egoisticamente, attribuiscono a tutti; ma un problema diffuso in ambito contemporaneo. Pertanto è bene riflettervi, credo.

    4) “se per esempio all’inaugurazione del sopracitato si andasse con un secchio a tirargli merda in faccia magari l’artista potrebbe riflettere ancora meglio sulla sua b-analità e sul fatto che la sua incontinenza abbia innescato una reazione banale quanto la merda proposta, sarebbe anche un’opera interattiva tra l’altro, tutti a tirargli merda in faccia come coinvolgimento emotivo per lo schifo generato dalla sua merda”

    Ooh su questo concordo! Più che legittimo rispondere merda a merda!
    Ma ben inteso che, se lo si facesse, si finirebbe con l’ammettere che la provocazione di McCarthy ha provocato, e se una provocazione provoca è una provocazione riuscita, ossia una provocazione vincente 🙂

  11. -Dici: “inutile se non si ha niente da dire riflettere sulla propria banalità che EGOISTICAMENTE SI ATTRIBUISCE A TUTTI”; eppure due righe sopra affermi tu stesso che “PER OGNI artista contemporaneo attuale ci sono max 5-6 opere significative che valga la pena di ricordare”.
    Dunque codesta banalità non è un carattere di pochi che, egoisticamente, attribuiscono a tutti; ma un problema diffuso in ambito contemporaneo. –

    volevo solo dire che è inutile riflettere su quello che non si ha da dire, meglio il silenzio. non credo sia un problema diffuso in ambito contemporaneo ma è sempre stato così nella storia dell’arte, le opere da ricordare per ogni artista si limitano a 5-6 nella migliore delle ipotesi (di solito 2-3 ma anche zero nel 90% dei casi)

    -Ma ben inteso che, se lo si facesse, si finirebbe con l’ammettere che la provocazione di McCarthy ha provocato, e se una provocazione provoca è una provocazione riuscita, ossia una provocazione vincente :)-

    sisi ma infatti il secchio di merda era proprio per migliorare la sua opera e farla diventare interattiva, un completamento della stessa. resta il fatto che gli colerebbe la merda dalla faccia per alcuni lunghissimi secondi

    -nell’economia di una fruizione a scopo di crescita individuale che rilevanza ha il fatto che siano originali o meno??-

    il problema non è tanto l’essere originali ma comunicare qualcosa, se il 90% delle mostre comunicano la riflessione sulla mancanza di comunicazione o sul medium usato per la realizzione della stessa (che in questo contesto è arte ma nell’uso domestico no etcetc) forse vuol dire che sono mostre fake di gente che riflette sul motivo per cui sta facendo una determinata azione, invece di occuparsi veramente di come farla. questo vale anche per chi riproduce scoregge in loop con altoparlanti rotti e riflette sul suono che ne esce, cioè in definitiva non fa musica ma riflette sulla sua incapacità di farla e su come l’orecchio della gente percepisca il suo fallimento, magari è pure convinto che ci sia chi apprezza note monotematiche e nel suo salotto ha appeso un poster con scritto less is more, per quanto mi riguarda rimane un poser fashion victim inconsapevole ma tu potresti anche apprezzarlo moltissimo e crederlo un genio, nessuno te lo vieta

  12. @hm: Dall’ultima parte del tuo ultimo messaggio mi pare di capire che tu sia un po’ scocciato per il fatto che a fronte di una probabile mediocrità intellettuale (chiamiamola così) dell’artista, la tendenza a piegare questa mediocrità riflettendo artisticamente sulla mediocrità stessa si vada sempre più diffondendo.
    Mah, può essere… il fatto è che io non mi interesso molto all’artista, alle sue intenzioni, alle sue capacità, alla sua visione del mondo, al come è arrivato dove è arrivato; insomma fosse per me eviterei proprio di prendere in considerazione l’artista, a me interessa l’opera e i significati che essa disvela: una volta creata, di colui che l’ha creata posso fare tranquillamente a meno.
    Mi rendo conto che non è una visione molto popolare, anche qua sul forum noto che le persone sono molto più interessate a tutto ciò che ruota intorno all’autore piuttosto che ai possibili significati dell’opera.
    Credo che, fondamentalmente questo mio disinteresse per l’artista dipenda da:
    1)la mia totale mancanza di spirito competitivo: non anelo alla popolarità di artisti popolari, nè soffro per il fatto che qualche presunto (non da me) incapace abbia fatto più soldi e più mostre di me; non me ne frega proprio niente.
    2)ritenendo che la (o una delle) specificità del linguaggio artistico contemporaneo, a differenza di ogni altro linguaggio, consista nel fatto che se l’artista è proprietario materiale dell’opera egli non ne è, tuttavia, proprietario semantico (ovvero epistemico): i significati, in arte, si svelano non si impongono (nemmeno l’artista può farlo). Pertanto i significati che un artista dà alla propria opera non valgono più di quelli che chiunque (ovviamente nel rispetto delle verità dell’opera) può dargli: è per questo che non mi soffermo mai a valutare l’artista, la sua profondità intellettuale, le sue intenzioni ecc.
    Tutto ciò per dirti che non so da cosa dipenda la diffusa tendenza di cui sopra; tendenza che rilevo anche io, sia chiaro, e capisco possa stancare (anche se, per i miei interessi in ambito di ontologia dell’arte, a me le creazioni metalinguistiche non annoiano mai :). Aggiungo anche però che vedo tanti lamentarsi di questa presunta pochezza di contenuti, ma quanti di costoro saprebbero fare di meglio? In fin dei conti perché prendersela con l’artista se ciò che fa lo si ritiene mediocre?, ciascuno è libero di creare secondo le proprie capacità; semmai ha senso prendersela con chi espone, acquista o paga per vedere certe opere.
    Ad ogni modo concludo dicendo che, a mio parere, si prende tutto troppo seriamente in ambito artistico; non so, forse sono io a non capire, ma trovo che tuttosommato l’arte non abbia lo scopo (perché, credo, non ne ha le capacità) di esprimere chissà quali profonde e complesse riflessioni: se si vuole questo forse è più utile scrivere e leggere saggi di psicologia piuttosto che di filosofia: Freud, Wittgenstein o chi per loro; rivolgersi a un medium immediato come l’arte credo produrrà inevitabilmente insoddisfazione.

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