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“Lavoro come un traslocatore che porta un luogo in
un altro, costringendo gli abitanti di un altro contesto a confrontarsi con
esso”. E potete giurarci che Francesco Jodice (Napoli, 1967) ci riesce davvero,
nei tre filmati proiettati al Madre in questo long weekend napoletano, a
immergere lo spettatore nelle lande desertiche di Aral, nei paradisi
artificiali di Dubai e nell’inferno metropolitano di São Paulo.
Nato da una collaborazione tra il museo e la Galleria Umberto
Di Marino, dove a dicembre l’artista terrà una sua personale, l’evento
Citytellers “trasferirà” questa volta il mondo nella sala polivalente dell’ex
convento di Donnaregina: “il progetto è un grande osservatorio su quelle che io
definisco nuove forme di socio-urbanesimo o di paesaggio sociale, e i tre
luoghi da esso finora indagati sono carotaggi esemplificativi per portare in
superficie le forme di resistenza sociale e di opposizione che ogni ambiente
presenta: lì come altrove, ma più che altrove”. Il suo consueto stile
concettualmente lucido e “audiovisivamente” (data l’importanza in esso anche di
esatti suoni e silenzi) netto ed essenziale – da molti già apprezzato in
Hikikomori, presentato nella prima personale da Di Marino nel 2006 –
monopolizza e catalizza occhi e attenzione, obbligando davvero lo spettatore a
relazionarsi con molteplici “fenomeni storici rieditati o neo-comportamenti:
l’auto-organizzazione civile di São Paulo, il neoschiavismo di Dubai e
l’archeologia dell’umanità di Aral”, il più fotografico di tutti i filmati,
forse perché sedotto dal paesaggio disseccato e quasi lunare di una terra di
cui si avverte e restituisce in pieno la diversità. Non certo nel senso di
“esotismo”, ma di alienazione rispetto a ogni prevedibile criterio umano basato
sul buon senso.
In realtà, parte integrante della arte di Jodice è proprio questa ricerca di
interazione tra i fruitori e l’opera, intesa come un vero e proprio dispositivo
innescante nuove dinamiche nel tessuto umano. È per questo che Citytellers, per
volontà dell’artista stesso, si sperimenta con eguale disinvoltura nei tre
diversi vissuti del circuito museale (come qui al Madre), delle rassegne di
cinedocumentari e della diffusione televisiva: “non un lavoro che di volta in
volta si trasforma in opera, film o trasmissione tv”, ma un’arte relazionale e
sociologica che coscientemente “aggredisce come un parassita l’ambito in cui si
va a inserire”. E che relazionale è anche nei proprio confini linguistici, dal
momento che nei tre film l’alternanza non meccanica ma contenutisticamente
significativa di interviste e panoramiche sui luoghi pone in dialogo reale
abitanti e aree ospitanti, disegnando un paesaggio che non è né solo antropico
né unicamente geografico o urbanistico, ma derivante dallo scambio comunicante
di entrambe le dimensioni. Cosa che non sempre i governi si ricordano di fare. (diana
gianquitto)
articoli
correlati:
Francesco Jodice al Mambo di Bologna
L’artista a Fotografia Europea #2, Reggio emilia
Personale nel 2006 da Umberto Di Marino
Fino al 24 ottobre 2010
Via Settembrini, 79 (zona San Lorenzo) – Napoli
08119313016
www.museomadre.it
[exibart]