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“Best design exhibition was Alessandro Mendini’s
gloriously idiosyncratic “Quali Cose Siamo” (“The Things We Are”) at La Triennale Design
Museum in Milan”.
miglior mostra di design al mondo nel 2010. Così disse il New York Times, nel
recente articolo firmato da Alice Rawsthorn dal titolo A Year of Winners and Losers
in Ingenuity.
Un ulteriore
prestigioso riconoscimento del valore delle attività del primo museo del design
italiano, e che riesce a raccogliere a livello internazionale. “Fin dalla sua
nascita, la stampa internazionale ha seguito con attenzione le mostre e
attività del Triennale Design Museum evidenziandone l’innovativa impostazione
scientifica e le scelte curatoriali e allestitive – afferma Silvana
Annicchiarico, direttore del museo -. L’articolo del New York Times ci riempie
di soddisfazione e conferma che la nostra scelta di un museo mutante e sempre
diverso di anno in anno è una scelta vincente, anche grazie quest’anno al
prezioso contributo di Alessandro Mendini che, con il suo puntiglioso e
sorprendente enciclopedismo e la sua sterminata e proteiforme passione per
tutte le forme della cultura materiale, ha messo in scena un grande e infinito
mondo parallelo a quello del design istituzionale, un design invisibile e non
ortodosso, capace di provocare squilibri e spiazzamenti, ma ricco di emozione e
spettacolarità”.
prestigioso riconoscimento del valore delle attività del primo museo del design
italiano, e che riesce a raccogliere a livello internazionale. “Fin dalla sua
nascita, la stampa internazionale ha seguito con attenzione le mostre e
attività del Triennale Design Museum evidenziandone l’innovativa impostazione
scientifica e le scelte curatoriali e allestitive – afferma Silvana
Annicchiarico, direttore del museo -. L’articolo del New York Times ci riempie
di soddisfazione e conferma che la nostra scelta di un museo mutante e sempre
diverso di anno in anno è una scelta vincente, anche grazie quest’anno al
prezioso contributo di Alessandro Mendini che, con il suo puntiglioso e
sorprendente enciclopedismo e la sua sterminata e proteiforme passione per
tutte le forme della cultura materiale, ha messo in scena un grande e infinito
mondo parallelo a quello del design istituzionale, un design invisibile e non
ortodosso, capace di provocare squilibri e spiazzamenti, ma ricco di emozione e
spettacolarità”.
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