13 gennaio 2011

L’Italia non è il Portogallo? Vero, lì infatti scommettono sulla cultura…

 

di

Gabriela Canavilhas, ministro portoghese della CulturaHanno proprio
ragione i nostri ministri quando vanno in tv a dire: “L’Italia non è finita
come il Portogallo
”. Proprio vero. Mentre infatti da noi ci si avvia ad
affrontare un’annata che – stanti i tagli acritici e indiscriminati agli
investimenti pubblici – segnerà il collasso nella produzione e promozione
culturale e nella conservazione del patrimonio, il vituperato Paese lusitano, continuamente
preso a campione di malagestione e conti pubblici fuori controllo, incrementa
gli investimenti culturali.
In questa
direzione va infatti il protocollo triennale siglato ieri dal ministro della cultura
portoghese, Gabriela Canavilhas, e il presidente dell’Associazione Portoghese delle
Gallerie d’Arte (APGA), Esteves João de Oliveira, pensato per sostenere la
diffusione e la promozione dell’arte contemporanea portoghese all’estero.
La partnership prevede
un contributo finanziario del Ministero della Cultura – il primo stanziamento è
di 200mila euro – per la realizzazione di diverse iniziative, in particolare per
sostenere la partecipazione di gallerie d’arte nazionali alle principali fiere
internazionali, da Arco Madrid ad Artissima, Artforum Berlin, Armory Show, Frieze,
Fiac, Art Basel
.
Dal canto suo, l’associazione
si impegna ad organizzare annualmente una mostra che raccolga le opere di
autori che si sono distinti a livello internazionale, mentre le gallerie sovvenzionate
dovranno creare le condizioni adeguate al fine di agevolare la partecipazione
dei propri artisti a residenze all’estero.

Cosa aggiungere?
È troppo banale dire che cascano le braccia? Un paese alla canna del gas,
economicamente parlando, che raggranella qualche soldo per sostenere l’attività
delle proprie gallerie d’arte contemporanea le quali – a differenza delle
nostre? – hanno anche loro il merito di essere rappresentate da una
associazione che evidentemente funziona e che è all’altezza di interloquire con
il ministero di settore.

Qualche giorno
fa abbiamo parlato dell’opening dell’importante spazio dell’Onassis Cultural
Center ad Atene, ora questa notizia da Lisbona… È proprio confermato il
mantra di questo governo: non finiremo mai come la Grecia e il Portogallo… (marianna agliottone) 

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www.portaldacultura.gov.pt

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3 Commenti

  1. L’italia vive la presunzione (in parte vera) di avere già una buona immagine internazionale; mentre il Portogallo sa di vecchio e lo sa, e quindi deve investire gioco forza. Ma il punto è questo:l’arte contemporanea in paesi come italia e portogallo è stata soprattutto una questione di IMMAGINE. E pensare troppo all’immagine senza grandi contenuti, senza consapevolezza dell’analfabetismo del pubblico, porta (in tempi di crisi) ai tagli alla cultura (infatti nessuno scende in piazza per questi tagli, non c’è reale interesse).

    Basta prendere ad esempio il Madre di Napoli e il Mambo di Bologna. Architetture ed istituzioni che devono, solo per esserci fisicamente, dare un’ immagine MODERNA della regione o della città in questione. Poi però per essere accettati da un pubblico analfabeta (anche in modo incolpevole) abbassano l’offerta e fanno porre dei dubbi sulla loro utilità. Che funzione ha il Madre se propone una ragazza seminuda che imbocca il pubblico con i babbà? Quando fuori dal Madre troviamo modalità molto più contemporanee ed efficaci per fruire di donne e cibo?

    Un museo giovane come il Mambo non si snatura, non fa confusione nel proporre una mostra su Federico Fellini? Mostra caotica, piena di cose, piena di documenti e che sembra più adatta ad un Museo del Cinema. In questo modo si fa confusione e diventa un dilemma, per esempio, se decidere di finanziare il museo di arte contemporanea bolognese o il vicino Lumiere, o un semplice festival cinematografico.

    In italia la mancanza di un’opinione pubblica afferrata e interessata al contemporaneo, non solo permette ad un oligarchia di pochi di mantenere un sistema autoreferenziale, ma costringe musei, anche ben intenzionati, ad abbassare o distorcere fatalmente l’offerta determinando la loro “non utilità”.

  2. quoto Rossi. E penso che sia il miglir artista italiano in questa nostra fase storica. Siamo proprio stanchi dei fighetti milanesi che fanno mostre barricati dentro il provincilismo ovattato della galleria zero o simili. Rossi fa progetti idnipendentemente e a budget zero. E c’è grande qualità e varietà. Io da quando leggo whitehouse guardo anche le altre mostre-opere diversamente. E questo credo che dica tutto.

  3. Bravo Lucarossi, oggi fare l’artista significa, inanzitutto avere idee fuori dagli schemi consolidati tra i cosiddetti sapientoni a metà. Mi riferisco, a coloro che oggi in Italia occupano e gestiscono il sistema della cultura e dell’ arte contemporanea. I cosiddetti questuanti, i protettori delle arti, che si erigono da sempre, di padre in figlio, nella veste di arbitri: (su i tagli alla cultura, sul degrado del patrimonio storico artistico e architettonico). I noti lamentoni che tutti conoscono, i “servus servorum” dello Stato, le menti insaziabili che di continuo piagnucolano, sotto le minigonne profumate del potere. Per essere più chiaro, gli opportunisti che indossano la maschera della finta opposizione allo Stato. Quelli che con i finanziamenti pubblici hanno messo su e dato vita ad un sistema museologico, autorefernziale, burocratico, simile ad una una macchina mangia soldi nel quale si spende e si spande di tutto, in cui gli stessi benefici e privilegi, soddisfano soltanto i bisogni di un’elite salottiera. I risultati sono sotto gli occhi di tutti!!!

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