30 gennaio 2011

3D-tredomande: Artefiera, Roma, P’io Monti e Gino de Dominicis

 

di

78831
Svetta nella sua
smisurata altezza fra i tanti avventori del suo stand ad Artefiera, elegantissimo
come sempre col suo cappotto un po’ ottocentesco rifinito di raso blu con
martingala. E Pio Monti distribuisce agli amici, felice come un bambino, copie del suo
libro P’io & Gino, dedicato alla sua liaison con l’amico conterraneo de
Dominicis e presentato in un talk in fiera. Libri puntualmente dedicati con
calligrafia antica, ma con un’inversione di senso e di ruolo assolutamente “montiana”:
la dedica recita infatti “A Pio da…”…

Come si deve leggere il P’io del titolo? Dicci
in due parole come nasce il tuo libro…

È un libro sulla
complicità che ho avuto con Gino fin dagli anni Settanta, eravamo due amici
nati nelle Marche e “maleducati” a Roma. Abbiamo fatto tante cose insieme, io
ho subito il grande fascino di questo istrione… P’io? Beh, perché vuol dire “Io
& Gino”…

C’è oggi un nuovo de Dominicis in giro?

Lui non è
assente, è invisibile: una morte che non viene celebrata, non è vera morte. Lui
non si sa quando è morto, dove è morto, perché è morto, quindi esiste. In giro
vedo molti copiatori, con i giovani di oggi non si può parlare di immortalità,
di entropia, di secondo principio della Termodinamica…

Come vanno le cose a Roma oggi? Continua il
boom del contemporaneo?

Io penso una
cosa: bisogna promuovere dei momenti di incontro fra tutti i galleristi d’arte
e le istituzioni. Riunioni in cui, ogni 15 giorni, ogni mese, per esempio il
Maxxi o il Macro ci ospitano per far vedere ciò che facciamo. Questo per
valorizzare il nostro lavoro, che è molto importante, ma anche per portare
energie nuove ai musei. E qui devo parlare della vicenda Croppi: io – che sono
cattolico apostolico romano – dico ogni mattina una preghiera perché lui possa
trovare un nuovo ruolo adeguato alle sue qualità. Lui era l’unico politico che
veramente partecipava anche alle nostre attività. Noi ci sentiamo orfani ora…

[exibart]

3 Commenti

  1. Massima stima per Pio Monti, però mi si consenta di dire che la generalizzazione finisce sempre per essere fallace. Un paio di giovani con cui parlare d’immortalità, entropia e secondo principio della termodinamica io li conosco. Anzi diciamo che ne conosco un paio anche solo a Roma. I nomi non li scrivo solo perché se lo facessi toglierei al buon Pio, che è il primo destinatario di questo messaggio, il maggior piacere di un gallerista, ossia cercare l’artista che vuol trovare. Roma è una città in cui si fanno davvero pochi studio visit… bisognerà pur cominciare a riprendere l’abitudine. Io ho iniziato a fare gli studio visit ai curatori… eheheheh. Però con Pio concordo sul fatto che il confronto in verticale è sempre e comunque qualcosa di assai raro. Anche perché discutere le opere è un ottimo modo per liberarsi dalle ambiguità della forma, specie quando questa gioca di sponda con un gusto (con)temporaneo, e capire quando l’artista ci fa o ci è. E i galleristi potrebbero fare molto in questo senso… d’altra parte c’è sempre bisogno di una casa in cui incontrarsi se si vuole ragionare. Una galleria può essere questo. La bella mostra che c’è adesso al Macro lo insegna, anche mettendo mitologie ed edulcorazioni a parte. Pio lo sa benissimo.

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