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I droni russi hanno sorvolato l’antica Palmyra a fine settembre, catturando un’istantanea della città due mesi prima che cadesse di nuovo sotto le mani dell’ISIS, per la seconda volta in meno di due anni.
Questa registrazione dettagliata della città antica, in mano al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo, potrà aiutare gli esperti nel “valutare l’entità della distruzione che si sta continuando a svolgere nel sito”, secondo l’opinione di Natalia Solovyova, vice direttore dell’Istituto di Storia della Cultura Materiale dell’Accademia Russa di Scienze, e anche secondo il direttore del museo Mikhail Piotrovsky, la natura tragica degli eventi sottolinea l’importanza di questo progetto.
Sì, perché il piano a lungo termine è quello di utilizzare il rendering digitale per contribuire a ricostruire la città. Per determinare “ciò che deve essere fatto”, i ricercatori devono insomma avere un’idea esatta di quello che si trova, e dove.
I ricercatori hanno trovato, per esempio, che mentre il Tempio di Bel è andato in mille pezzi, vi sono ancora grandi frammenti intatti del Tempio di Baalshamin e delle colonne di Zenobia, consentendo la possibilità di una loro conservazione. Almeno fino a tre mesi fa.
Ovviamente sull’ingresso a Palmyra della Russia si possono aprire scenari non solo culturali, anzi, ed è ingenuo far finta di non vederne un aspetto politico. Le milizie russe hanno usato droni forniti da Geoscan, una società di San Pietroburgo, e hanno scattato fotografie aeree di 13 chilometri quadrati, raccogliendo informazioni su qualsiasi cosa più alta di tre centimetri. E ora? Per conservare bisognerà aspettare un pace. E nel frattempo?