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«Io devo forse ai fiori l’essere divenuto pittore». Lucia Gangheri – con vigore giovanile e un cromatismo gioioso prossimo a quello impiegato da Claude Monet – mostra, a Palazzo Serra di Cassano, un corpus di circa 30 disegni, realizzati a penna su carta: nature morte di fiori capaci di evocare il profumo, la vaporosità e il colore di quelli appena raccolti in campagna. Il segnare – o meglio il “Di-Segnare” – di Lucia Gangheri è diventato anche un libro d’artista, edito da EffeErre e introdotto da riflessioni filosofiche di Simona Zamparelli.
Gangheri, di ogni fiore che coglie, conosce il nome, le caratteristiche botaniche e le “abitudini”. Li disegna e li gode con l’amore e il riguardo, con l’attenzione e la considerazione, tipici di chi ha fatto della conoscenza lo strumento di trasmissione delle emozioni. Tra i fiori più amati dall’artista c’è l’orchidea: simbolo di passione, sensualità e amore. Gangheri mette in rilievo, con un tratto deciso, la realtà dei petali, mentre le ombre sottolineano per contrasto un sentimento di labile felicità, di provvisoria e fragile bellezza. Il tratto, attento nella stessa misura sia alle figure che allo sfondo, è esaltato dai contorni dotati di un proprio ritmo. Anche le aree vergini giocano un ruolo costruttivo nel sostenere l’energia dell’immagine. La ricchezza dei fiori e delle foglie sposa decisamente con l’ambiente ricercato dei saloni dell’Istituto italiano per gli studi filosofici che ospita la mostra. (Danilo Russo)
In alto: foto di Tiziana Mastropasqua