26 aprile 2018

Sognare le nuvole. Da Biasutti Studio d’Arte, in mostra la pittura di Giampaolo Truffa

 

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Sono particolarmente felice di questa mostra di Giampaolo Truffa a Torino, da Giampiero Biasutti Studio d’arte per il 900, una galleria che, nonostante la crisi del mercato, non cessa di fare proposte interessanti o, come in questo caso, di soffermarsi su artisti che, da anni, lavorano in silenzio, al di fuori delle mode e delle convenienze del sistema dell’arte ma che brillano di una luce propria, di una sorprendete originalità, che il tempo non potrà non valorizzare. 
Giampaolo Truffa, nato in provincia di Torino, già dagli anni Settanta riprende in mano la materia tradizionale della pittura con soggezione, come trattando materiale che deve essere maneggiato con cura. Pochi colori, tele di dimensioni contenute, poca tecnica, poche figure appena abbozzate. La sua poetica “economica” non può essere compresa se non avvicinandosi al suo procedimento materiale, tutto orientato a un trascendimento. Egli rappresenta nel modo più esplicito il primo indizio del riapparire sulla superficie della tela della sensibilità poetica dell’immagine, la vitalità ritmica delle forme. 
Dopo la lacerazione dell’arte moderna, dissolta nel magma dell’informale, quella stessa materia decomposta sembra nell’opera di Tuffa riprendere vita, animarsi in flebili sogni, abbozzi di nuvole che accennano alle forme delle cose come cerchi di fumo. Il carattere aurorale dei suoi quadri, tendenti al grigio, dalle nuance di colori che virano appena dalla monotonia del neutro, in questa mostra si accende di maggiore vivacità, riflettendo il clima primaverile, sottolineato dall’ultimo grande dipinto Voli di rondini. Rondini che volteggiano tra le caratteristiche nuvole tondeggianti, affacciandosi temerariamente a uno stereotipo, come sempre risolto e trasfigurato dalla sensibilità e forza di astrazione dell’artista, pura sensazione priva di giudizi e sentimenti, pura emozione del tornare ad essere. 
Truffa non ha fretta, attende che le sue forme si adattino tra loro, sente di doverle assecondare, farsi guidare dalla loro instabilità che cerca riposo. Così le figure iniziano a definirsi nel quadro – come quando in preda all’immaginazione interpretiamo il cielo nuvoloso – ricordano cani, uomini con cappello, case col camino che fuma, ma anche motociclette, automobili che si incrociano nel traffico iperurano, aerei che lasciano anelli di fumo, volti che sembrano nuvole, nuvole che sembrano nuvole. Tutto è smussato e bianco come sotto una spessa coltre di neve; alle ombre più chiare, che simulano un vaporoso rilievo, si alternano altre ombre scure e decisive per l’equilibrio d’insieme del quadro. 
Ma l’artista sembra fermarsi ad uno stadio involuto, ancora vicino all’informe origine delle cose, al loro embrione. Come se egli più che dipingere un paesaggio urbano, con passanti, cani e automobili avesse tracciato un’ecografia per vedere l’origine del mondo. Scrutare le cose prima della loro nascita, colte sul punto di prendere forma, embrioni che hanno in se la promessa di un’identità, che occorre attendere con pazienza e amore, senza intervenire, lasciando che la natura faccia il suo corso. Così, Truffa lascia che le sue forme alludano, che ci mostrino quello che del mondo noi stessi riusciamo a immaginare dalla nostra natura più profonda e dimenticata, attraverso il suo sognare le nuvole. (Nicola Vitale)

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