11 febbraio 2005

fiere_resoconti Art First. A Bologna si ricomincia

 
Il restyling và di moda a tutti i livelli e l’Arte Fiera più vecchia d’Italia non sfugge alla regola, ponendo le basi per festeggiare, nel 2006, il trentesimo compleanno. Luci ed ombre di un work in progress i cui obiettivi sono competitività, contemporaneità, identità...

di

Punto e capo: si ricomincia. Art First dichiara fin dal nome la volontà di un taglio netto con il passato. Crescono la concorrenza internazionale, l’interesse del mercato per l’arte Post war, persino le quotazioni dell’arte italiana non scherzano. A tutto questo bisognava dare una risposta, pena un’ineluttabile decadenza. Nel campo delle fiere, i modelli si evolvono: appuntamenti che si accavallano, si moltiplicano nelle stesse città che li ospitano, sempre più compressi e selezionati, qualificati, specializzati e indirizzati a target ben definiti.
Non c’è più spazio per le fiere generaliste e anzi solo una formula innovativa ed originale consente di competere sul mercato e di ritagliarsi una propria nicchia, da difendere con le unghie e con i denti. Ed eccola dunque la nuova fiera bolognese nel disegno della sua direttrice Silvia Evangelisti: “abbiamo già fatto molto quest’anno” – ha dichiarato ad Exibart – “ma per festeggiare il 30° anniversario faremo ancora meglio. Consolidare Bologna come prima fiera italiana e collocarla tra le primissime in Europa. La mia ricetta è operare una scelta rigorosissima in Italia e avere poche, ma le migliori, gallerie straniere. Una grande fiera internazionale, attenta all’arte delle nuove generazioni ma con una spiccata connotazione nazionale ed Europea: questo è l’obiettivo.”
E’ presto per un giudizio definitivo, ma se negli ultimi anni Arte Fiera era parsa in una fase di stallo, oggi la sensazione è che le prospettive per una ripartenza ci siano.
4 padiglioni invece di 3, uno spostamento verso il contemporaneo, stand grandi, ariosi e ben illuminati, ampi corridoi che hanno scongiurato la ressa: alle gallerie è stato dato il meglio, anche a quelle non di primissimo piano. Una democratizzazione che non ha mancato di far storcere il naso ad alcuni che avrebbero preferito una più tradizionale logistica meritocratica. La verità è che proprio tra i galleristi la cautela l’ha fatta da padrone anche se, in un contesto generale object oriented che ha penalizzato il video, qualcuno ha osato l’allestimento museale, con risultati vicini alla blasonata Basel (a tratti anche per un sbilanciamento troppo filominimalista).
Riguardo alla selezione operata, qualche aggiustamento va fatto e se ne sono accorti anche gli organizzatori. Le polemiche della vigilia non erano del tutto prive di fondamento: il posto da titolare per l’anno venturo qualcuno se l’è già giocato e gli esclusi potranno tornare alla carica.
Il pubblico ha risposto bene (40.000 presenze, nel 2004 erano state 36500) e le vendite ci sono state e ben spalmate. Un segnale preoccupante per i concorrenti diretti come Torino o Milano.
Unico vero neo: prezzo fisso 38 euri vi dice nulla? Era la cifra da spendersi nei pochi self service in giro. Risultato scontato: baretti e baracchini presi d’assalto e code interminabili per un un tramezzino incartapecorito o un caffé carbonizzato. Pensare che qualcuno ci ha vissuto una settimana… brrrr. Meglio farci il tradizionale giro.

cracking art
Le milanesi


Stand all’altezza della fama per De Carlo, con il divertente e microscopico Bartolini, l’ottimo polacco Piotr Uklanski e i geniali funghi allucinogeni fuori registro da Casten Holler.
Giò Marconi festeggia i 40 anni con un volume dedicato alla storia dello Studio Marconi, dal ’65 al ’92. In fiera il lancio con pezzi museali: Paolini, Boetti e altri.
Tutta pittura, com’è tradizione, per Cannaviello. Ma più che i lavori dell’olandese Bas Meerman, presentato in galleria dalla penna illustre di Peter Weiermair, piacciono i lavori di Maja Vukoje.
Equilibrato stand quello di The Flat. Di particolare interesse gli animaletti in carta (sculture e tecniche miste) di Filippo La Vaccara, vicino alla sensibilità della japanese experience, da Nara in giù.
Ammirate le classiche fotoceramiche di Bertozzi & Casoni da Cardi, ma ci sono anche Schnabel, Warhol, Baechler e i migliori lavori fotografici di Vik Muniz.
Sontuoso Curti con un Clemente d’annata di fine ’70, David Salle, i bellissimi animaletti di Ann Craven, un paio di Schnabel, tra cui un lavoro su velluto bianco del ’92.
La Cina è vicina? Chiedetelo a Marella. Tra pittori e fotografi con gli occhi a mandorla, Li Wei su tutti, è lei a cavalcare la tigre, anche con cataloghi di pregio. In mezzo, unico italiano, Luca Francesconi, che azzecca una foto delle sue, Evaporazione di un fiume.
Continua il fruttuoso sodalizio di Pack con la triestina Lipanjepuntin, leggasi la giusta riscoperta di un lucido Franko B. Con un intervento ad hoc, i suoi oggetti quotidiani bendati e altri lavori a parete si sono fatti notare.
Da Photology si segnala la fotografia italiana: Claudio Abate che ritrae Mario Merz, i paesaggi di Giacomelli, i Ghirri.
Di Maggio-Mudimadue prende mezzo cartellino di Cerutti (l’altro mezzo è di Estro) mentre da Maze, ecco il Piero Golia che non ti aspetti, con i disegni.
Spostandoci nel ‘900, da Christian Stein c’è un bel Cementoarmato di Uncini, del ’61, mentre Gian Ferrari mette in mostra il Sironi degli anni ’20, un Arturo Tosi del ’28 e un grande Schnabel del ‘94 (Inverno Primavera).
Alla Blu un slitta di Beuys del ’68 e poi, in sequenza, un Birolli del ’57, un Santomaso del ’58, un Tancredi del ’59, con l’imbarazzo della scelta.
Per la galleria Tega ci sono Sironi, Savinio, Braque dal ’27 al ’31, e una classica Madonna di Guidi del ’22 che compete con la Fanciulla, del ’27, in mostra per il Mappamondo.
Da segnalare infine la personale di Agenore Fabbri per Morone, le ceramiche di Fontana da Tonelli e il ripescaggio di nomi a rischio d’estinzione da Montrasio: Bemporad, Martinelli, Romagnoni.

Le torinesi

2 sedi (Torino-Prato) e 2 stand per NicolaFornello, all’insegna di outsider toscani, con i coriandoli della coppia Pantani-Surace e Daniela de Lorenzo. Giustamente ammirato il suggestivo video su lavagna Pollicino di Sara Rossi, lavoro del 2003 già alla mostra Bambini nel tempo di Risaliti, a Palazzo Te di Mantova.
Le foto Iceland series di Olafur Eliasson le mette in mostra Peola, con le tele recenti dell’emergente tedesco Dietmar Lutz e 2 nuovi lavori fotografici della brava e sottovalutata Paola de Pietri.
Equilibrato Tucci Russo, che si tiene tranquillo con Penone, Cragg e Paolini, ma sfoggia anche italiani di ottime prospettive come Paolo Piscitelli e Francesco Gennari.
Tanta fotografia da In Arco, con i classici Nan Goldin, Tillmans, Morimura e Chuck Close, ma anche con gli ottimi ritratti infantili stereotipati della giovane tedesca Claudia Grassl (anche da Studio Legale).
Opere a parete di Merz per Persano, i quadretti e gli aeroplanini di Boetti alla Carlina e poi Biasutti: a vedere il De Maria dell’’82 viene logico il confronto certi aridi lavori recenti.
Venendo alla sezione storica, ci sono grandi maestri del ‘900 da Mazzoleni, ma la qualità assoluta non sembra sempre alta. Informale d’annata per Narciso, con Birolli e Spazzapan, ma ci sono anche gli anni ’20 con il raro Gino Rossi, visto recentemente a Brescia grazie a Goldin.

Le romane

L’intenso fermento recente della capitale, a volte anche caotico, comincia a dare i suoi frutti.
La romana Monitor è stata tra le gallerie giovani più gettonate da media e collezionisti; Francesco Arena, Marinella Senatore, Zimmerfrei e Rä di Martino le interessanti proposte, valorizzate da un frizzante allestimento.
Incuriosiscono il pubblico i video incorniciati di Luca Rento, Ninfee, da Paolo Bonzano ed è bello anche lo stand per Sales, con un nuovo lavoro della Toderi e Eva Marisaldi su carta velina.
Obiettivo anni ‘60 per Erica Fiorentini, con Paolini, Uncini, Kounellis, Colombo, Boetti e De Dominicis.

Emiliane e romagnole

Folta rappresentanza locale, capitolo dovuto. Anche se, diciamolo subito, a differenza di Roma, siamo di fronte ad un territorio che fatica a riorganizzarsi e perciò finisce per arroccarsi sul sicuro, senza osare.
Buon allestimento per Otto (Bo), con grandi opere di Nunzio ed una cisterna classica di Di Giovanni.
Studio G7 (Bo) saggia Flavio De Marco con un lavoro site specific, Fabjsaglia (Rn) mostra un Marco Neri che dipinge Sugimoto (D’après à Sugimoto, 2004), Forni esibisce la scuderia della nuova pittura figurativa commerciale: La Cognata, Papetti, Ventrone.
Chi segue il mercato conosce bene il valore della galleria Mazzoli (Mo). Eppure in una fiera, con tutte le bocche da fuoco schierate, non s’era mai vista. E sono pezzi museali quelli che dominano lo spazio: di Schnabel, Katz, Longo, Bleckner, Schifano, De Dominicis. Da togliere il fiato.
Marescalchi (Bo), per solito presente con stand fotocopia seppur di qualità, stavolta qualche spunto nuovo lo tira fuori, con Bacon, Kandinsky, Marino Marini, Alechinsky, Afro e un Picasso del 1910.
Proposta di petizione: togliamo dalla fiera l’immancabile carrozzone di Plessi (da Maggiore, Bo): mica ce l’ha ordinato il dottore, no?
Interessante infine l’allestimento di Tornabuoni (Bo): Burri dagli anni ’50 ai ’70, Manzoni dal ’57 al ’62, e grandi pezzi a terra di Ceroli.

Stand Artiaco
Le altre


Stand esemplare per Artiaco (Na): una bellissima corsia di Carl Andre, 4 sberle a parete di Niele Toroni, l’armonico Alan Charlton accanto ad un suggestivo paesaggio chimico di Bianco & Valente. Panni di cartapesta stesi da parte a parte, di Perino e Vele e, udite udite, Botto & Bruno tornati al b/n: e gli affezionati puristi gongolano.
Quella toscana è stata una presenza nutrita.
L’importante Continua di San Gimignano se la gioca bene tra un Cecchini sul pezzo, con le Matrici su PVC intagliato (Matrix I e II, 2003), e la strafotografata Megane di Pancrazzi, Carborundum, coperta di cocci di vetro (ma qualcuno la ricorda l’analoga Fiat Regata del ’96?); l’artista è, per inciso, in mostra al Pac di Milano per il curatore più in forma del momento, Roberto Pinto.
Grande impegno per Bagnai (Fi): Pizzi Cannella di dimensioni monumentali, una grossa installazione di Paladino e altro. Ci sta tutto all’ombra dei rami di un albero di Schifano.
Capitolo Biagiotti (Fi). Si potrebbe dire che tanto fece che alla fine straféce. Ci sono ottime carte grandi di Andrea Mastrovito, le novità di Andrea Galvani e i frame dipinti con tecnica iperrealista di Andrea Facco, video, foto e carte di Nico Vascellari, tra i migliori italiani emergenti degli ultimi anni, le maglie e i cappellacci di Sissi. E lo stand straripa, ma che grande investimento sugli italiani!
Nel classico, ci sono Aminta (Si) che va sulla declinazione italiana della pop art con Tano Festa, Schifano e Adami e Il Ponte (Fi), che esibisce una gommapiuma di Turcato del ’66 e commoventi lavori con cartoline di Gilbert & George dell’’81.
Infine da Poggiali e Forconi (Fi) quelli che… vorrei ma non posso, si tolgono delle soddisfazioni. C’è Marco Fantini che somiglia a Bacon e un Frangi che è paroparo Richter.
Filippo La Vaccara
In una Verona dove il denaro non manca, fatica ad emergere una galleria di ricerca, ma quelle consolidate fanno il loro, senza rischiare. Allo Studio La Città, presenza fissa nelle fiere di mezzo mondo, non bisogna insegnare ad allestire gli stand. In linea con se stessa, tra minimalismo e poverismo, sono esposti grandi parallelepipedi trasparenti di Hamak, cangianti monocromi di Simpson, le cose di Calzolari, un grande lavoro nuovo di Hashimoto e la new entry David Lindberg.
A Lo Scudo bastano un bellissimo Afro ed un Achrome di Manzoni.
Qualche segno di assestamento mostra anche Swinger art (Vr).
Ancor più sclerotizzata è una città dal passato illustre come Venezia. Ci si deve accontentare delle storiche Contini, un bell’Adamo ed Eva di Sironi del ’30 ed un’antologica di Music, e Flora Bigai, che porta ottimi pezzi storici di Clemente e Chia.
Minini (Bs) coraggiosamente rischia il video, anche se la fruizione non è esattamente agevole.
Non rischia invece Raffaelli (Tn), che si tiene su oggetti vendibili. Lo stand ne risulta un po’ scarico, anche se i Philip Taaffe sono belli, come pure i pezzi di Baechler, di cui si sta tenendo una grande mostra alla KunstMerano Arte.
La kermesse bolognese non ha trascurato il fenomeno della crescita diffusa dell’arte contemporanea nella provincia italica.
Andrea Salvatori
Padova, ad esempio, è una città nella quale l’arte contemporanea è tabù per le istituzioni eppure non mancano buone gallerie. Da Perugi sono da segnalare le nuove chiesette costruite sui pacchetti di sigarette di Chris Gilmour, la rentrée degli acrilici di Antonio De Pascale, con l’ammirata scatola gigante di Kellog’s che si trasforma in tsunami, la novità Ryan Steadman, con la sua pittura materica.
Bello il dragone rosso in ceramica di Andrea Salvatori da Estro (Pd), attorno al quale ruotano, tra gli altri, i dipinti di Manuele Cerutti cui forse bisognerebbe concedere una tregua dopo la sovraesposizione.
C’era una volta Lipanjepuntin (Ts) che pareva un luna park. Già da un paio di fiere Marco Puntin sembra aver messo testa a partito: meno show e più ciccia. Sono belle le foto delle spagnolo di Angel Marcos e la maturazione del giovane indigeno Toffolini è a buon punto. Le sue macchine microclimatiche per piante claustrofobiche fanno ben sperare, anche nel verso dell’art public e monumentale. E c’è anche il Franko B. condiviso con Pack.
Inedita accoppiata per Torbandena (Ts), Kiefer e Santomaso ma, tra animali, sono i 2 cagnoni rossi dell’Elefante (Tv), autori il collettivo Cracking Art, a diventare simbolo di questa fiera: sono passati ovunque.


Le straniere


La scelta è chiara: Europa innanzitutto. E allora è Londra a far la voce grossa.
Da MW Project c’è il nuovo corso del filogiapponese Christian Ward, meglio i precedenti, un vecchio e bel progetto di Tim Noble e Sue Webster, Blak Magic, un’imponente installazione di video e foto, dal 2001 al 2003, di John Pilson, lavori dell’emergente Michael Ashcroft: paesaggi a olio raffinatissimi, tratti da libri e riviste anni ’70, come Jungle life, familiare e misterioso ad un tempo.
Ok, non si possono discutere i nomi di Lisson, le foto b/n di Santiago Sierra, le forme liquide di Kapoor, i tortiglioni di Cragg, i landscapes di Opie ecc., però la fantasia è realmente pari ad una patata lessa: noia!
John Armleder
Doppia personale per Kenny Schachter Rove, di Vito Acconci e Dennis Oppenheim, e da Percy Miller un tributo di John Armleder a Zakk Wylde, storico chitarrista della band di Ozzy Osbourne negli anni ’80. Il dittico giallo-nero di chitarra Gibson Les Pauls e tela, con la classica livrea ipnotica, è, a cuor di fan non si comanda, il pezzo più bello di tutta la fiera.
Ottimi scatti di Nan Goldin da Pescali & Sprovieri, di Struth, di Ruff, di Hofer, dei Becher da Ben Brown, mentre da Gimpel Fils divertono soprattutto i dipinti digitali di Callum Morton, paesaggi targati McDonald, Mobil, Spizzico.
Per Haunch of Enison ci sono le foto di Wim Wenders del 2000 e di Keith Tyson del 2004, ma soprattutto un tributo di Richard Long alla bella Sicilia.
Americane ridotte all’osso. Da Sperone i ritratti di Vik Muniz, di Marx, Liz Taylor e Majakovskij, poi Bertozzi & Casoni, Warhol, Peter Halley e Laurie Simmons. Ammirato anche il nuovo ritratto anamorfico di Evan Penny.
La raffinata newyorkese Annina Nosei mette in mostra il virtuosismo di Heidi McFall, con tecniche miste su carta, e gli acrilici su damasco cinese di Jenny Watson.
Presenza fissa nelle fiere europee, la canadese Artcore raramente riesce incisiva. Stavolta se la cava con Beuys, scusate se è poco.
Una stanza di Picasso, con una figura femminile del ’41, e la chicca di un disegno di Segantini, sono le cose migliori della svizzera Jan Krugier, Ditesheim & Cie.
Per l’area tedesca ci sono 20/21, che espone un Nicky Hoberman la cui pittura è sempre di grande impatto, e Galleria 2000, che seglie la freschezza delle produzioni minori: stampe di Warhol, carte di Mel Ramos, disegni di Wesselman.Irwin
Mappelthorpe, Rebecca Horn e Tony Cragg ben sostengono lo stand di Thomas Schulte e ci sta il pizzico di sciovinismo dell’austriaca Hummel, con Rainer, Nitsch e Brus, specie se a quest’ultimo è dedicata la grande mostra in corso alla GAM.
Ad un vero e proprio tour di fiere l’altra austriaca, Hilger, sta sottoponendo le foto di Angel Marcos: Miami, Bologna, Arco, Città del Messico.
C’è poca Francia, eppure la parigina Thessa Herold riesce a piazzare un bollino su Picasso e Jerome De Noirmont sfodera curiosi lavori di David Mach, realizzati con fiammiferi o con le grucce, ma sono belli anche i ritratti vip di Bettina Rheims, la Casta Laetitia e il demoniaco Marylin… Manson ovviamente.
Capitolo a parte le gallerie dell’est europeo, che sono state un po’ il pepe della fiera, se non altro per il gusto non allineato di gallerie rumene, ceke e ungheresi, che schivano lo spirito un po’ reazionario di Bologna e se ne infischiano dell’ortodossia occidentale. Val la pena di segnalare senza dubbio il lavoro della slovena Podnar, tra ricerca e storicizzazione. Lo stand ampio le ha consentito un’interessante retrospettiva sul collettivo Irwin che avrebbe meritato un catalogo monografico.


articoli correlati
Arte Fiera 2004
Artissima 11

alfredo sigolo



[exibart]






5 Commenti

  1. Ma scherziamo… Poggiali e Forconi quelli del vorrei ma non posso!?!?!
    Bagnai aveva un Pizzi da Museo e Poggiali no??? Ma lo hai visto lo stando o ne hai solo sentito parlare?? Neanche una parola per tre gallerie giovani: Guidi schoen, Scognamiglio, Ronchini. Ottimi Pinna (grande installazione da Schoen) e i fratelli Perone che ad ogni fiera “piazzano” tutti i lavori!
    In attesa di una risposta, Ciao

  2. Articolo ben fatto. Obietterei solo che a Verona una galleria che opera scelte innovative c’è e si tratta della Giarina, incredibilmente esclusa quest’anno dopo un decennio di partecipazioni…

  3. l’articolo non lo condivido poichè ci sono delle dimenticanze inaccettabili.
    Innanzi tutto dov’è Baj? C’erano dei pezzi dell’artista davvero strepitosi in particolare alcuni personaggi a collage anni 60 ben distribuiti in varie gallerie piemontesi, lombarde etc..ed uno specchio meraviglioso dalla galleria l’Incontro di Chiari subito venduto.
    Per quanto riguarda Uncini, oltre al cemento armato anni 60 presso la galleria Stein c’era da Poleschi anche una bellissima terra su masonite fine anni 50, assai rara da trovare sul mercato, presso la galleria Poleschi , che manco a farlo a posta è stata venduta in un batter d’occhio.

  4. mi spiace che mentre trascrivevo il precedente messaggio sia partito inavvertitamente l’invio prima che terminassi di correggere il testo. Comunque a parte le straordinarie opere di Baj con specifico riferimento allo specchio anni 60 subito venduto e alla meravigliosa terra di Uncini subito venduta, soggiungo che vi erano tanti altri validissimi artisti e gallerie che meritavano di essere menzionati dall’articolista.

  5. Studio Legale!?

    dove lo lasciate?
    vabbè che è un ghetto per artisti casertani,ma presto sarà “Leo Castelli” di NEW York… del sud!!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui