23 maggio 2005

fiere_resoconti Miart X. Il peggio e il meglio

 
Eh no, non ci siamo. Il Presidente di Fiera Milano International chiede di riconoscere la passione che anima Miart. Ma la passione non basta, dottor Milone. Ci vogliono idee, scelte. Invece anche quest’anno Miart d’internazionale ha solo il nome. Al massimo la parentela con la gloriosa squadra. E, come l’Inter, arriva sempre terza. Aspettavate il temutissimo articolo di Sigolo sulla fiera milanese? Con un po’ di ritardo, eccolo...

di

Terza in Italia, dopo Bologna e Torino ovviamente, stritolata anche alla vigilia della Biennale che avrebbe dovuto, per calendario, favorirla. Invece la stessa metropolitana, che vomitava gente per il Salone Internazionale del Mobile appena 20 giorni prima, restava tristemente deserta.
Non è questo che stupisce, tuttavia. Semmai il fatto che, invece di apparire un appuntamento esclusivo e d’élite rispetto alla grande kermesse dell’arredamento, di questa appare invece una pallida declinazione nazionalpopolare. Insomma è deprimente constatare che è proprio il livello culturale di questa manifestazione ad essere basso. E le gallerie s’adeguano. Volano basse anche loro. Snobbata da quelle milanesi, le restanti si dividono tra quelle obbligate per onor di firma a far presenza sulla piazza dei loro migliori collezionisti e quelle che s’accontentano della ribalta. E allora i pezzi importanti restano a casa. Qui la partita si gioca tra l’arte liofilizzata internazionale, pezzi piccoli o minori, il campionario da televendite e la crosta per la sciùra Maria. Salvo eccezioni.
E salvo la sezione del ‘900 storico, dove invece la qualità c’è e grazie al quale Miart si tiene a galla per i capelli, non mancando di dar voce alle solite ridde annuali sui destini di questo evento. Chiuderà, non chiuderà, si fonderà con Artissima? Dieci edizioni non sono bastate a capire che questa è una fiera nata sbagliata. Perciò conto tondo, si ricominci. Noi, intanto, cerchiamo di cavarci il meglio e il peggio.

IL PEGGIO

Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate. Già, l’ingresso scoraggerebbe chiunque. Dapprima la passeggiata della scultura, uno slalom tra catorci memorabili, quindi l’arc de triomphe, l’ingresso rivestito da Mimmuccio Rotella. Al maestro siamo affezionati ma, diamine, già siamo in campagna elettorale continua, il monumento al pasticcio del manifesto ce lo potevano risparmiare, no?

Fiera o gara di orientamento? Miart per i 10 anni si regala il padiglione 10. Tutti insieme appassionatamente è meglio. Ma siccome la mente umana è contorta, eccoti servito un bel casotto, con le sezioni che si incastrano a elle, a zigzag, a dedalo l’una nell’altra senza adeguata segnaletica direzionale. In alcuni incroci non ci si orizzontava neppure con la bussola. E, come se non bastasse, le planimetrie consegnate all’ingresso mostravano un disarmante monocromo grigetto.

Art & Co. ovvero il mercatino delle pulci. L’idea di unire arte, design e artigianato di qualità potrà pure essere letto come il tentativo di Miart di distinguersi per l’originalità di un modello. Di fatto, per la seconda volta da che questa sezione è stata inaugurata, ci troviamo di fronte ad un’accozzaglia insulsa di oggetti fuori contesto, senza capo né coda. E’ nell’idea, corretta, di immaginare lo spazio domestico come luogo del gusto e dell’arte tout court, dall’opera d’arte all’arredamento, che Miart fallisce, non riuscendo a realizzare l’integrazione e il dialogo, secondo i modelli nord-europei.

Déjà vu.
E veniamo al dettaglio. Tim Noble e Sue Webster hanno girato gallerie e musei di mezzo mondo. Tuttavia il loro vecchio progetto Black Magic sta diventando una specie di caso. MW Project lo sta presentando ad ogni fiera. Sarà pur bello ma la verità è che il catalogo è pronto e la mostra, costruita di freschi disegni dipinti, è buona per tutte le stagioni e la si trasporta in una valigetta. Lo stand tascabile è il rischio dell’eccesso di presenzialismo fieristico. Peccato che anche il pubblico si sposti e alla fine ti sgama.

Contemporaneità questa sconosciuta. Che gran sollievo dev’essere sapere che la pittura è di moda. A vedere Miart pare esista solo quella. E video ed altri media si contano sulle dita di una mano. Poche idee dunque. Ma quando una galleria che si chiama Eidos Immagini Contemporanee ti propina Vasarely e Dadamaino allora la domanda è legittima: Immagini Contemporanee… maddeché?

Zappa sui piedi. E’ quella che si dà Danilo Buccella continuando a rappresentare ragazzine malaticce alla maniera della Manzelli. Ammesso e non concesso che ci arrivi, a farle parere simili alle originali, è il fine dell’operazione che sfugge.

I Will Survive Ma lo stand fucsia da dove l’hanno riciclato quelli di PoliArt Studio GR? Da uno spettacolino per drag queen?


Anteprima off limits.
Stand minuscoli e male interpretati. Senza regole i galleristi hanno pensato bene di stipare opere come sardine. Se poi il pubblico passa alla larga non ci si lamenti: non ci sta!

Chi l’ha visto? E’ stato il pubblico. Alla Fiera del Libro di Torino, al parco a passeggiare tra le installazioni floreali di Orticola, corrispettivo fieristico per fiori e piante, sulle riviere della Liguria. In ogni caso, il pubblico a Miart non s’è visto. Ai 10.000 visitatori toglieteci gli addetti ai lavori, cosa resta? Resta che per i corridoi ci si poteva giocare a boccette. Anche nelle ore clou del weekend.

Assenti ingiustificati. Sono state le gallerie milanesi, quelle che contano. Le prime a non credere a Miart. Così persino chi ha tentato di andarle a visitare a domicilio ha avuto l’amara sorpresa. Luci spente e serrande abbassate.

Istituzioni tra alti e bassi. Qualcuno dirà che quella dell’associazionismo culturale è da diventata una mezza furbata legalizzata per pagare meno tasse, diffusa anche tra i ristoratori. Ma la Provincia di Milano ha fatto una discreta selezione, dando così spazio anche a situazioni indipendenti del territorio: idea buona, forse da giocarsi meglio. Dall’altro il Comune imbastisce una mostra dal titolo Con-tatto, a cura di Marina Mojana, sorta di vetrinetta per quattro giovani scultori milanesi. Inopportuna, insipida, raccogliticcia, anche la carta delle mostre a latere potrebbere essere da giocare, ma non così. Già, perché tra i quattro giovanissimi c’é chi ha superato la trentina e chi sfiora i quaranta, dunque o si cambia titolo o si cambia format.

IL MEGLIO

Happy hour! Visto l’andazzo e la fiacca, puntualmente alle 18, a galleristi e pubblico era concesso di annegare lo sconforto nell’alcool. La somministrazione gratuita di vodka allo stand Absolut è stata un’ideona. La mestizia cedeva per un attimo il passo all’allegria.

Il settore Moderno. Una cosa a Miart è riuscita. Riconciliare pubblico ed operatori dalle ghettizzazioni e suddivisioni imposte dal mercato moderno. Persino i giovani artisti, delusi dalla moscia atmosfera del settore d’appartenenza, si davano appuntamento davanti ai maestri del ‘900. Sarà per la congiuntura poco favorevole per l’arte storica, di fatto dai magazzini sono usciti veri e propri capolavori. Boccioni, Modigliani, un paesaggio di Morandi del 1915, e poi Dorazio, Guttuso degli anni ‘40, Tancredi, De Luigi, Birolli, De Nittis, anche con opere passate in Biennali, collezioni e mostre illustri. L’offerta è parsa complessivamente di ottima qualità. Anche sulla Transavanguardia d’annata. Ed è uscito persino un Francis Bacon del ’49 (da Marescalchi). E visto che Arte Fiera di Bologna sembra puntare sul contemporaneo, il moderno potrebbe diventare pure un’ottimo salvagente per il futuro di Miart.

I ripescati. Sono gli artisti troppo spesso trascurati e che qualche coraggioso tenta, con personali complete, di rivalutare. E’ il caso di Gianni Bertini, da Frittelli, ed Emilio Isgrò, da Niccoli.

In forma smagliante. Al di là dei singoli gusti e delle alterne fortune, alcuni artisti italiani si sono mostrati particolarmente ispirati. Lucio Perone da Scognamiglio, con la sua caffettierona di duemetrietrenta, Laboratorio Saccardi e Andrea Mastrovito che hanno vivacizzato lo stand Colombo, Federico Pietrella che ha fatto altrettanto per Cannaviello. E poi Daniele Galliano da In Arco e Federico Solmi da Fabio Paris.

Les étrangers. Tra gli artisti, interessantissimo è Euan McDonald di Sales e un fotografo cinese, Huang Hoo, sfuggito alle sgrinfie di Marella, che però si consola egregiamente con il solito, sorprendente e divertentissimo Li Wei. Da segnalare anche alcune importanti opere di Tracey Emin da Lorcan O’Neil. Un outsider da tenere d’occhio? L’americano di origine vietnamita Tomas Vu Daniel presentato da Amste: pittura composita, psichedelica e stratificata, su fogli di mylar. La rarità? Una grande tela seminascosta da Claudia Gianferrari: è di Peter Cain, sorta di nuovo Basquiat del mercato, morto giovanissimo dopo due Biennali del Whitney e piazzato in grandi collezioni pubbliche e private americane. Tra le gallerie, la newyorkese Bortolami Dayan ha portato una serie di pezzi grossi dell’arte anglosassone, Gardner, Pfeiffer, i due Brown (Cecily e Glenn), ma paraddossalmente sembravano fuori posto. E lo sconforto regnava sovrano allo stand.

I classici. Ispirato il Botes di Raffaelli, belle le foto recenti di J.P. Witkin a Ca’ di Frà. E, a proposito di foto, bello lo stand de Le case d’arte, con Friedlander, Struth, Sultan, Hepstein, Lorca di Corcia e Barney con, a corollario e tanto per gradire, una parete di Boetti. Da segnalare anche gli ottimi Kentridge di Lia Rumma, i Muniz tolti dalla recente personale da Cardi e accostati ai Sachs e agli Schnabel.

Doppi sguardi. Divertente combinazione: da Ben Brown c’è Richter ritratto da Struth, da Frank Page Beuys visto da Warhol.

Miele d’ACACIA. Il premio dell’Associazione Amici Arte Contemporanea se l’è pappato Paolo Chiasera da Minini. A tutti è sembrato il solito pasticcio orchestrato tra un gallerista potente e i suoi collezionisti. Di fatto però la Galleria Minini, bresciana ma afferente all’area milanese e in procinto di aprire la nuova sede nel polo di Lambrate, è stata una delle poche gallerie di spicco a non scaricare Miart, ha avuto il coraggio di consegnare lo stand ai suoi giovani italiani Deborah Ligorio, Francesco Simeti e, appunto Paolo Chiasera. E, dulcis in fundo, Chiasera il premio se l’è meritato tutto, con un progetto lucido, articolato, che ha scovato anche una suggestiva declinazione pittorica. Bravo.

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alfredo sigolo


[exibart]



13 Commenti

  1. confrontarsi con il salone del mobile e la sua gente è veramente naif . meno male non abbiamo lo stesso pubblico.volete il motor show?
    e poi contare le gallerie milanesi presenti al miart, c’erano e ben rappresentate .
    caro critico, le gallerie purtroppo non s’adeguano come dice lei ma portano quello che hanno, chi è lo sciocco che paga fior di quattrini uno stand per … adeguarsi..? bologna ,torino, milano
    incontri importanti in un ‘italia dove gli investimenti istituzionali son pochi o nulli.
    x il resto le do un consiglio vada come tanti altri.. a basilea e ci resti.

  2. MiArt è un appuntamento importante e quest’anno ha dato il meglio. non capisco tanta aggressività nei confronti di una fiera che ha mostrato qualità ed interessantissimi stand. trovo che fosse molto facile da girare, se lei sie è perso è un suo problema: le corsie erano chiare e ben segnalate. ha ragione gino: basta esterofilia gratuita, basta polemica gratuita: collaboriamo insieme per l’arte a milano ed inziamo ad apprezzare i cambiamenti, che ci sono e si vedono tutti. anche a miart

  3. Bhè una cosa degna di interesse al MIART c’era, ma invece si vanno solo a nominare le gallerie (sia in positivo che in negativo)… “ma che? ve pagheno?!!!”
    Ritornando a noi parliamo dello SMOK-in’ART il distributore d’arte, degli artisti RENZI & LUCIA (noi) e 30 ragazzi dell’Accademia di Brera… il problema è che forse non eravamo supportati da nessuna galleria… e questo non fa notizia… Però a Orlan, un personaggio certamente di grande intelligenza, l’idea è davvero piaciuta !

  4. Inreressante anche la ragazza che all’interno del padiglione ti fermava chiedendo soldi per una associazione (bla bla) e se non l’ascoltavi ti augurava di finire sotto al tram! 😉

  5. Caro Sigolo, condivido pienamente i tuoi giudizi e sottolineo quello su Buccella… non solo non è per niente originale ma è addirittura più scadente dell’originale. Forza Buccella prima o poi lo capiranno che sei una bufala!

  6. Vedo che è sempre di moda fare il piscia-aceto. Se ho capito era tutto peggio meno che due Americani e tre Cinesi, andiamo bene…

  7. Lo stand più spettacolare per i miei gusti, quello di RINO COSTA di Valenza. Vedo che non lo avete nominato e mi dispiace. Saluti Gisella

  8. Caro buccella ti auguro tanta fortuna dato che te la meriti, a copiare le opere degli altri sei bravissimo… per i tempi che corrono si riesce a campare anche così, spacciandosi anche per artista. Meno male che ogni tanto qualcuno non pagato (sigolo) parla è dice le cose come stanno! W Sigolo… ti volevo chiedese se trovi in giro altre bufale (leggasi tipo Buccella) scrivilo nei tuoi articoli, grazie!

  9. Anch’io ho trovato lo stand di Rino Costa il migliore in assoluto. Non mi meraviglia il fatto che non sia stato nemmeno menzionato in questo articolo. O invece e’ logico. Su Exibart, come su tutte le altre testate, si parla solo di cio’ che fa tendenza. L’Arte, quella vera, non sanno nemmeno dove sta di casa. E non e’ nemmeno loro mestiere scoprirlo…

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