21 febbraio 2007

in_fumo Forma o formato?

 
Graphic novel, strisce, antologie, comic books, mini album. Si allunga la lista dei formati possibili per i fumetti. Nel macromondo dell'editoria si continua a pensare e produrre nel tentativo di calibrare il giusto rapporto tra forma e narrazione...

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La confezione è fondamentale. A volte è persino più importante del contenuto. Se ricevessimo un bel regalo avvolto nella carta di giornale, pur apprezzando l’originalità del gesto rimarremmo comunque un po’ delusi. Invece un oggetto di poco conto ma ben confezionato fa pur sempre la sua figura. Quando ad esempio si mette in moto il mulino della comunicazione ed entrano in gioco consulenti di immagine, uffici stampa e portavoce, diventa facile vendere scatole vuote a peso d’oro. Una simile critica fu rivolta ingiustamente all’ufficio stampa della Coconino Press poco dopo l’uscita di Blankets, romanzo grafico firmato dall’americano Craig Thompson. Qualcuno sostenne che il successo ottenuto da questa grande opera fosse da attribuire all’ottimo lavoro di promozione degli addetti stampa. È vero, quelli della Coconino hanno fatto un buon lavoro. Ma dopo aver letto Blankets, ristampato di recente nella per la nuova collana Graphic Novel – Il fumetto con la forza del romanzo e distribuito in allegato a Repubblica, probabilmente sono stati in molti a ricredersi. Perché a differenza di altri la Coconino riesce ad abbinare l’eleganza della confezione al valore del contenuto. Igor Tuveri, in arte Igort, è l’art director della casa editrice. È lui stesso a spiegarci il valore del prodotto libro, tra scelte difficili di legature, carte, inchiostri e copertine brossurate. “Lavorando in Giappone ho scoperto che la tecnica fa la differenza”, racconta Igort. “Parlando con tipografi ed editori”, aggiunge, “ho scoperto che esistevano degli standard: sistemi consolidati che fanno funzionare al meglio l’industria editoriale senza perdite di tempo”. Lui, invece, il tempo l’ha voluto perdere. Un lavoro paziente che ha rilanciato il fumetto d’autore in Italia. Ecco alcuni segreti. “Per prima cosa”, spiega Igort, “pretendo la qualità di stampa. Non a caso il nostro stampatore costa il 30% più degli altri. Utilizziamo inchiostri ricchi di pigmento che danno profondità ai neri vellutati e non inchiostri liquidi che costano la metà ed hanno una pessima resa. La scelta della carta ricade invece sulla Mat avoriata e opaca, che concede un gusto old fashion.
Un ritratto di Igort
Quella lucida che va per la maggiore mi ricorda i menu dei ristornati. Anche se il suo costo è doppio rispetto ai libri fresati, per la legatura preferisco il cucito. Infine la copertina: escludo il cartonato, un lusso eccessivo, a favore della brossura. Su queste cose non intendo risparmiare. È un patto che ho stretto con il lettore.”
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Per Igort certe scelte di stile fanno parte del racconto. Tant’è che per l’uscita in Rizzoli del suo 5 il numero perfetto, già pubblicato in tredici differenti edizioni, ha preteso di scrivere sul contratto la grammatura e il tipo di carta su cui doveva essere stampato. Lo stesso è accaduto con la casa editrice britannica Random. Alla fine se l’è stampato in proprio. Questo volume ci offre inoltre lo spunto per affrontare il tema del formato. Le prime due edizioni di 5 il numero perfetto sono state stampate in grandi dimensioni (29 x 21,5 cm). Con Rizzoli è stato ristampato in un formato pressoché tascabile. “E questo” precisa l’autore, “ha permesso una grande penetrazione nelle librerie. Per la stessa ragione ho suggerito a Gipi, che attraversa una fase di forte esposizione, di pubblicare l’ultimo libero ‘S.’ in piccolo formato”.
I formati commerciali forzano dunque le necessità imposte dagli stili narrativi e la maggiore diffusione va a scapito della qualità. “È vero, il piccolo vende di più”, sottolinea Diana Schutz, editor americana di Dark Horse che lavora anche in Italia per Kappa edizioni. “Spesso è una scelta obbligata cheGiacomo Nanni, Storia di uno che andò in cerca della paura scavalca i desideri dell’autore. Noi cerchiamo di fare il suo interesse. Penso ad esempio a Frank Miller. Con la Dark Horse ha pubblicato per la prima volta in piccolo formato nella collana Autobiographic. Ma le sue tavole originali erano il doppio della stampa finale: questo la dice lunga su quelli che erano i suoi desideri”. Per un lettore di fumetti il formato migliore resta indubbiamente il più grande. Ci sono anche eccezioni. È il caso di Giacomo Nanni: per pubblicare nel formato adeguato il libro Storia di uno che andò in cerca della paura la Coconino ha inaugurato una nuova collana di piccole dimensioni (21 x 15,3 cm) utilizzando per la prima volta le bandelle. “Per ogni libro dobbiamo trovare la forma”, conclude Igort. Tutte le sue intuizioni si sono rivelate azzeccate. Così non è per altri editori. “Il formato del libro è un discorso spinoso”, racconta Fausta Orecchio, editor e graphic designer per le edizioni Orecchio Acerbo. “Noi abbiamo fatto tutti gli sbagli possibili: annunciammo che tutti i nostri libri avrebbero avuto lo stesso formato ad organetto, ma dopo la quinta uscita mi resi conto che era impossibile. Ogni volume è diverso dall’altro. Ed ora la mia sfida è di trovare un formato originale che non sprechi neppure un centimetro del foglio 70 per 100 con cui si è soliti stampare libri…”. Il primo critico e il miglior giudice resta sempre e comunque il lettore.

link correlati
www.coconinopress.com
www.darkhorse.com 
www.orecchioacerbo.com
www.igort.com
http://igort.blogspot.com 

gianluca testa

[exibart]

1 commento

  1. errata corige

    Ho ascoltato le dichiarazioni riportate in questo articolo durante la tavola rotonda “Forme oltre il formato” che si è svolta a Lucca nell’autunno scorso durante il Salone Lucca Comics & Games. Più esattamente venerdì 3 novembre, nella Sala Magnus del Museo Nazionale del Fumetto. L’incontro, condotto da Paolo Interdonato, rientrava nel ciclo di dibattiti Comics Talks, il cui responsabile è Matteo Stefanelli.
    Una precisazione dovuta.
    g.t.

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