28 aprile 2010

in fumo_opinioni La critica del saper scegliere

 
La legittimità che si attribuisce alla critica dell'arte “alta” sembra non esser riconosciuta per il fumetto. Le riviste di approfondimento sono state sostituite dal web. E i saggi scarseggiano. Fortunatamente la critica approssimativa e marchettara lascia spazio a quella attiva...

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La scarsa maturità della critica di fumetti, ben poco
apprezzata e riconosciuta dalla élite artistica, non è da collegare alle
origini e all’età del fumetto. È forse per la scarsa identità artistica
attribuita al fumetto che la critica, spesso rivolta a una nicchia di lettori,
resta illegittimamente confinata ai margini di discussioni e dibattiti
sull’arte e la cultura. Da tempo Matteo Stefanelli – che è autore di testi
critici e appassionato studioso – scrive e lancia provocazioni e riflessioni su
questo tema. Qualche traccia di questo percorso è sparsa anche in Fumettologicamente, il suo nuovo blog.

Ma la questione è spinosa e “mai risolta”. Lo sostiene Gianfranco Goria, disegnatore, sceneggiatore,
giornalista e direttore dell’agenzia afNews. Goria ritiene che della critica di
fumetti “si dovrebbe parlare come si fa per quella letteraria,
artistica, cinematografica, teatrale e musicale. Solo che, per quelle, ci sono
livelli consolidati di preparazione universitaria che consentono di svincolarle
dal ‘fandom’ e conferire quell’aura di rispettabilità accademica e culturale
che nel campo del fumetto sembra ancora lontana da venire”.
Eppure, nonostante questo, pensa
ci siano voci adeguate anche per la critica fumettistica italiana. Supermouse di Al Hubbard“Stiamo
peraltro parlando di un campo, quello della letteratura fumettistica, che in
Italia ha ancora da crescere molto”
, aggiunge Goria. “Anche la critica ne seguirà
naturalmente lo sviluppo. In fondo ritengo che sia tutto sommato proporzionata
a quel che è oggi il fumetto nel nostro paese: agglomerati di nicchie con una
base non più numerosa come un tempo, sana ma a rischio, di fumetto a diffusione
popolare. Non posso evitare di immaginare che tutto crescerà nuovamente solo
quando tornerà a fiorire nel nostro paese il fumetto per bambini e
ragazzi”
. Ma
qual è per Goria l’effetto della critica? “Dovrebbe essere lo stesso
che ottiene negli altri settori dell’arte e della cultura: uno strumento
positivo, necessario e utile. Sia che stronchi sia che lodi”
.
E così troviamo critici d’arte che si occupano di fumetto
all’interno delle arti figurative. E critici letterari che compiono la stessa
operazione nella sezione “letteratura illustrata”. Ma i veri critici di fumetto
dove sono? Oltre al già citato Matteo Stefanelli, ci sono anche Alberto
Becattini, Leonardo Gori, Andrea Sani e Luca Raffaelli. E, su tutti, Luca
Boschi
. Uno che è
anche autore e che ne sa più di chiunque altro. Uno che ha passione e cultura.
Boschi è d’accordo sull’idea che la critica italiana, in particolare quella dei
fumetti, non è molto riconosciuta. E neppure apprezzata come critica d’arte “per
vizi che riguardano lo stesso medium. Si tratta di pregiudizi mai superati. I
fumetti non sono mai stati ben considerati come arte figurativa. Quindi anche
il lavoro del critico è sminuito. Beh, tutto questo è una stupidaggine. Perché
gli strumenti di analisi sono gli stessi che si possono usare per le altre
forme comunicative”
. Un altro dei problemi individuati da Boschi è il metodo di
espressione utilizzato da chi si è occupato di critica. “Le riviste di
settore hanno spesso ospitato interventi critici ‘umorali’. Si è espresso chi,
seppur con formazione accademica, non aveva strumenti propri”
. Quel che manca davvero, per
Luca, sono saggi e libri monografici sulla storia dell’evoluzione del fumetto
italiano. “Tutti fenomeni abbastanza recenti”, commenta. E ciò che prima era
pubblicato da riviste di settore, ora si sposta sul web, perché questa è
l’evoluzione dei canali. “Dopo le riviste come ‘Linus’ e ‘Sergente
Kirk’, c’è stato il grosso periodo delle fanzine ‘colte’ su carta. Dopo la loro
morte, la voglia di scrivere si è riversata nella rete”.
Luca Boschi e Daffy Duck - © Warner
Ma internet non può ospitare, seppur nella sua infinita
capienza, complessi approfondimenti. Uno dei primi saggi sugli autori italiani
è infatti stato scritto proprio da Boschi insieme a Leonardo Gori e Andrea Sani
(Romano Scarpa. Un cartoonist italiano tra animazione e fumetti, Alessandro Distribuzioni, 1988).
Ma possiamo ricordare anche l’opera di Luigi Bernardi e Paolo Ferriani dedicata
a Franco Caprioli e poi, ancora, i saggi critici di Moreno Burattini e
Francesco Manetti. “Tutti questi sono autori che hanno conosciuto
benissimo la materia di cui parlavano. E questa è cosa diversa rispetto a uno
scritto di Achille Bonito Oliva, che con scarse conoscenze di fumetto è
accettato perché riconoscibile in quanto critico di un’arte più alta”
.
Insomma, il concetto di “critico d’arte” applicato al
fumetto è ancora agli inizi, la sua formazione è molto legata alla cultura
personale e la conoscenza della letteratura a fumetti, per uno studioso, è
utile. Ma solo come punto di partenza. Luca Boschi“La critica può essere di
utilità sociale, ma solo se esiste una ricaduta di massa”
, spiega Boschi. “Occorre
diffondere la comunicazione in luoghi facilmente raggiungibili. E in questo
senso trovo necessario che certi percorsi di studio siano applicati anche al
mondo del fumetto. Non sento la necessità impellente di una scuola di
formazione di critici di fumetto. Magari di sceneggiatori, visto che siamo
messi un po’ male…”
.
Per concludere, a cosa serve la critica? “Può
essere un modo per spiegare agli altri. Ma soprattutto deve permettere di fare
delle scelte”
.
Secondo Boschi, infatti, la critica dovrebbe avere una funzione attiva. Ma
come? “Ad esempio imponendo un autore sconosciuto all’attenzione del
pubblico”
. E lui
lo ha fatto, e a più riprese. Come quando, sulle pagine della rivista Zio
Paperone
, ha riproposto un autore come Al
Hubbard
, grande
maestro Disney misconosciuto. “Prima occorre individuare l’opera, che va poi
posta sotto i riflettori. Seguirà la sua rivalutazione…”.
Quindi la critica deve essere
coraggiosa. Ma anche capace di promuovere cultura assumendo un ruolo “attivo”
(per dirla alla Boschi) e non meramente legato alla marchetta. Insomma, deve
offrire strumenti utili alla scelta. E quindi anche alla lettura e alla
conoscenza.


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*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 65. Te l’eri perso? Abbonati!

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