15 gennaio 2013

Make it new” o togli il tempo all’opera?

 
Esattamente cinquecentosette anni fa veniva alla luce il Lacoonte. Roba vecchia? Neanche per sogno. Perché da Lessing, passando per Cesare Brandi fino a Rosalind Krauss, di mezzo c'è la dimensione temporale dell'opera
di Marcello Carriero

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Nella mattinata del 14 gennaio 1506, durante gli scavi a Roma su Colle Oppio nella villa di Traiano, fu rinvenuto il gruppo marmoreo del Laocoonte da allora conservato nei Musei Vaticani. La statua del I secolo a. C., era nota per la descrizione che ne fece Plinio nella Naturalis Historia come capolavoro che rappresentava l’episodio dell’Eneide dove il sacerdote, profeta del tranello del cavallo di Troia, viene stritolato insieme ai figli da due serpenti marini inviati da Minerva. Informati del ritrovamento Giuliano da Sangallo e Michelangelo che pranzavano insieme, ossia il sovrintendente agli scavi e il più grande scultore allora a Roma, iniziarono una serie di celebrazioni della scultura che generarono la riflessione sulla matrice storica delle arti plastiche. Nel 1766 Getthold Ephraim Lessing, in risposta all’olimpica dignità dell’espressione della figura morente riscontrata da Winkelmann nella scultura, scrive il saggio Laokoon. Lessing opponeva la ragione di una modernità interpretativa a una modernità normativa. Con ciò si inaugurava una riflessione sull’autonomia dell’arte da qualsiasi prescrizione. Una separazione ripresa due secoli dopo da Clement Greenberg, nel 1940 con un saggio intitolato New Laokoon dove quest’autonomia era riscontrabile nel potere d’emancipazione dei media nelle avanguardie.

Il Laocoonte greenberghiano fu concepito in pieno Modernismo. Modernismo letto invece problematicamente, appena dieci anni dopo, da Cesare Brandi in un testo uscito su “Immagine” intitolato la fine dell’Avanguardia. La visione di Brandi, pur nella chiara interpretazione della contemporaneità, mette a fuoco l’azzeramento del passato nelle arti, fenomeno ripreso e sottolineato da Rosalind Krauss negli anni Ottanta col termine “make it new”. Il Laocoonte, si torce ancora oggi nel tentativo di liberarsi dai vincoli del presente. L’opera d’arte contemporanea, infatti, è spesso costretta nella categoria spaziale che le permette di essere ovunque riconoscibile ma non per questo di restare “sempre” riconosciuta. Il tentativo di alcuni artisti è, quindi, quello di ridare all’opera d’arte una categoria temporale che riconosca un passato e, di conseguenza, ritrovi la forza di progettare il futuro.

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