20 luglio 2006

BEN SERVITO ALLA FOTOGRAFIA

 
Dopo oltre vent’anni, la Fondazione Italiana per la Fotografia viene commissariata. In sordina, per qualche spicciolo che manca al bilancio. Torino conferma una miopia politica imbarazzante. Ne abbiamo parlato con Daniela Trunfio, che ha visto nascere –e morire– la F.I.F...

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Torino non sembra sgradire la fotografia. Penso a gallerie come Photo & Co. o alle mostre in Gam. Qual è la peculiarità della F.I.F.?
Da quando abbiamo iniziato la nostra attività, prima come Associazione Torino Fotografia (1985) e poi come Fondazione Italiana per la Fotografia (1992), il panorama della fotografia mondiale, italiana e quindi torinese è molto cambiato. Purtroppo non è cambiata la percezione della fotografia come bene culturale da proteggere nelle sue molteplici sfaccettature. Proliferano gallerie d’arte contemporeanea che si occupano di fotografia, le fiere (d’arte contemporanea) presentano un’infinita di giovani e meno giovani che usano la fotografia come mezzo espressivo e che grazie a ciò la fotografia è entrata nei musei (d’arte contemporanea) e nel salotto buono del collezionismo. Ma occuparsi di fotografia, credere nella valorizzazione della sua storia, educare all’immagine, restaurare le immagini e censirle è un’altra cosa. Questi processi hanno ragion d’essere se sono diffusi a tutti i livelli, dal pubblico alle strutture pubbliche e private, ai governatori della cultura. Non c’è da stupirsi che, per esempio, la fotografia non sia entrata, se non di striscio, nelle università, o che gli archivi dei grandi maestri italiani rischino di essere “svenduti” ad altri Paesi.

Cosa avete fatto in questi 12 anni?
160 mostre, XI Biennali Internazionali di Fotografia, 4 edizioni di Fotodiffusione. La fondazione ha realizzato laboratori didattici e workshop, collaborato con Teatro Regio, Museo del Cinema, Fondazione Accorsi, Fondazione Bricherasio, Università. Ha restaurato importanti fondi dell’Archivio di Stato, dei Musei Vaticani e di altre istituzioni che si rivolgevano a un laboratorio unico in Italia. Ha promosso la giovane fotografia e non ha mai interrotto la sua missione iniziale: far scoprire e rafforzare una visione allargata sulla fotografia, sui suoi bisogni e sulla sua storia esIl logo della Fondazione Italia per la Fotografia tetica. In 12 anni la F.I.F. ha ricevuto dagli enti pubblici che oggi ci processano 3.500.000 €, cioè 300.000 € scarsi all’anno. È parte di quello che spendono per realizzare una mostra di media importanza.

Quindi il commissariamento è una mera questione di quattrini?
A fine 2004 abbiamo chiesto un intervento straordinario agli Enti pubblici, che peraltro non hanno mai provveduto alla ricapitalizzazione, anche se il meccanismo dei Fondi di Dotazioni serve per ripianare i bilanci. La necessità era di 1.500.000 €, mentre altre Fondazioni sono state ripianate con cifre molto superiori. Per oltre due anni siamo stati in stallo, in attesa di decisioni politiche che oggi hanno decretato la chiusura dell’Ente e il passaggio delle collezioni alla Gam. Credo che la decisione sia esclusivamente politica. Si è voluto dare un segnale di discontinuità con la precedente Giunta. A monte, il diverso peso di ritorno politico (la fotografia non porta voti) e una miopia sul valore storico e culturale della fotografia. Sono sicura che si sarebbe fatta più attenzione se ci fossimo occupati di modernariato, antiquariato, teschi (Lombroso) o, al limite, di architettura.

Quali saranno le prossime mosse tue e del tuo staff?
Credo non ci sia nulla da fare. A livello politico, opposizione e maggioranza (eccetto i DS influenti) si sono espresse per una liquidazione “intelligente”, che azzerasse il passato ma preservasse l’alta progettualità dell’Ente per poterlo far ripartire. Ma queste voci sono state inascoltate. Quindi allo staff non resta che concordare una ricollocazione all’interno delle strutture culturali cittadine. Ci ritroveremo a fare tutt’altro in nome della flessibiltà o cercheremo di portare la nostra professionalità fuori da questa regione e da questa città, che non hanno voluto considerare quanto di culturale abbiamo loro dato in questi anni. Questi signori hanno ignorato che il Museo di via Avogadro era un fiore all’occhiello per la città. I gestori pubblici (mi piace chiamarli gestori) hanno fatto finta di niente!
Uno scatto di Gianni Berengo Gardin
Si mormora che la Fondazione Sandretto sia interessata al vostro archivio. È pensabile una sinergia?
Ripeto, la volontà è di azzerare noi e le nostre attività. Più volte abbiamo chiesto ai gestori quale fosse la progettualità per quanto riguardava la fotografia: non abbiamo avuto alcuna risposta. Il gossip esiste, ma se così fosse noi siamo tagliati fuori. Se altri si occuperanno di fotografia, staremo a vedere e faremo le nostre considerazioni. Ma credo che non accadrà. Almeno in tempi brevi e se c’è un limite alla decenza!

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intervista a cura di marco enrico giacomelli

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 31. Te l’eri perso? Abbonati!

[exibart]

4 Commenti

  1. sono sconcertata da quello che ho appena finito di leggere!
    posso capire in parte tutte le difficoltà che la fotografia contenporanea deve affrontare nel nostro paese.
    sono una studentessa di beni culturali che ha deciso di lavorare su un progetto di tesi sulla fotografia contemp. italiana e, nella mia estenuante ricerca di testi e cataloghi, ho incontrato tante difficoltà. e le difficoltà sono maggiori soprattutto perché abito nel sud italia (frequento l’università di lecce). qui istituti come la fondazione italiana per la fotografia non esistono.
    al sud l’arte contemporanea, ad eccezzione di un grande centro come napoli, è considerata pochissimo e chi cerca di aprire il pubblico ad una conoscenza più seria dell’arte contemporanea incontra infiniti problemi o si trova solo, senza alcuno appoggio istituzionale.
    bisogna solo sperare che in futuro ci siano figure nel settore amministrativo del nostro paese più aperte al nuovo con un occhio serio e critico, e magari anche più giovani!
    purtroppo la serietà dei nostri amministratori è molto importante. sono anch’io d’accordo su chi dice che il miglior modo per divulgare l’arte sia lo stato, cioé noi, e non i privati o comunque istituti sostenuti parapubblici.
    questa è la mia piccola polemica.

  2. Per maggiore obiettività nel presentare la questione, forse non sarebbe male riferire che da Torino è partita anche una petizione di importanti studiosi del settore, “capolista” tutti Pierangelo Cavanna, per la chiusura della F.I.F. e il suo inglobamento in strutture pubbliche già esistenti. Le motivazioni alla base di tale petizione sottolineavano il sostanziale fallimento della missione intrapresa 12 anni dalla F.I.F., nata con l’ambizione di essere un motore trainante NAZIONALE dell’intero “movimento” fotografico, e diventata in seguito una ruota di scorta di dimensione locale. Siccome la necessità di una fondazione nazionale che abbia le ambizioni originarie della F.I.F. è ancora attualissima, è assolutamente serio e responsabile che si ponga fine a un esperimento non riuscito, lasciando modo che lo si possa riprendere altrove con rinnovate intenzioni (ve le immaginate due fondazioni nazionali della fotografia, due “maison italienne de la photographie”? D’accordo che siamo capaci di tutto, ma fino a un certo punto…). Non dimenticherei, infine, l’autentico “harakiri” dell’ultima Biennale di Fotografia, dedicata al fotogiornalismo: chi conosce la materia l’ha trovata semplicemente indecente, scientificamente e culturalmente “minorata”, cialtronesca e approssimativa anche negli aspetti più ordinari dell’allestimento (il relativo catalogo rimarrà una pietra miliare di quella che dovremmo chiamare “subcultura fotografica”). Se la F.I.F è diventata non un’alternativa, ma espressione di questa “subcultura”, se da questa iniziativa ha creduto di essersi guadagnata le credenziali per proporre la costituzione di un “Centro Studi sul Fotogiornalismo”, allora vuol dire che la sua storia è proprio finita. Come si dice, chi è causa del suo mal…

  3. Beh…per motori trainanti, se questa F.I.F sarebbe durata 12 anni, nel frattempo peroo avraa operato, esistono iniziative nel giro della politica nazionale che non durano nemmeno un governo, figurarsi nell’arte giornalistica che trasmuta in fretta a passi di tempo e sensazionalismo! Non mi stupisce…anzi che, di questi tempi, abbia goduto di privilegi per un lungo periodo di 12 anni> poi se come conseguenza del suo fallimento fosse relegata a ruota di scorta a dimensione locale beh…non sarebbe proprio una sentenza di morte.

  4. E’ noto a tutti che se non si è omologati a sinistra o non si lascia qualche poltrona ben remunerata a qualche trombato alle elezioni non si ottengono nè fondi nè credito.
    Perciò ,cercate nel vostro organigramma una qualche funzione da riservare a qualche omologato a sinistra e vedrete che i finanziamenti arrivano.
    Cordialmente

    Gianni Socrate

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