19 marzo 2007

LES DEMOISELLES CENTENARIE

 
Compie cento anni Les Demoiselles d’Avignon, opera ormai mitica che Picasso dipinse nel 1907. Il quadro che ha aperto la strada al Cubismo e a tutte le Avanguardie. E ha regalato agli artisti un’infinità libertà di espressione…

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Fino al 1907 tutti erano in grado di leggere un dipinto” (David Hockney). Poi nel 1907 Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973) dipinse Les Demoiselles d’Avignon opera travagliata preceduta da una lunga serie di disegni preparatori per la quale esiste una sola –banale– certezza: il significato del titolo. Niente a che vedere con la cittadina distesa lungo le rive del Rodano, ricorda invece una strada di Barcellona, Carrer de Avinyo, frequentata da prostitute. Originariamente il dipinto rappresentava l’interno di una casa di tolleranza, cinque prostitute, un marinaio e uno studente con un teschio in mano, forse un’allusione all’eterno circolo eros-thanatos, amore e morte. Nella versione definitiva sono rimasti solo i cinque nudi femminili.
Quello che Picasso ha eliminato -le due figure maschili- è importante tanto quello che ha lasciato. Testimonia una svolta decisiva, l’artista abbandona ogni intento narrativo e si concentra sul valore formale dell’opera, alla ricerca di un nuovo linguaggio espressivo. Fino a quel momento aveva dipinto figure riconoscibili: diseredati e mendicanti nel periodo blu, saltimbanchi acrobati del circo e pagliacci nel periodo rosa, figure allungate delineate dal tratto flessuoso del suo straordinario disegno.
Nel 1907 rimette in discussione tutto quello che aveva fatto fino a quel momento. Per mesi lavora alle Demoiselles, corregge, cancella, ridipinge alcune parti del quadro, che si trasforma continuamente. Il risultato è un’opera complessa, la prova visibile di una creazione sofferta. Cinque nudi spigolosi, taglienti, due dei quali quasi irriconoscibili come “donne”, si fondono con lo spazio che li ospita annullando ogni differenza tra figura e sfondo. Qualcosa di totalmente nuovo anche nella Parigi delle avanguardie.
Migliaia di parole sono state dedicate all’analisi delle fonti da cui Picasso avrebbe tratto ispirazione. L’elenco è lungo: dalla scultura catalana d’epoca romanica alle maschere africane -l’arte primitiva così di moda a Parigi agli inizi del secolo XX- passando attraverso El Greco , Ingres, Cézanne e Matisse.Pablo Picasso, Les demoiselles d Avignon, olio su tela, 1907, New York, MOMA
Le cinque demoiselles sono molto diverse. Le due al centro sono più riconoscibili: hanno grandi occhi sbarrati e ancora una certa morbidezza di forme. La fissità dello sguardo e i corpi essenziali sono stati ricondotti all’arte catalana romanica, ma quella posa articolata con le braccia che s’incrociano dietro la testa è una citazione dal Bagno Turco di Ingres. La donna in piedi sulla sinistra ha lunghi capelli neri che appoggiano pesantemente sulle spalle, il profilo legnoso come quello dei dipinti egizi e il corpo sezionato da linee geometriche. Le due figure di destra –una seduta e l’altra in piedi– sono quasi irriconoscibili, i volti sostituiti da maschere mostruose sulle quali Picasso si è accanito con brutale decisione. Pennellate verdi deformano il viso della donna in piedi, l’altra ha un’anatomia paradossale, gli occhi disposti in modo asimmetrico, il naso come un lungo cuneo d’ombra, ne vediamo contemporaneamente schiena e viso. Picasso dipinge il corpo della donna simultaneamente da punti di vista diversi, distrugge il principio dell’unicità del punto di vista e apre la strada al cubismo.
I critici da sempre discutono sulla possibilità di parlare di cubismo per le Demoiselles. Con quest’opera inizia la frantumazione dell’oggetto in parti geometriche che mescolano punti di vista diversi –era stato Cézanne a farlo per primo anche se in modo meno percettibile. La donna seduta è rappresentata non come appare all’occhio in una visione istantanea, ma come risulta in una visione mentale che sintetizza momenti d’osservazione successivi. Tuttavia l’intensità espressiva delle maschere, la volontà di coinvolgere lo spettatore con quella natura morta che scivola inesorabilmente verso chi guarda sembrerebbero estranee alla razionalità cubista.
Secondo una parte della critica l’opera è un gigantesco bozzetto sul quale Picasso si sarebbe esercitato alla ricerca di una nuova forma espressiva passando attraverso stadi differenti: le donne al centro, poi quella di sinistra infine le figure protocubiste di destra. Trovata la soluzione l’artista avrebbe lasciato l’opera incompiuta. Puro esercizio formale senza un significato “altro”.
C’è poi l’interpretazione opposta: non un bozzetto, ma un’opera compiuta, un’immagine volutamente eterogenea. Due donne dall’aspetto rassicurante, due dall’aspetto minaccioso, la figura di sinistra come momento di transito. Sono arcinoti i rapporti tumultuosi che Picasso aveva con le donne, viste come esseri affascinanti e mostruosi, seducenti e pericolose. Le Demoiselles sarebbero la trasposizione sulla tela della sua visione attraente e minacciosa della natura femminile, un quadro di forti emozioni tra i più espressionisti.
Jean Dominique Ingres, Il bagno Turco, 1863 - olio su tela, Parigi Museo del LouvreTeorie a parte -entrambe trovano accreditati sostenitori– rimane un aspetto dell’opera forse poco studiato. Perché è considerata un’icona della modernità? Che cosa fa delle Demoiselles un punto di rottura nell’arte del Novecento? Picasso sovverte i canoni stabiliti dell’estetica, va volutamente contro il concetto accettato di “bello”. Le sue demoiselles sono brutte, scomposte -eppure l’opera ha un fascino immutabile nel tempo- lontane dall’imitazione della natura che aveva guidato per secoli la mano dell’artista in Occidente. Avvia l’arte e l’artista verso un destino nuovo, l’arte si emancipa dalla fedeltà alla natura, l’artista guadagna un’infinita libertà espressiva. L’arte diventa “arte pura”. Liberata dalla necessità di emulare il visibile e/o di raccontare qualcosa, diventa la proiezione affascinante della fantasia e della volontà del suo creatore, con il rischio –sempre più frequente in questi cento anni che ci separano dalle demoiselles– di risultare incomprensibile al pubblico. Con le Demoiselles l’arte raggiunge “l’apogeo dell’autonomia dell’immagine” (Warncke).

antonella bicci

[exibart]


2 Commenti

  1. Bell’articolo veramente..io ho fatto la mia tesi di laurea su questo dipinto..è fantastico!!!Ma nn ci sarà nessuna mostra a ricordare il centenario de Les demoiselles d’Avignon?

  2. Se volete sapere di tuto e di più su les Demoiselles vi consiglio di leggere The genesis of les demoiselles d’ Avignon di William RUbin..è in inglese ma ne vale la pena!!!

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