06 aprile 2007

LO SCATTO DI ROMA

 
Lo scatto come scatto fotografico, ma anche come scatto di qualità. Il festival FotoGrafia di Roma –in programma dal 6 aprile sino a giugno- aggiunge ulteriori tasselli ad un mosaico che lo rende ormai assoluto punto di riferimento internazionale del settore. Tra nuovi premi, spazi inediti, produzioni, collaborazioni online e importanti sponsor. Il direttore, Marco Delogu, ci racconta tutto…

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Cosa è stato, cosa ha significato e quale tracciato ha percorso il festival FotoGrafia dalla sua nascita ad oggi. Che tipo di evento era e che tipo di evento è diventato?
Il festival è nato rapidamente in pochi mesi (pensato nell’estate 2001 e aperto nella primavera 2002) e ha significato la prima grande manifestazione italiana dedicata alla fotografia internazionale, aperta dall’inizio a ospitare artisti e fotografi da tutto il mondo.
Quando c’è stato il primo salto di qualità?
Dal primo anno in cui abbiamo ospitato Boris Michailov, Nan Goldin, Leonard Freed e molti altri con lavori conosciuti e già realizzati, agli anni successivi in cui il festival ha iniziato una grande attività di produzione di lavori nuovi sul tema del festival (dal secondo anno è iniziata con Josef Koudelka la “commissione” su Roma), un lavoro sulla giovane fotografia e una sempre maggiore attenzione alla cura delle mostre e al rapporto tra il fotografo e il curatore. Sembrerà strano ma ancora nella fotografia non si da sempre la giusta importanza al ruolo del curatore. Il festival ha acquistato una sua precisa identità legata a progetti di fotografia “autoriale”, aperto a tutti i linguaggi e in costante osservazione di tutto quello che succede nel mondo. Col tempo selezioniamo sempre più le mostre principali e ciò si ripercuote anche nel circuito festival (le mostre legate alle gallerie private e a molti spazi non istituzionali) e il festival è diventato un punto di incontro per la comunità nazionale e internazionale.

Quali i passaggi cruciali a livello operativo e organizzativo?
I passaggi principali sono stati quelli di interagire con gli spazi rispettando la loro storia e proponendo sempre lavori nuovi, quasi sempre prodotti dal festival, che si inseriscano perfettamente nella storia del museo ospitante e mai come nell’edizione del 2007 sono contento dell’equilibrio trovato.
Uno scatto di Philippe Ramette
La più grande delusione e la più grande soddisfazione in questi anni.
È stata bellissima la prima inaugurazione ai Mercati di Traiano, con la mostra di Leonard Freed (Leonard è purtroppo recentemente scomparso), ed è stata una grandissima soddisfazione aver iniziato la tradizione della “commissione” su Roma con Josef Koudelka, e averla proseguita con Olivo Barbieri (2004) e Anders Petersen (2005), tutti lavori da me personalmente curati e ai quali sono molto legato, così come ai lavori fatti per FotoGrafia da Michail Rovner, Don Mc Cullin, Guy Tillim, dall’edizione completa del lavoro di Letizia Battaglia e Franco Zecchin, e dall’aver scoperto moltissimi giovani fotografi e continuare a farlo (cito il caso di Jules Spinatch). La delusione è stata per me il lavoro complessivo di Martin Parr su Roma, bello solo in parte.

“Questione Italiana” è il claim di quest’anno. Cosa sta succedendo nella fotografia italiana oggi? E come il Festival cercherà di render conto di ciò?
Succede molto nella fotografia italiana, ci sono sempre più spazi e sempre più fotografi interessanti e per fortuna non esistono più gerarchie consolidate. Mancano però due cose molto importanti: una vera tradizione di scuole, e un vero “sistema” Italia, cioè istituzioni che lavorino sulla produzione e la promozione della fotografia italiana. “Questione Italiana” nasce anche dalla necessità di tirare le fila, capire cosa è la fotografia italiana contemporanea e provare a mettere il primo mattone nella creazione del “Sistema Italia”

In tempi in cui si scoprono gruppi di inaggettivabili personaggi pronti a risolvere con le armi i loro (non) problemi magari facendo fuori il prof. Pietro Ichino e firmandosi BR, come affronterai –nella mostra da te curata- un tema scottante come quello del Settantasette?
Il ’77 è stato un anno importante, molto importante nella storia italiana e nella storia della libertà di pensiero. È stato un anno dove c’è stata una grande esplosione di creatività. L’aspetto violento è stato legato a una minoranza del cosiddetto “movimento”, quella stessa minoranza che lo ha portato alla fine. Non mi interessano le nuove BR, così come le vecchie BR e gli altri gruppi del terrorismo di sinistra: gruppi di persone poco interessanti che non hanno mai espresso un pensiero interessante e hanno distrutto molte vite (scrivo queste righe la sera del primo marzo dopo aver visto le immagini su Rai Tre del funerale di Guido Rossa). Il grande successo dell’iniziativa in corso,realizzata con repubblica.it in cui invitiamo a mandarci le foto “private” del ’77 ci ha fatto conoscere un movimento diffuso in tutta Italia. Più nel dettaglio affronteremo ilEva Frapiccini tema del ’77 con una mostra personale di Tano D’Amico e una collettiva con fotografie di Mimmo Frassinetti, Toni Thorimbert, Gabriele Basilico, Cesare Colombo, Romano Martinis, DinoFracchia e Uliano Lucas, oltre a una selezione delle fotografie arrivate tramite repubblica.it e a un blob speciale della durata di un’ora, realizzato appositamente per il festival

La manifestazione è ad un momento cruciale per la sua vita, con un ampliamento dei progetti –come vedremo- che lo potrebbe portare ad essere ancor più punto di riferimento internazionale nel suo genere: sarebbe a tal fine necessario uno sforzo in più da parte dell’amministrazione comunale oppure sei soddisfatto di finanziamenti, supporto logistico, organizzazione?
Soddisfatto di tutto il prezioso e indispensabile supporto che arriva dall’amministrazione capitolina e dall’ottima organizzazione di Zoneattive. Vorrei che tutte le ipotesi di museo, o casa, della fotografia giungessero a una conclusione concreta e che si iniziasse a lavorare all’apertura di ciò: sarebbe l’ultimo anello mancante nella costruzione di una vera capitale internazionale della fotografia e darebbe al festival quel luogo centrale di riferimento che è indispensabile in una città come Roma.

Il triumvirato Bettini-Borgna-Veltroni ha riempito la Capitale di ‘case’: del cinema, delle letterature, del teatro, addirittura del jazz… A che punto siamo, appunto, con la casa della fotografia?
Abbiamo tre ipotesi concrete in ballo e stiamo valutando quale scegliere. L’ipotesi di museo, o casa, è già stabilita ed è un’idea forte e semplice allo stesso tempo: quella di uno spazio sulla fotografia sempre aperto, che esponga in modo permanente le opere più belle prodotte nelle sei edizioni realizzate del festival, che sia un luogo di incontri per tutti gli appassionati e per tutte le figure della fotografia, che sia uno spazio con una gestibilità facile e pieno di mostre temporanee.

Parliamo di un dato importante per il Festival FotoGrafia di Roma: la sua capacità di riuscire a diffondersi nella città presentandosi in una moltitudine di spazi. Tra le location istituzionali quali sono le novità di quest’anno e le conferme?
La grande novità è l’Ara Pacis con una mostra sulla scuola italiana di “paesaggio” (21 autori) e il nuovo lavoro di Antonio Biasiucci dedicato agli “ex voto”, e poi il Museo Bilotti con l’European Month of Photography. Le conferme sono tutti gli spazi come la GNAM per la ricerca contemporanea, Museo di Roma Palazzo Braschi per una ricerca più legata alla tradizione, e il Museo di Roma in Trastevere per il reportage, che da anni costituiscono l’ossatura del festival, e poi la riconferma de Tempio di Adriano che ospiterà la mostra di Graciela Iturbide, “commissione” 2007 su Roma, e infine le conferme dell’Auditorium e del Museo Andersen con la mostra sulla collezione storica della Fondazione Sandretto.
Una fotografia di Tano D
Inoltre la Regione Lazio omaggerà il Festival inaugurando il suo spazio espositivo proprio in occasione del festival…
Uno degli edifici più belli progettato da Luigi Moretti sarà restituito alla città dopo anni di strani utilizzi e diventerà un fantastico spazio espositivo. Lo abbiamo inaugurato il 15 marzo con una mostra dal titolo “Non tutte le strade portano a Roma” in cui sette fotografi (quattro italiani e tre stranieri) hanno lavorato su luoghi inediti e storici della regione Lazio restituendoci visioni molto personali e tutte legate alla storia recente della grande fotografia di paesaggio.

Riguardo invece agli altri spazi (gallerie private, istituti stranieri, accademie e spazi alternativi) quest’anno si arriverà a quota cento?
Di più. Si arriverà a oltre 120 mostre del circuito festival, mostre frutto di una selezione sul tema “questione italiana” e che si svolgeranno in spazi diffusi in tutta la città.

Un nuovo progetto che vi connota in maniera prestigiosa a livello internazionale è il Mese Europeo della Fotografia. Di che si tratta?
Il Mese Europeo della fotografia è un network internazionale di cui il festival fa parte insieme ai festival di Parigi, Vienna, Mosca, Berlino, Lussemburgo e Bratislava. Non il solito network per scambiare mostre e incontrare operatori, ma una vera e propria piattaforma per seguire la fotografia contemporanea nelle sue evoluzioni, in grado da subito di produrre nuovi progetti, grazie anche alla capacità di attrarre investimenti privati, come il caso di Alcatel-Lucent, azienda sempre più attento alla fotografia. Il primo è “Mutations 1”: 35 nuovi fotografi presentati in un catalogo comune distribuito in tutta Europa (Mutations 1, ed. Contrasto – distribuzione Thames & Hudson); 7 di loro sono inseriti in una mostra collettiva che sta girando con successo le 7 capitali e che arriva ora a Roma: Beate Gutschow, Marek Kvetan, Nina Dich, AES+F, Elisabeth & Carine Krecke’, l’italiana Eva Frapiccini e Philippe Ramette che è anche il vincitore della prima edizione del Premio Alcatel Lucent appositamente istituito per il Mese Europeo della Fotografia.Marco Delogu

Far dirigere una grande manifestazione di fotografia a Marco Delogu è come, ad esempio, assegnare la cura della Biennale di Venezia a Mimmo Paladino. Come gestisci la doppia veste di fotografo e curatore?
La gestisco tutti i giorni dell’anno con grande e costante passione e con un gruppo di collaboratrici che mi affianca e mi facilita molto il lavoro. Io rimango principalmente un fotografo, molto interessato al mondo della fotografia che lo circonda così come a altre discipline e in particolare all’arte contemporanea e alla letteratura. Aver inventato FotoGrafia e continuare a dirigerla mi piace moltissimo; fare le fotografie mi emoziona moltissimo e non posso farne a meno, e in questi ultimi mesi sto lavorando contemporaneamente a tre grandi progetti personali e a un nuovo libro. Sei edizioni di FotoGrafia mi hanno dato tanto e fatto conoscere tantissimo, ma sono andato avanti con regole ferree di cui la prima è quella di non cedere mai alla tentazione di esporre nel festival, e la seconda è quella di guardare sempre tutti i progetti che vengono da idee forti dei fotografi .

Hai da poco formalizzato un importante incarico presso il Palazzo delle Esposizioni, che si avvia alla sua riapertura dopo anni di lavori in corso. Di cosa si tratterà? come influirà sulla preparazione del FotoGrafia 2008?
Il Palazzo delle Esposizioni sarà il centro di FotoGrafia 2008, e per quanto riguarda il mio incarico di consulenza cercherò di realizzare mostre di fotografia in sintonia con i temi trattati dal palazzo. Ci sono già dei progetti ma è ancora presto per parlarne e si rischierebbe di bruciarli.

Ogni manifestazione che si rispetti deve avere un premio prestigioso che le dia un surplus di visibilità. Vi siete attrezzati?
La grande novità di questa edizione di FotoGrafia è proprio il Primo Premio Internazionale FotoGrafia – Baume & Mercier, rivolto senza limitazioni a tutti i fotografi. Il premio è un’ulteriore occasione per produrre nuova fotografia: chiediamo progetti inediti, idee sulle quali investire. Al fotografo vincitore, scelto da un’autorevole giuria (cinque membri, due italiani – il sottoscritto e Walter Guadagnini – e tre stranieri di altissimo profilo) verrà commissionata la realizzazione del progetto, poi prodotto e presentato con una mostra e un catalogo in anteprima a FotoGrafia 2008. C’è tempo fino al 13 aprile per le candidature.

m.t.


FotoGrafia 2007
Festival Internazionale di Roma – sesta edizione
6 aprile – 3 giugno – www.fotografiafestival.it


[exibart]

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