10 settembre 2009

LAURO ARTIS CAUSA

 
Uno spazio che nasce spontaneo e cresce anticonformista. Un capannone da seicentocinquanta metri quadri e un’area esterna di cinque ettari. È il “Giardino” che Angela e Massimo Lauro inaugurano questo weekend nel cuore verde dell’Italia, nei pressi di Città della Pieve. I collezionisti napoletani ce lo raccontano in anteprima...

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Come nascono i Lauro collezionisti?
Collezionare opere d’arte contemporanea è tradizione e passione della nostra famiglia. Riguardo a noi, dopo un’iniziale attrazione verso alcuni nomi storici collezionati dai genitori di Massimo, ma che non ci potevamo permettere, nel ‘90 decidemmo di cambiare rotta e cominciammo ad acquisire opere di artisti della nostra generazione. L’episodio che segnò il cambiamento? Il primo appuntamento con Lia Rumma, gallerista napoletana in quegli anni molto vicina all’arte concettuale e impegnata in un’attività espositiva di grande ricerca. Da lei c’era un misterioso e affascinante piccolo quadro di Gino De Dominicis, di cui ci innamorammo subito. Lo prendemmo, inaugurando con grande emozione il nostro nuovo percorso.


Qual è stato il filo conduttore, in questi vent’anni, della raccolta messa in piedi?
Sarà banale, ma il filo conduttore è stato una passione smodata, incontrollabile, onnivora. Tanto che in famiglia prendevano in giro Massimo, perché dormiva poco per pensare e ripensare a tutte le opere che voleva comprare. Un amore istintivo, ancor più che un’esigenza intellettuale, sebbene esistano nella nostra raccolta alcuni step storici precisi e chiaramente individuabili: Arte Concettuale, Neo-Geo, Post Human e molti autori della Nuova Fotografia Americana.






Quali sono stati i compagni di strada più significativi? Artisti, galleristi…
Subito dopo Lia Rumma, Ileana Sonnabend è stata per noi un faro che orientava la propria luce verso la contemporaneità, costantemente alla ricerca di nuove idee e nuovi talenti; poi Kim M. Heirston, allora direttrice di una piccola galleria chiamata Stux, oggi una delle più importanti art advisor newyorchesi. Tre donne e professioniste da cui abbiamo imparato moltissimo. Riguardo agli artisti, molto belle le serate assieme a Joseph Kosuth e a Haim Steinbach, durante le quali si discuteva tanto di arte, ma ci si divertiva pure, bevendo tanto vino!

La novità oggi è questo nuovo spazio in Umbria, Il Giardino dei Lauri. Com’è uscito fuori il nome? Insomma, anche i Lauro si fanno la fondazione?

Per dare l’impressione di qualcosa di disinvolto, fresco, personale, più che di un compito, classico e protocollare, che ci ricorda la parola “fondazione”. Oltre che per l’ovvio riferimento alla tipologia della location, abbiamo utilizzato la parola “giardino” perché ci ricorda uno spazio che nasce spontaneo e cresce anticonformista, così come l’arte d’avanguardia e le opere che ne fanno parte. E poi “Lauri”, oltre che per una voglia di dare un senso di pluralismo e familiarità al nostro cognome, anche perché nel nostro giardino ci sono effettivamente tante siepi e piante di lauro.



 



Che spazio è?
Abbiamo oltre seicentocinquanta metri quadri di capannone, dove prima papà Ercole produceva il vino di famiglia, suddiviso in cinque stanze, di cui una specificamente video room. Il giardino invece è di circa cinque ettari.





Senz’altro in Umbria non andrà tutta la vostra collezione. Come avete scelto le opere da collocare nel Giardino?
Attualmente le opere in collezione sono trecento. Per il Giardino abbiamo selezionato una settantina di lavori, di considerevoli dimensioni o adatti all’esterno (come House of bread di Urs Fischer, o l’unicorno di metallo di Piero Golia), che rappresentano un po’ la zona “under 40” della nostra raccolta e, dal nostro punto di vista, alcuni dei più rappresentativi talenti europei e internazionali di nuova generazione. Tutto il resto è suddiviso tra il nostro appartamento a Napoli e la nostra residenza privata adiacente al Giardino.



 



Come mai a un certo punto della propria “carriera” di collezionisti si decide che bisogna realizzare qualcosa di “stabile”, magari anche di “pubblico”?
L’idea di aprire una parte della nostra collezione al pubblico è nata e si è sviluppata con una certa naturalezza. Avendo infatti a disposizione un capannone ormai dismesso, abbiamo subito immaginato di utilizzarlo per le opere di dimensioni più ingombranti e per degli eventi. A mano a mano che si montavano e installavano i primi pezzi, poi, ci siamo accorti che quella parte della nostra raccolta poteva essere rappresentativa di un’epoca, di un’ultima generazione di artisti, e che forse valeva la pena renderla fruibile.






Il restauro è stato affidato ad Alberto Sifola e Vincenzo Sposato. Qual è stato il loro approccio?
Un approccio che esalta il fascino dell’essenzialità di un’architettura industriale, con interventi di ristrutturazione e pulizia interna molto discreti. Gli architetti hanno poi razionalizzato l’esterno del capannone (dove pure sono installate opere d’arte) con linee più minimali, chiudendo tutte le aperture precedenti e lasciando solamente due grandi porte-finestre d’entrata. Inoltre, tramite un gioco di piazzali a diversi livelli e di porticati antistanti e laterali, hanno legato con semplicità la struttura esistente ai leggeri declini che la circondano e che un po’ ne nascondono la vista. Infine hanno piantato querce, pini e cipressi all’interno dei porticati, rendendo più leggero l’impatto dell’architettura industriale col paesaggio.

Aprire una sorta di museo privato significa un focus maggiore sull’attività espositiva e di divulgazione, per mollare eventualmente un po’ la presa sulle acquisizioni?

Assolutamente no. Senza una curatela continua, il disegno di nuovi percorsi e lo spuntare di nuove acquisizioni che Giardino sarebbe?



 





Dichiarate di essere un’associazione non-profit, aperta all’arte attraverso progetti esterni, commissioni e acquisizioni. In concreto quali saranno gli eventi che scongiureranno la creazione di un museo privato statico? Cosa avete in programma per la stagione 2009/2010 e di che staff vi avvarrete per seguire le attività del Giardino?
Il programma è di organizzare degli eventi performativi durante la stagione estiva. Sul sito abbiamo una caratteristica importante: un’ampia fossa all’esterno dove ai tempi della produzione vinicola di famiglia alloggiava una grande macchina che serviva a togliere i raspi dalle uve. Adesso che quella macchina non c’è più, ogni anno inviteremo degli artisti a riutilizzare e far rivivere la zona. Il primo evento sarà durante la serata dell’opening del Giardino e vedrà protagonisti gli Invernomuto con una performance dal titolo Holedigger curata da Art at Work. Riguardo allo staff, continueremo ad avvalerci della curatela di Marianna Agliottone, che segue ormai da anni il percorso storico-artistico della collezione, e avremo l’assistenza in loco di Alessandra Olivi.



 



Angela e Massimo Lauro, quanto avete investito per questa vostra nuova iniziativa e quanto pensate che richiederà, annualmente, la gestione del Giardino dei Lauri?
Impossibile dare una risposta. Abbiamo investito tantissima fatica, mentale e fisica. E parecchi soldi.



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a cura di massimiliano tonelli


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 59. Te l’eri perso? Abbonati!


 


 



Inaugurazione: 12 settembre 2009 su invito
Il Giardino dei Lauri
Strada Statale Umbro Casentinese, km 80 (loc. San Litardo) – Città della Pieve (PG)
Orario: venerdì e sabato ore 10-13 e 15-18.30 o su appuntamento
Info: mob. +39 3486081926; info@ilgiardinodeilauri.it; www.ilgiardinodeilauri.it


 


[exibart]

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