01 marzo 2014

Marrakech. “If you are so Smart, why aint you rich?” apre il programma parallelo della biennale, tra installazioni sonore e riflessioni sulla crisi economica

 

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If you are so Smart, why ain't you rich, Biennale di Marrakech, foto Silvia Boccardi

Ha aperto ieri sera uno degli eventi paralleli  più attesi di questa biennale, la mostra “If you are so Smart, why ain’t you rich?” L’esposizione collettiva, curata dal camurnense esperto di biotecnologie Bonaventure Soh Bejeng Ndikung (1977) e Pauline Doutreluingne, sinologa e curatrice free lance belga e fondatrice del Borderline Moving Images Festival di Beijing, si e tenuta alla scuola di arti visive di Marrakech (ESAV).  L’edificio, situato non lontano da Gueliz, la parte nuova e benestante della città, incuriosisce subito dato il contrasto tra la sua composizione bianca ed austera in stile Bauhaus ed i Riad rosa che lo circondano. La scuola è bella e trasmette un’idea di freschezza e contemporaneità: la location è apparentemente perfetta per un evento giovane e multiculturale con dodici artisti in mostra provenienti da tutte le parti del mondo. Se pero il titolo sembra scanzonato ed accattivante, il comunicato stampa è un po’ pretenzioso: i curatori si prefiggono lo scopo di creare un tributo postumo all’artista e compositore afroamericano Julius Eastman, che spesso usava l’arte come mezzo politico, e di analizzare l’economia del sapere in tempi di crisi (sic).  Uno dei primi problemi sembra proprio essere che questa retorica di crisi economica e la relazione che ha con la cultura appare molto scollegata rispetto al contesto più ampio della biennale, e quasi datata o stanca in un contesto globale.  L’allestimento è confuso, come quasi tutto in questa biennale, e  regnano opere che occhieggiano all’arte povera e al minimalismo con un overdose di materiali come acciaio e pelle. Tra i pezzi migliori il pentagramma di Paolo Bottarelli (1975) , italiano con base a Berlino, che durante il vernissage è stato il pezzo con cui più il pubblico ha interagito, e l’installazione sonora Hobo College For Itinerant Studies (confessions of an overworked artist) di Brandon LaBelle.  L’americano LaBelle, artista e critico teorico di stampo marxista, ha creato sul terrazzo dell’ESAV delle strutture improvvisate con cartone e stracci su cui ha scritto con una bomboletta frasi anti-capitalismo mentre Iggy Pop risuona nello sfondo: per quanto letterale nel rispondere al tema l’opera in questo contesto ha un suo perché. (Victoria Genzini)

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