06 maggio 2014

PIANO. Ecco come si unisce l’arte di Francia e Italia. Per una nuova piattaforma culturale e condivisa. E per una “rete” internazionale

 

di

Careof DOCVA, Milano
È una piattaforma culturale e curatoriale PIANO, che troverà nel biennio 2014-15 il suo sviluppo in una serie di centri per l’arte, fondazioni, musei e anche spazi alternativi sia in Italia che in Francia, in un tandem che mixerà artisti, curatori e promotori di un’iniziativa creata da d.c.a / association française de développement des centres d’art (associazione per lo sviluppo dei centri d’arte contemporanea).
Sviluppato in partnership con l’Institut français d’Italia, l’Ambasciata di Francia in Italia e con l’Institut français, l’iniziativa ha anche il sostegno del Ministère des Affaires étrangères et du Développement international, del Ministère de la Culture et de la Communication e della Fondazione Nuovi Mecenati in Italia. Tutto in regola per partire, insomma, con uno scambio di mostre, eventi, residenze e anche un sito internet che possano mettere a confronto, e in dialogo, tutti  gli attori coinvolti nel progetto.
Ancora non vi è chiaro di che si tratta? 
Vi facciamo qualche nome, e qualche esempio: sappiate che il Museo di Villa Croce di Genova ha iniziato la sua collaborazione con il Passerelle Centre d’art contemporain di Brest mentre la Fondazione Giuliani di Roma, il prossimo 9 maggio, porterà in scena la mostra “The Registry of Promise”, con il curatore ospite Chris Sharp. La stessa esposizione andrà anche al Parc Saint Léger di Pougues-les-Eaux, al Centre d’art contemporain d’Ivry e al De Vleeshal  di Middelburg, in Olanda. 
Il MACRO lavorerà invece con il Cneai di Chatou, a pochi chilometri da Parigi, sulle residenze dei curatori Maria Alicata, Daniele Balit e Adrienne Drake; Careof DOCVA di Milano e Dolomiti Contemporaneee, Maison des Arts Georges Pompidou di Cajarc, CAC Chapelle St Jacques e il BBB centre d’art di Tolosa saranno invece insieme per una serie di “residenze incrociate” di artisti francesi e italiani, mentre Museion e CAC di Brétigny dal prossimo settembre costruiranno la mostra “Soleil politique”, con il curatore ospite Pierre Bal-Blanc (capo progetto di PIANO e Vice Presidente di d.c.a.). Dulcis in fundo, il progetto di Kunst Meran Merano Arte con Villa Arson di Nizza, la collettiva “From e to”. 
Un gioco incrociato insomma, dove i direttori dei diversi spazi partecipanti non solo co-curano, ma invitano, si scambiano e coinvolgono artisti sia emergenti che affermati, di tutte le generazioni. 
Un nuovo modello aggregatore, con l’obiettivo di offrire un punto di mediazione tra la creazione artistica e tutti i tipi di pubblico. Per sperimentare, per educare, e per costruire una solida rete internazionale. www.pianoproject.org 

1 commento

  1. Sempre, prima di avallare un progetto-rete d’arte contemporanea, bisogna necessariamente domandarsi chi e cosa ci sia dietro.
 

    L’articolo annuncia la nascita di “Piano”, “piattaforma preparata per l’arte contemporanea”.
    Che finalità può avere collegare una scacchiera di realtà note, affermate, per lo più iper-istituzionalizzate, alcune delle quali godono di ampi sostegni di risorse pubbliche? Cosa accomuna i soggetti coinvolti? “Piano” per sostenere quale idea di arte? 
Vogliono creare un 
super-sistema, un nuovo “Museo Senza Centro”? 
    Sembrerebbe la solita pizza sfornata da funzionari in carriera nel contemporaneo di stato. Il nuovo, in arte, vive di autonomia.


    Un progetto in cui siano coinvolti gli “archivi” resta, alla prova dei fatti, a rischio lobbismo.
    E per il neonato “Piano” c’è già chi lamenta l’assenza di una ulteriore legittimazione istituzionale, come se bastasse dire “contemporaneo” e mettere insieme un manipolo di curatori per certificarne il valore culturale. Incredibile! 
    “Piano” appare sulla  carta l’ennesima idea di contemporaneo istituzionalizzato, logico produca l’effetto indiretto di emarginare ancor più dalla scena l’autentico underground, il vero nuovo che da sempre
 nell’arte nasce ai margini, indipendente. 
    L’appendice iconografica a corredo del progetto (e di altri simili) si ripete, monotona, pensata da chi vuole forzatamente far coincidere autorità con autorevolezza: fotografie di palazzoni, musei, curatori-funzionari ridenti e loghi grafici che pretenderebbero di farsi notare, quasi che le trovatine grafiche di un logo siano più rappresentative dell’intera operazione rispetto all’opera di un singolo artista. Arte non se ne vede.
    Perché a presentare il progetto vediamo più curatori che artisti?
    La “piattaforma preparata” riconosce all’artista solamente il ruolo di impiegato del sistema dell’arte sottomesso a funzionari figure-cerniera tra esso e il potere istituzionale + economico?
    Un dato certo: tali schemi di rete escludono a priori una variabile fondamentale per determinare il nuovo in arte, cioè le nozioni di alterità e di controcultura. “Centro d’arte” deve considerarsi soggetto ben distinto da “istituzione d’arte”.
    Intanto, per presentare l’iniziativa si è scelto Palazzo Farnese. Magari con l’accompagnamento di trombe e tromboni. Speriamo ci abbiano infilato almeno qualche launchpad…

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