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Nell’asta del 1 luglio scorso aveva battuto ogni aspettativa, e alzato il solito muro del “potevo farlo anch’io”. Ma il letto di Tracey Emin invece poteva farlo solo sé stessa, e il successo con cui è stato battuto (2 milioni e mezzo di sterline), ora le vale un posto alla Tate per i prossimi 10 anni. Sì, perché il suo acquirente, il collezionista e industriale Christian Duerckheim ha scelto di darlo in prestito ai musei inglesi del gruppo Tate per almeno due lustri.
«Ho sempre ammirato l’onestà di Tracey, ma ho comprato My Bed perché è una metafora della vita, dove i problemi cominciano e le logiche muoiono», ha detto Duerckheim. Tra i più noti lavori della generazione degli Young British Artists, il letto disfatto, circondato da mozziconi di sigarette, preservativi e bottiglie vuote, aveva scatenato un’onda di polemiche durante la finale del Turner Prize nel ’99: l’opera è considerata un insolito autoritratto dell’artista, oggi 51enne, in un periodo caotico della sua vita, dopo una delusione d’amore. «Siamo lieti di poter esporre un lavoro che oggi è diventato un’icona grazie alla generosità di Sir Duerckheim», ha detto il direttore della Tate Modern Nicholas Serota. Già donatore di altri pezzi al British Museum, Duerckheim si occupa di biotecnologie. E Tracey, che durante l’asta si era detta confusa perché l’opera sarebbe sfuggita al suo controllo, ora può dormire sonni tranquilli: il suo letto è decisamente sotto un buon tetto!