19 settembre 2014

La provincia italiana come un set di Sergio Leone. Ecco il progetto di Sergio Breviario, vincitore della 48esima edizione del Premio Suzzara, che arriva in galleria

 

di

sergio breviario, the time machine oltrepo, 2014
I curatori Paola Boccaletti, Elisabetta Modena e Marco Scotti, con la Galleria del Premio di Suzzara, li hanno “spalmati”  su più tempi. Pensiero strategico per continuare e dilatare l’approccio dell’arte nei paesi dell’Oltrepo mantovano colpiti dal sisma del 2012 , grazie alla 48esima edizione del Premio Suzzara. E così dopo gli interventi di Stefania Galegati Shines e Paola Anziché, e in attesa del duo Favini-Rovaldi, questo week end e fino al prossimo novembre sarà in scena Sergio Breviario, nato a Bergamo nel 1974 e dunque non troppo lontano da questa piccola fetta di Lombardia che è riuscito perfettamente a cogliere come forse, in qualche modo, l’aveva potuta cogliere Luigi Ghirri nei suoi scatti opachi e silenziosi; un set cinematografico, che l’artista ha immortalato durante l’estate, e che ha descritto così: «Cammino per il centro di un piccolo paese, Moglia: transenne, detriti e spazi vuoti. Case, portici e campanili, con scheletri di legno che fungono da sostegno, fermano il tempo a quel giorno quando tutto è avvenuto. Mi piace il mantovano perché in calde giornate come questa si sente quello strano senso di vuoto comune a molte province italiane. Ma questi scheletri rendono le architetture ancora più malinconiche, perché certificano l’assenza umana e fanno pensare a una vita passata, lontana. Questi legni, massicci e forti, fanno apparire tutto fragile, sembrano ossa in grado di reggere il corpo dall’esterno. Guardo questa casa e aspetto l’arrivo di un cowboy in sella al suo cavallo da un momento all’altro. Pare di stare in un film di Sergio Leone, un classico spaghetti western. Oggi, queste grosse travi fungono da macchina del tempo in grado di farci raggiungere luoghi lontani, legati a questa provincia italiana solo tramite l’immaginazione. Ma per rendere possibile questo salto servono coincidenze, somiglianze e colpi di fulmine, come capita agli innamorati». Ed è su questa scenografia che è nata The Time Machine Oltrepo, una serie di set fotografici utilizzando come quinte le facciate degli edifici messi in sicurezza, coinvolgendo gli abitanti del luogo come attori, comparse e scenografi. Arte pubblica che diventa un film, il diario di quello che è il presente, immaginando un altro scenario possibile e, forse, anche per non rimpiangere il passato. L’opening domenica, dalle 11.

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