28 marzo 2015

Conservare o lasciare andare? Google Art Project accorpa la street art, ma le opinioni si dividono

 

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C’è chi li considera arte e chi, ancora dopo decenni, vandalismi ai danni delle città. Parliamo dei graffiti ovviamente, sempre più “mansueti” in apparenza, almeno da qualche Google Art Project ha deciso di dedicare alla pratica una sezione del suo progetto che mira a mettere in rete il best of dell’arte mondiale, superando epoche ed etichette.
Il problema però, in questo caso, è quasi etico: la street art deve essere conservata o la sua fine fa parte della sua natura? Il dilemma vecchio come il mondo, o quasi, non si affievolisce e in questo caso, nonostante la collaborazione del web con il Wende Museum di Culver City, il Pasadena Museum of California Art e il Mural Conservancy di Los Angeles si è trovato di fronte a molte polemiche da parte degli stessi “muralisti”. Isabel Rojas-Williams del Mural Conservancy di Los Angeles, ha detto che non si fa altro che catalogare e scegliere per far vivere le opere anche oltre il tempo materiale della loro durata. 
Come si sono pronunciati i grandi (e supercostosi) artisti della street? Shepard Fairey applaude, mentre i colleghi David Leavitt e David Torres, si sono pronunciati contrari. “La verità è che l’arte pubblica è effimera per natura. Il nuovo progetto di Google cataloga non solo il lavoro di un artista, ma archivia e permette alle persone di vedere l’arte molto tempo dopo che è scomparso”, ha scritto in una lettera Farey. Il limite, certamente, è sempre tra legalità e non del gesto pittorico non autorizzato, ma qualcosa – ancora una volta – ci dice che Google ha fatto centro nel bersaglio: quello di portare al pubblico l’amore per le immagini della strada. Più soft, ma non meno d’impatto. 

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