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Miuccia Prada non parla in pubblico. «Sono troppo politicamente scorretta», ci dice a quattr’occhi nel delizioso “Bar Luce” di Largo Isarco 2, sede della nuova Fondazione Prada a Milano, lungamente attesa, e che da oggi e per tutta la settimana sarà aperta esclusivamente agli addetti ai lavori, mentre per il pubblico la data ufficiale d’inaugurazione sarà sabato prossimo.
A chi la ringrazia per questo “dono” a Milano, Lady Prada volta lo sguardo, e afferma: «Mi piace pensarlo come campus, più che come un museo. E mi interessa fare cultura per le giovani generazioni». Ma non è di cultura accademica o cattedratica che si parla: è di una cultura viva, pulsante, che possa trasmettere passione a partire anche dalla lettura. Un futuro progetto, che prenderà corpo in questa immensa distesa di bellezza architettonica e di storia industriale rivista dalla mano geniale di Rem Koolhaas e dal suo studio OMA, sarà infatti una grande biblioteca che sorgerà proprio sopra il bar, e che potrà essere utilizzata anche la notte: «Perché magari i ragazzi che amano il rock possano leggere i libri che hanno amato le loro rockstar preferite, perché chi ama Louise Bourgeois (una delle artiste in mostra nella Haunted House – la torre dorata n.d.r.) possa sapere chi erano i suoi autori preferiti. E condividerli. Solo così si cambiano le vite delle persone».
Una lezione di stile in poche battute, anche se lo stile da stamattina si vedrà ancora più in chiaro da queste parti.
A parlare di regalo per la città è invece stato il Ministro Dario Franceschini, intervenuto in conferenza stampa, ribadendo la futura vita di Milano (probabilmente) come Capitale Europea dei prossimi 10 anni, dopo l’esplosione di Berlino o Barcellona.
L’inizio è buono, eccome, a partire da quella che è la mostra di punta Serial Classic, a cura di Salvatore Settis, che ricorda: «Durante il nostro primo incontro Miuccia Prada mi disse che voleva una mostra politica. Da tempo mi chiedo a cosa servono le mostre e l’unica risposta che ho è che servono a far riflettere, e il contemporaneo ancora di più, visto che parla del presente». E allora, perché una mostra sull’antichità, sul classicismo? «Prima di tutto perché la statuaria greca era a servizio dei cittadini, fatta dagli stessi. E nulla è più politico di questo atteggiamento creativo, realizzato per la città e la divulgazione del sapere. Secondo per riflettere sul fatto che il multiplo, la serialità, non appartengono all’oggi, ma hanno origini arcaiche». Il risultato? Non solo che l’arte è tutta contemporanea, ma che nell’antico si nasconde una sorta di germe “eversivo” secondo la lettura che se ne può fare con i canoni attuali.
«L’arte contemporanea ha nell’arte antica uno specchio fedele», chiude Settis, mentre Koolhaas – bersagliato dalle domande dei giornalisti – ha parlato di un rispetto dell’esistente e anche della bellezza di lavorare in questo strano luogo di Milano, prima periferia sud, per certi versi abbandonato a sé stesso, zeppo di vecchie officine, fabbriche e capannoni, e non ancora gentrifricato, anzi, ma decisamente in via di un nuovo sviluppo.
Un po’ come l’area Deposito (con le automobili-opere firmate da Walter De Maria, Elmgreen & Dragset o Sarah Lucas, per dirne alcuni), la parte Sud, con la collezione permanente di Prada tra cui scopriamo – in una grande quadreria – gli amori italiani della Maison.
E poi Robert Gober, con gli interventi site specific nella Torre, insieme a una splendida “Cella” della sopracitata Louise Bourgeois, o con la sezione “In Part”, nell’area Nord.
«È una Fondazione che da quasi 25 anni si batte per le idee e che oggi più che mai vuole aprirsi alla storia, ad un grande patrimonio intellettuale», dice Germano Celant, direttore artistico e ambasciatore silenzioso di questa nuova “Casa Prada”. Magnifica. Un “campus” che nessuna altra città al mondo possiede. E poco importa se non si rivelano le cifre dell’operazione o se il rapporto “pubblico-privato” a favore della cultura oggi è stato poco discusso, anche se estremamente presente nell’aria, perché questo è il grande risultato. Oggi contano i fatti e, last but not least, visto che si parla tanto di far ripartire il Paese, 100 nuovi posti di lavoro.