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Nell’ordine sarebbero state violate: il divieto di utilizzo dello spazio dell’ex chiesa per finalità diverse da quelle di una mostra espositiva (ah si? E chi lo decide che cos’è un’attivita espositiva se non un artista, un curatore e un ente come la biennale? Un ufficio del Comune, un vigile urbano?); il divieto di utilizzo del padiglione quale luogo di culto (che però, ben sappiamo, luogo di culto non era dal 1974); le modalità di ingresso del pubblico (perché oltre centinaia erano gli ingressi quotidiani, e visto che trattasi di fedeli musulmani e non “visitatori” qualsiasi forse la questione ha preso pieghe differenti).
E così, con un bel po’ di ipocrisia oltre tutte le questioni (bagni fuori legge, il ripetuto superamento del limite massimo di capienza) si chiude la moschea-padiglione islandese a Venezia.
A nulla pare siano valsi i documenti presentati dagli organizzatori: la Curia veneziana precisa che non si possono tenere iniziative contrarie alla Chiesa cattolica. Sospese dunque le attività, anche se tutto questo potrebbe non essere nulla di definitivo, perché gli organizzatori, subito dopo la notifica dello stop, possono presentare un nuovo “inizio attività” e in poco tempo riaprire. Magari come giardinetti per recitare il rosario pomeridiano? Forse i palazzi veneziani sarebbero stati meno indispettiti. Aggiornamenti in corso.