27 maggio 2015

Una matita per la libertà in Piazza della Loggia a Brescia, nell’anniversario della strage. Pensando ancora a Charlie Hebdo

 

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Il lessico abituale dell’arte contemporanea si serve spesso delle radici delle parole, degli usi che queste assumono nella lingua parlata nel corso del tempo, delle associazioni linguistiche e dei motti popolari per cercare i significati delle opere e descriverne l’aspetto sia interiore sia esteriore.
Nella matita di Edoardo Malagigi, che domani sarà in piazza della Loggia, bisogna ricercare un altro elemento, sempre intrinsecamente collegato alla autonomia dei lavori e alla loro riconoscibilità: si tratta del contesto.
Con questi dati e servendoci delle loro indicazioni e implicazioni abbiamo gli elementi per analizzare questa scultura di matrice indiscutibilmente Pop Art – popular art, ad uso delle masse – e quindi scoprire il meccanismo della sua rappresentazione, che servendosi di una pratica di riduzione, amplifica il suo significato iconico di oggetto unico, mostrato sempre isolato dal contesto per il quale era stato pensato. 
Si dice matita spuntata di qualcuno che ha perso la sua incisività, matita venduta di chi mette il suo pensiero al sevizio di chi può comprarlo, mettere la propria matita al servizio di qualcuno, quando se ne condividono gli scopi. Una matita è anche un simbolo scolastico, quando il colore indica la gravità degli errori in uno scritto, la matita per sua natura possiede la capacità di fare molteplici cose: disegnare, scrivere, sottolineare e tutto questo lo fa in maniera non irreversibile, in quanto la sua potenza sta nel potere cancellare quanto fatto e quindi di “correggere”, un aspetto questo basilare nello sviluppo culturale dell’umanità attraverso l’insegnamento.
L’etimo rimanda a “ematite” la componente con la quale è costituita detta anche “mina” a sottolineare la sua potenzialità esplosiva. La matita è collocata a Brescia, il 28 maggio 2015, perché lo stesso giorno di 41 anni fa e nello stesso luogo, succedeva una grande tragedia. L’opera si situa fisicamente in uno spazio e idealmente nel tempo e colma un periodo, mai interrotto, di violenze perpetrate contro gli esseri umani e parallelamente contro le loro espressioni sociali e culturali. Nel creare questo filo conduttore fra l’inizio delle cosiddette stragi politiche degli anni ’70 e quella di Parigi alla redazione del settimanale Charlie Hebdo, Malagigi compie un atto di salvaguardia dei diritti dell’uomo e questa sua specifica opera si erge chiara e semplice come monito per il futuro e come ricordo per il passato. (Claudio Cosma)

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