Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Venerdì scorso le autorità veneziane hanno chiuso la moschea di Christoph Büchel, realizzata dall’artista svizzero in una chiesa sconsacrata come progetto del Padiglione Islanda alla Biennale. Le motivazioni di questa decisione, preannunciata da prima della sua apertura, non sono ancora ben chiare: sembra infatti che l’originale installazione non avesse i permessi sufficienti per accogliere un così alto numero di visitatori.
Secondo molti in realtà la spiegazione è da rinvenirsi invece in una sempre più crescente islamofobia da parte del mondo occidentale. Nonostante queste premesse l’apertura della moschea, la prima della storia nel centro di Venezia, è stata rilassata e piacevole, con tanto di rappresentanti della comunità musulmana locale e islandese, a sottolineare l’importanza del progetto.
Büchel e gli organizzatori sostengono che, seppur con difficoltà, avevano fatto rispettare tutte le normative del caso, e hanno fatto appello contro la decisione delle autorità. La cosa veramente deprimente di tutta questa storia è stata la reazione della stampa e il silenzio assordante di Okwui Enwezor, che a parole aveva sempre difeso l’idealismo politico dell’arte. E adesso? Nemmeno un commento sulla chiusura dell’installazione. I media dal canto loro non ha risparmiato opinioni taglienti, qualcuno ha accusato l’iniziativa di essere banale e poco autentica, altri, come la fondatrice di The Art Newspaper Anna Somers Cox, hanno addirittura rincarato la dose affermando che Büchel “ha giocato con il fuoco”. Ma insomma, non è proprio questo il ruolo dell’arte?