30 luglio 2015

L’arte salverà il mondo? Dalla Russia l’obiezione di coscienza dell’investigatore Pavel Yasman, diventato avvocato grazie alle performance di Pyotr Pavlensky

 

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Qualcuno ricorderà Pyotr Pavlensky (foto in home page) per alcune delle sue azioni più estreme: l’anno scorso si era inchiodato al selciato della piazza Rossa, utilizzando i suoi testicoli come “supporto”, si era tagliato il lobo dell’orecchio destro con un grande coltello, mentre era seduto nudo sul tetto del famigerato centro psichiatrico Serbsky (foto sopra), si è cucito le labbra per sostenere le Pussy Riot e ha bruciando pneumatici su un ponte di San Pietroburgo, a sostegno delle proteste Euromaidan nel febbraio 2014, azione che gli era costata l’accusa di vandalismo.
Eppure, come in una storia a lieto fine, gli estremismi di Pavlensky hanno toccato l’anima di Pavel Yasman, giovane investigatore incaricato di interrogarlo che, secondo secondo il Moscow Times, dopo aver trascorso poco più di quattro mesi fianco a fianco con Pavlensky, Yasman ha lasciato il suo lavoro nel comitato investigativo del Governo e ha iniziato un percorso per l’avvocatura.
Complici? Una serie di discussioni (avvenute tra marzo e giugno dello scorso anno), dove i riferimenti continui erano tutti legati all’arte, ai confini tra performance, attivismo, e atti di vandalismo.
«Credo che il lavoro di Pavlensky abbia permesso di cambiare la visione del mondo a molte persone», ha detto Yasman al Moscow Times, rivelando che le sue conversazioni con l’artista lo hanno aiutato ad “agire” una decisione che aveva preso in considerazione già da qualche tempo.
Il sistema russo, completamente corrotto, rivela una tendenza sempre più diffusa: molti professionisti non vogliono essere una parte di esso. Merito, anche, delle “folli visioni” dell’arte.

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