21 settembre 2015

Perché abbiamo bisogno dell’arte

 
Ospitiamo un altro intervento in vista del Forum promosso dal Centro Pecci. Che riflette sulla necessità dell’arte anche per la politica e le potenzialità di un sistema sano

di

Un forum per il sistema dell’arte
Perché è così importante un Forum sull’arte contemporanea? Perché la capacità di “vedere” e “gestire” il nostro presente è fondamentale per la vita sul nostro pianeta. L’arte contemporanea, come anche la capacità di gestire l’arte del passato, può diventare una straordinaria palestra dove allenare e sperimentare la capacità di vedere. La vista, intesa soprattutto come la capacità di “sentire” il mondo che ci circonda, presiede ad ogni ambito ed attività umana. Vedere “veramente”, avere consapevolezza di quello che vediamo, significa agire nel migliore dei modi rispetto al nostro presente e al nostro futuro. Molto spesso diamo per scontato quello che vediamo. Inoltre “vedere” può anche essere fastidioso, ed ecco che spesso l’arte contemporanea diventa un rimosso più o meno volontario dal dibattito pubblico e non solo. Spesso “non vedere” fa stare meglio ed è più rassicurante. 
 Arte e provocazione, quanto dura?
L’arte è la nuova politica?
Dopo le utopie politiche del Novecento e la successiva globalizzazione, è ormai evidente come le democrazie occidentali (e non solo) riescano ad adottare solo politiche di galleggiamento finalizzate a gestire i problemi e a mantenere un sostanziale status quo. L’unico spazio politico ancora agibile per un cambiamento e una rivoluzione, se di questo abbiamo veramente bisogno, è rappresentato dalla nostra dimensione privata, micro e locale. In questa prospettiva la capacità di vedere diventa ancora più importante di quello che non fosse negli anni passati. Il passaggio tra arte e politica non è diretto e banale. L’arte contemporanea, se ben selezionata e ben presentata, può stimolare una nuova sensibilità per affrontare la nostra vita quotidiana, ossia l’unico spazio politico ancora agibile. Solo tanti cambiamenti “micro” possono portare al cambiamento “macro” che molti aspettano come qualcosa che dovrebbe cadere dall’alto ma che immancabilmente non arriva mai. 
Quale ruolo per l'artista?
“Il sistema dell’arte: what is it?”
Se abbiamo dimostrato come possa essere importante l’arte, parlare di “sistema dell’arte” diventa fondamentale. Infatti, le dinamiche di un sistema, ossia le relazioni e le modalità di relazione tra i componenti del sistema (addetti ai lavori, pubblico, artisti), diventano e influenzano fatalmente i contenuti. Potremo dire che la bassa qualità delle opere d’arte, l’incapacità di coinvolgere il pubblico, come la tendenza degli addetti ai lavori di arroccarsi su torri d’avorio, dipendono dall’andamento del sistema dell’arte. Un sistema dell’arte inefficace diventa come il “circolo degli scacchi”: una setta autoreferenziale per la quale l’arte diventa semplicemente la scusa per legittimare se stessa. Un sistema dell’arte efficace e vitale deve presentare un confronto continuo tra addetti ai lavori, artisti e pubblico. Prima di tutto deve essere chiaro il valore (diverso dal prezzo) dell’arte per la società e per la nostra vita. Un valore dell’arte condiviso significa trovare un pubblico. Per il contemporaneo non si pretende certo un “pubblico da stadio”, ma sicuramente molto di più della quantità attuale di spettatori, che in massima parte risultano essere addetti ai lavori, curiosi e turisti. Un pubblico vero, porta un sostegno da parte della politica e stimola il confronto con la critica e con gli artisti. Dall’altro versante è fondamentale rivedere la proposta artistica, e un ruolo di artista che già nelle fasi formative, viene costretto a posture anacronistiche e scollegate dal nostro presente. L’augurio è che il Forum dell’Arte Contemporanea di Prato diventi un punto di partenza per ripensare al sistema dell’arte italiano, in relazione alla scena internazionale. Questo non per fare il piacere di pochi addetti ai lavori, ma per collaborare nella ricerca e nella definizione di un valore dell’arte condiviso. Sarebbe bello che dall’arte, in questi tempi difficili, possa emergere un “Nuovo Rinascimento” capace di aiutare tutto e tutti. 
Luca Rossi

3 Commenti

  1. Quante sciocchezze che si scrivono sull’arte, il sistema estetico contemporaneo non ha bisogno dell’arte perché ci sono migliaia di creativi che stanno cambiando completamente l’idea di forma e funzione delle immagini visive, basta che uno guardi che cosa sherano le persone e di come il sistema dell’arte non riesca andare oltre alle solite banalità che ricicla in questi ultimi 30 anni, il fatto stesso che ora gli artisti più famosi vengano fruiti dal sistema delle aste (che nel suo complesso sta lentamente tornando al classico (come tante fiere)) la dice lunga … aprite gli occhi e liberatevi delle vostre litanie..

  2. Caro Doattime,
    come al solito sei TU che sei prigioniero di un certo ruolo di artista e una certa definizione di opera d’arte. L’artista oggi è chiamato a ridefinire il suo ruolo, la definizione di museo e la definizione di opera d’arte, proprio per le ragioni che tu indichi sommariamente.

  3. Al fine di arrivare più preparati possibile al forum ed essere pronti a eventuali protocolli operativi, da qualche mese ho iniziato una pre-riflessione su ogni tema del forum. Ecco la pre-riflessione inedita sul tavolo a cui parteciperò:

    Quantità di pubblico VS qualità della proposta. L’obbiettivo è quello di trasformare “VS” in “E”. Non solo in termini di significato ma anche linguistici, ma vedremo perché. Esistono due ordini di problemi che devono trovare una mediazione:
    1) La “proposta” non può essere qualcosa che piomba dal cielo, un’astronave atterrata, e il museo una cattedrale nel deserto. Ci vuole consapevolezza del contesto, l’attinenza al contesto e al pubblico è una VALORE. Se faccio una mostra nel porto di Livorno devo parlare ai pescatori di Livorno, non a Daniel Sbirimbaum di New York. Parlare ai pescatori anche in termini oppositivi, ma parlarci. In questo modo divento anche più interessante per Daniel Sbirimbaum di New York, che è stufo di vedere sempre la solita mostra che assomiglia a quella che vede a New York ogni fine settimana.
    2) Serve un nuovo protocollo di formazione per il pubblico prima e durante la nostra proposta. Soprattutto prima, diversamente saremo sempre costretti a proposte che devono interessare in pochi secondi, scivolando nel “luna park per adulti” e mettendoci in competizione con proposte di intrattenimento ben più forti. L’arte si deve sottrarre da questo giochino dell’intrattenimento e della contemplazione, o quantomeno deve avere forte consapevolezza di questo. Formare il pubblico non significa educare in modo didattico, le persone dopo 8 ore di lavoro non vogliono tornare a scuola. Formare il pubblico significa creare uno spazio di opportunità dove il pubblico si possa appassionare e interessare. Il primo problema a questo proposito è pensare a CHI FORMA i FORMATORI. Serve una formazione che esca da schemi precostituiti. Sulla formazione dei formatori e del pubblico il blog Whitehouse dal 2010 ha proposto diversi progetti che sono una goccia del mare ma efficaci (Corso Pratico di Arte Contemporanea, Duchamp Chef, MyDuchamp). Parliamone.

    Una formazione continuativa prima della nostra “proposta” e durante la proposta stessa, potrà favorire la qualità della proposta. Ma cosa significa qualità? Come fare le differenze e definire oggi la qualità nell’arte contemporanea senza alcun cronfronto critico vitale? Gli articoli monografici e i testi per giustificare le proprie scelte curatoriali, non contano. Bisogna recuperare un valore condiviso dell’arte. Non parlo di oggettività assoluta e verità assolute. Ecco perché da sei anni cerco di stimolare in tutti i modi il confronto critico in Italia. Non creare l’ennesima opera ma cercare di fare le differenze fra le opere. O al limite esorbitare lo stato di crisi e arrivare a ridefinire l’idea di mostra, artista e museo. Una valore condiviso dell’arte permette un interessamento serio da parte della politica, diversamente siamo come il “circolo degli “scacchi”, perché la politica dovrebbe interessarsi? E perché non dovrebbe fare scelte di convenienza?
    In Italia una formazione nuova del pubblico e una nuova sensibilità nella selezione della “proposta” potrebbero trasformare “VS” in “E”. In questo modo passeremo anche dall’inglese all’italiano, diventando anche più interessanti agli occhi del mondo.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui